Origini e storia antica del popolo ebraico
Lepoca della diaspora: La Shoah
Rimpatrio e creazione dello stato dIsraele
Campagne espansionistiche e guerre con i Paesi limitrofi
Trattati di pace
Questione Israele-Palestina: l OLP e l Intifada
La Costituzione e la struttura politica
Leconomia del Paese
Lintellettualismo ebraico nel periodo della diaspora: Italo Svevo
Bibliografia
di
Giuliano Mattias 5^B
Elettrotecnica ed Automazione
A.s. 2006/2007
Origini e storia antica del popolo ebraico
Dio disse ad Abramo: Va via dal tuo paese, dai tuoi parenti e
dalla casa di tuo padre, e va nel paese che io ti mostrerò; io farò di te una
grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di
benedizione. Benedirò chi ti benedirà e maledirò chi ti maledirà, e in te
saranno benedette tutte le famiglie della terra. Abramo partì come il Signore
gli aveva detto
(Genesi 12:1-3)
Spartizione della Terra Promessa alle 12 tribù
Con queste parole Dio, nel XVIII sec. a.C., scelse Abramo come
capo stipite di una nazione che durerà sino ai giorni nostri. La storia
ebraica, quindi, ha inizio quando il patriarca Abramo abbandonò Ur dei Caldei
per trasferirsi nella Terra Promessa, la terra di Canaan. Abramo è lebreo:
cioè colui che attraversò il fiume Eufrate. Abramo generò, con una schiava,
Ismaele(che con sua madre furono scacciati e diedero origine al popolo
mussulmano) e, con Sara sua moglie, Isacco. Isacco e Rebecca generarono Esaù e
Giacobbe, che fu chiamato da Dio stesso Israele perché fu luomo che lottò con
Dio. Egli sposò Lea e Rachele dalle quali ebbe dodici figli che diedero nome
alle dodici tribù dIsraele. Uno dei dodici figli, Giuseppe, il preferito di
Giacobbe, fu venduto per gelosia dai suoi fratelli a dei mercanti, che lo
rivendettero come schiavo alla corte di faraone. Con laiuto di Dio, Giuseppe,
da schiavo, fu nominato vicerè e fece trasferire, in periodo di carestia, la
sua famiglia nei territori dEgitto, nella zona più fertile. Sotto il governo
di un altro faraone, però, lormai cresciuto popolo dIsraele, fu schiavizzato.
Dio punì duramente lEgitto per questo e lo colpì con dieci piaghe che
piegarono il faraone, il quale lasciò partire gli ebrei verso la terra di
Canaan, guidati da Mosè. Ricevuti i dieci comandamenti, che regolavano tutto il
sistema giuridico del popolo e dopo aver vagato quarantanni per il deserto,
gli ebrei conquistarono dai cananei la Terra Promessa, che Giosuè spartì
secondo le disposizioni divine alle dodici tribù del suo popolo. I Giudici,
capi carismatici ai quali il popolo si rivolgeva per esser guidato nelle guerre
contro le popolazioni confinanti, succedettero a Giosuè. Seguì il periodo dei
re: il primo fu Saul, cui succedettero Davide e Salomone. Sotto la loro guida
il regno si espanse raggiungendo i massimi confini, fu edificato il primo
tempio di Gerusalemme e vi fu un lungo periodo di pace durante il regno di
Salomone. Roboamo, successore di Salomone, non si comportò rettamente davanti
gli occhi di Dio attirandosi il suo giudizio. Dio spartì il regno in due parti:
Regno di Giuda, con capitale Gerusalemme e su cui regnarono i discendenti del
re Davide, e Regno dIsraele, con capitale Samaria. Nel 722 a.C. le dodici
tribù che facevano parte del regno dIsraele vennero sconfitte e deportate
dagli assiri, e se ne persero le tracce. Il Regno di Giuda, conservò la propria
autonomia fino al 586 a.C. quando il re Nabucodonosor invase la capitale
Gerusalemme, distruggendo il tempio e disadornandolo, deportando tutto ciò
chera in esso, a Babilonia, dove si sarebbe sviluppata la tradizione orale e
consolidato listituto della sinagoga (luoghi di culto ebraici in territori al
di fuori di Gerusalemme e quindi al di fuori dellordinanza del tempio). Quando
Ciro, re di Persia, conquistò Babilonia (516 a.C.), consentì agli ebrei
deportati di tornare a Gerusalemme per riedificare la città, le sue mura e il
Tempio. Sotto la guida di Esdra, fu così ricostruito il secondo Tempio. Nel 322
a.C. Alessandro Magno conquistò limpero persiano e la Giudea: alla sua morte,
gli ebrei caddero prima sotto il dominio egiziano dei Tolomei e, poi, sotto
quello siriano dei Seleucidi, nel 198 a.C. col re seleucide Antioco III.
Antioco IV Epifane avviò una politica di ellenizzazione (cioè di avvicinamento
alla cultura greca) di tutti i propri domini, saccheggiò il Tempio e lo dedicò
a Zeus. I Maccabei (ebrei che rivendicavano lindipendenza)guidarono la rivolta
contro Antioco IV e riconsacrarono il Tempio (167a.C.) dando così un periodo di
indigenza. Nel 63 a.C. Pompeo, alla guida dellesercito romano, pose fine
allindipendenza ebraica. Alcuni discendenti dei Maccabei furono deportati a
Roma e rinchiusi nel carcere del Marmentino. Le lotte per la conquista della
Giudea si fecero sempre più aspre, tanto che Roma mandò i suoi eserciti a
ripristinare lordine. Le legioni romane, sotto la guida di Vespasiano prima e
Tito poi, conquistarono la Giudea e Gerusalemme, distrussero il Tempio e
deportarono gli ebrei, dando inizio alla lunga diaspora ebraica. Rabbì Jochanan
Ben Zakkai chiese e ottenne dai romani il permesso di fondare nella città di
Javnè una scuola per la formazione di maestri: questa scelta lungimirante
consentì alla cultura ebraica di mantenersi viva nei secoli. Si conosce assai
poco della vita delle comunità ebraiche nella diaspora durante i secoli
dellalto medioevo. In oriente, il centro principale continuò a essere
Babilonia, dove gli ebrei eran rimasti fin dal VI secolo a.C.. Nella seconda
metà del II secolo d.C. le accademie babilonesi affiancarono quelle
palestinesi: in Palestina Gerusalemme venne trasformata in colonia ( Aelia
Capitolina) e ricostruita con tutte le caratteristiche urbanistiche di una
città romana; agli ebrei ne venne vietato lingresso. Venne vietata anche la
celebrazione delle solennità ebraiche, la circoncisione, la produzione ed il
possesso dei rotoli della toràh (la legge); in Mesopotamia prese piede lislam
che poneva gli ebrei in stato dinferiorità nei confronti dei musulmani e con
ciò gli ebrei furono costretti a pagare una tassa annuale per professare la
loro religione liberamente. In occidente la diaspora ebraica era diffusa
essenzialmente in area mediterranea che, successivamente, fu soggetta
allespansione islamica. A partire dal IX secolo gli ebrei, dallItalia
meridionale si spostarono verso il Nord Europa. La presenza ebraica nellEuropa
del Trecento non fu mai statica: mobilità e precarietà, caratteristiche
costanti della vita degli ebrei della diaspora, furono il risultato obbligato
del loro incerto e sempre provvisorio stato giuridico. Spesso, infatti, essi
furono espulsi dagli stati europei come Spagna, Inghilterra e Francia. A
partire dal XVI secolo gli ebrei nelle diverse città europee, furono isolati
dal resto degli abitanti restringendo i loro limiti in quartieri specifici o in
strade delimitate da cancelli e controllate da guardie. Questi quartieri erano
chiamati ghetti nei quali essi vivevano e lavoravano senza esser padroni
delle abitazioni che abitavano.
Lepoca della diaspora: La Shoah
La questione ebrea non fu, quindi, mai un fatto trascurato dai
vari stati ma, anzi, fu un vero e proprio problema. A partire dai primi anni
del 900 si sono potute assistere forti spinte nazionalistiche, e si è sempre
più diffusa lidea di razza e della sua suprema purificazione. Sotto questi
impulsi, in Germania e Italia, si svilupparono il fascismo e il nazismo. In
particolare in nazismo di Hitler comprendeva, tra i suoi obbiettivi principali,
la soluzione finale che concerneva la purificazione della razza ariana ma, in
particolare, la soluzione alla questione ebraica, ovvero leliminazione fisica
degli ebrei. Tale fenomeno si distinse dalle persecuzioni e dai massacri, che
pure avevano accompagnato la storia della diaspora, non solo per il numero di
morti, sei milioni, ma per essere stato un tentativo di annientamento radicale
della diversità ebraica. Pur fra tante ambivalenze e rifiuti, lebreo era stato
tollerato allinterno della società. Nella shoah sei milioni di uomini, donne e
bambini -un terzo del popolo ebraico- perse la vita negli eccidi perpetrati dai
tedeschi nelle città e nei campi di sterminio in Europa.
Hitler ovviamente fallì nei suoi piani folli e, il restante tre quarti di
ebrei, fece ritorno alla Terra Promessa, altri restarono in Nord America, in
Europa e taluni in Argentina e Brasile. Ad oggi il numero di ebrei sparsi nel
mondo raggiunge i 13.000.000, dei quali 4.500.000, abitanti in Israele.
Rimpatrio e creazione dello stato dIsraele.
Io trarrò dalla cattività il mio popolo dIsraele; ed essi
riedificheranno le città desolate e le abiteranno; pianteranno vigne e ne
berranno il vino; faranno giardini e ne mangeranno i frutti.
Io li pianterò sul loro suolo, e non saranno mai più divelti dal suolo che io
ho dato a loro, dice lEterno, il tuo Dio
( Amos 9:14-15)
A partire dalla metà del XIV secolo cominciarono ad apparire
diversi opuscoli che preconizzavano un ritorno a Sion (indicante Gerusalemme
poiché Sion è uno dei colli su cui è edificata la città) o la creazione di uno
stato per gli ebrei e quindi una propria identità nazionale. Come visto
precedentemente, non esisteva alcuna possibilità di assimilazione degli ebrei
e, da ciò, nacquero i movimenti antisemiti che sfociarono negli stermini
nazisti e, così, gli ebrei cercano un rifugio. Lunica soluzione possibile era
quella politica e cioè la creazione di uno Stato per gli ebrei in Palestina,
che in questepoca era soggetta alla dominazione turca (impero Ottomano). Con
il congresso sionista di Basilea, non si volle parlare ancora di Stato per non
urtare il sultano ottomano, ma si limitarono a far riferimento a un
insediamento protetto dal diritto pubblico. Inizialmente (1906) non si
ottenne alcun appoggio politico che contasse per la realizzazione di tale
progetto e fu così accantonato, proponendo destinazioni diverse dalla Palestina
come lUganda o lArgentina ma che gli ebrei rifiutarono. Il progetto fu così
abbandonato totalmente. Con il primo conflitto mondiale, lInghilterra
intraprese la conquista della Palestina e, la Francia, di Libano e Siria. Con
la dichiarazione di Balfour venne prefissato lobbiettivo da parte del governo
inglese, di creare un territorio nazionale in Palestina per il popolo ebraico
(ciò non implicava tutto il territorio della Palestina ma solo una parte).
Ovviamente gli arabi protestarono perché videro unimmigrazione ebrea in
Palestina sempre più crescente. Il governo inglese impose quindi delle
restrizioni dimmigrazione; ciò nonostante gli ebrei accettarono di buon animo
il progetto contro un rifiuto fondato da parte degli arabi. La protesta araba
si intensificò e sfociò in conflitti armati tra ebrei e arabi. Al termine del
secondo conflitto mondiale, con lo sterminio di 6 milioni di ebrei, le
rivendicazioni sionistiche si fecero più forti. Si trattava ormai di
raccogliere i sopravvissuti dai campi di sterminio. Lopinione pubblica
internazionale si schierò dalla parte degli ebrei e della causa sionista.
Inoltre, allinizio della guerra fredda, una convergenza di prospettive senza
dubbio unica nella storia della politica internazionale rese possibile un
sostegno sia americano che sovietico alla creazione dello Stato ebraico. Poco
tempo dopo Stalin prese atto che Israele si era schierato nel campo
occidentale, e quindi decise di appoggiare il mondo arabo. Nel 1947 la Gran
Bretagna, incapace di dominare la situazione, chiese alla neonata
Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) di occuparsi della questione
palestinese. Il 29 novembre 1947 lAssemblea generale dellONU, col voto
dellURSS, approvò il piano che prevedeva la creazione di due stati scissi: uno
ebraico e laltro arabo. La suddivisione del territorio apparve complessa.
Lintento era quello di creare cooperazione tra i due stati, e soprattutto una
cooperazione economica. I Paesi arabi respinsero subito il piano dellONU.
Campagne espansionistiche e guerre con i Paesi limitrofi
Non appena gli inglesi fecero ritorno in patria,il popolo arabo si
organizzò per dar vita alla guerra. Tutti i Paesi arabi limitrofi invasero la
Palestina e quindi la comunità ebrea si trovò innanzi a 4 Stati
accaniti:Egitto, Siria, Giordania, Libano. Il piccolo Davide (Israele) si
ritrovò davanti al gigante Goliat (Paesi arabi). Conoscendo i suoi obblighi,
lONU riuscì a far firmare una serie di armistizi nel 1949 tra Israele e i
Paesi coinvolti nel conflitto. La ripartizione del territorio fu sensibilmente
diversa da quella prevista nel 47. Israele, infatti, guadagnò molte migliaia
di chilometri quadrati di territorio. Nel trattato del 47 a Israele spettava
il 55% del territorio, alla fine della prima guerra, ottenne l80% del Paese.
Gerusalemme fu divisa fra la Giordania nella parte orientale, vale a dire la
Città vecchia, e Israele, che la elesse a propria capitale nel 1949.
Nel momento in cui si impegnò ad accogliere milioni di immigranti, il giovane
Stato dIsraele dovette far fronte a una situazione di tensione nelle zone di
frontiera. In un primo tempo il problema consistette nel bloccare le
infiltrazioni dei profughi che tentavano di raggiungere i loro villaggi
(abbandonati a causa della guerra), ma ben presto lattenzione si spostò sullemergere
del terrorismo, soprattutto dopo lascesa dei colonnelli egiziani al potere del
1952. Ciò diede vita a una serie di attentati e guerriglie da parte dellEgitto
e dalla striscia di Gaza, occupata dallEgitto, che non solo furono infruttuose
e sanguinose, ma innescarono gli ingranaggi che nellottobre del 1956 portarono
Israele a lanciarsi nella campagna di Suez, a fianco di Francia e Gran
Bretagna. Ciò modificò lassetto del Medio Oriente. LEgitto era nellorbita
Russa in quanto gli Usa gli rifiutarono il permesso di costruire la diga di
Assuan. Il colonnello Nasser si rivolse quindi allUrss, che entrò così sulla
scena mediorientale. La campagna risultò non essere più circoscritta al solo
Stato dIsraele, ma coinvolgente sia la Francia per la questione algerina, che
gli Stati Uniti in risposta allintervento russo. Israele, nellottobre, invase
la penisola del Sinai e prese dominio del Canale di Suez. La campagna di Suez
si concluse con lintervento dellONU, che ristabilì lordine facendo restituire
la penisola del Sinai e la striscia di Gaza allEgitto, ma permise lannessione
a Israele delle alture del Golan e Gerusalemme est (quella occupata dalla
Giordania e comprendente i luoghi sacri della città quali il muro del pianto,
il monte del Tempio e altri luoghi sacri agli ebrei).
La guerra dei sei giorni
Gerusalemme: il muro del pianto
In conseguenza alla campagna di Suez, i Paesi arabi rafforzarono la
propria alleanza antisraeliana e ordinarono un concentramento di truppe nelle
zone di frontiera. Il senso di soffocamento di Israele raggiunse il culmine. Il
lunedì 5 di giugno 1967, con fulminee incursioni aeree effettuate prima
dellalba, il minuscolo Stato dIsraele, annientava laviazione delle Nazioni
Arabe nemiche. Nel giro di poche ore le venticinque più importanti basi aeree
del mondo arabo furono distrutte: in quattro ore la guerra aerea contro Nasser
era vinta. In sessanta ore le forze aeree della Giordania, Siria e Iraq furono
infrante. In sei giorni la guerra era terminata: Davide sconfisse così Goliat.
Poco dopo la conclusione del conflitto del 1967, quando era già cominciata una
guerra di logoramento, lONU avviò la politica diplomatica per giungere a una
accordo tra gli arabi ed israeliani ma, gli arabi, si opposero duramente a ogni
ipotesi di riconoscimento di Israele.
I conflitti con il mondo arabo e Israele furono tra lEgitto, la Siria e la
Giordania, ma quello che ha sempre avuto più attriti è stato il conflitto
Israeliano-Palestinese. Gli abitanti arabi del territorio si sono sempre
opposti duramente allinsediamento israeliano. Essi si organizzarono poi
nellIntifada (civili organizzati in gruppo per effettuare attentati
terroristici ai danni degli ebrei sia militari che civili e soprattutto il
classico lancio delle pietre da parte di giovani palestinesi ai soldati e alle
armate israeliane) che provocheranno morti inutili e paura nel Paese.
La guerra del Kippur
Il gen. Sharon e il I ministro Begin
Il sabato 6 ottobre 1973, festa dello Yom Kippur (giornata di
digiuno molto rispettata in Israele, durante la quale il Paese si ferma) gli eserciti
egiziani e siriani scatenarono una nuova guerra nel canale di Suez e sulle
alture del Golan. Lesito della guerra, che durò 3 settimane, fu fuori
discussione: le truppe siro-egiziane ne uscirono nuovamente battute. L
esercito israeliano era situato sulla riva occidentale del canale di Suez e
soltanto lintervento diplomatico statunitense e sovietico riuscì a salvare la
III armata egiziana da un umiliante capitolazione. Nonostante la vittoria
schiacciante, Israele era stato trovato impreparato e la sua linea difensiva
posta al confine, totalmente inefficiente. Solo grazie allintervento repentino
dellaviazione statunitense fu resa efficiente la difesa ebrea. Cadde così la
figura di invincibilità dIsraele che mostrò le sue debolezze, sino ad allora nascoste,
dovendo così dipendere prettamente dagli statunitensi. Comunque la figura
Davide-Goliat sembrò invertita: era Israele che appariva come il cattivo
Goliat; era Israele che occupava militarmente la Cisgordania e ne attaccava gli
abitanti disarmati; era Israele che si lanciava in una politica di
colonizzazione, espropri ed espulsioni.
La destra al potere
Nel 1977 salì al potere la destra nazionalistica di Menahem Begin
(rimanendovi in carica fino al 1990) che non transigeva alcun condizionamento
arabo ma anzi ampliò la campagna colonizzatrice volendo spingersi al di la
delle rive del Giordano e conquistando la Transgiordania con il suo esercito
capeggiato dal generale e futuro premier del Paese, Sharon. Le spinte
nazionalistiche furono numerose e ben accolte sia nel Paese che nel governo
stesso e ciò portò a ununità e a unidentità del popolo ebreo sotto la
bandiera dIsraele che lo portò spesso alla vittoria e alla collaborazione
soprattutto da parte della popolazione.
Trattati di pace
I primi passi verso la pace con lEgitto e la Giordania si
registrarono allindomani della guerra del kippur, cioè qualche tempo prima
dellascesa della destra al potere. Nel settembre del 1975 il primo ministro
israeliano firmò il secondo accordo per un disimpegno delle truppe israeliane
del Sinai, che comportò un progressivo ritiro da una parte della penisola, e
che include una dichiarazione in base alla quale il conflitto fra lEgitto e
Israele non potrà esser regolato con la forza, ma con mezzi pacifici. Nel 1979
venne firmato il definitivo trattato di pace tra Egitto ed Israele e nel 1978
si mirò all accordo quadro per la pace nel Vicino Oriente. Per la prima
volta Israele, col governo Begin, riconobbe lesistenza di uno stato
palestinese che ha diritto a una piena autonomia. Ma il concetto dautonomia di
Begin non era di tipo territoriale ma di tipo prettamente personale. In questo
modo la sovranità restava israeliana. Nellaprile del 1982 venivan ritirate le
truppe Israeliane dalla penisola del Sinai. Ciò avviò delle relazioni
diplomatiche, lapertura delle frontiere, lapertura del canale di Suez alle
navi israeliane e altre misure.
Con la Giordania la firma del trattato di pace giunse solo nellottobre del
1994 in seguito al trattato di Oslo e ciò ha permesso lapertura delle
frontiere e ha dato luogo a una certa cooperazione e, in particolare, la
spartizione delle acque.
I trattati con la Siria furono molto complessi e non si sono ancora conclusi
avendo dei tenaci attriti tra Damasco e Gerusalemme. Al termine dei trattati si
stabilirono i confini dei monti del Golan, contesi per le risorse idriche. Le
alture sono sul confine siro-israel-libanese (questultimo sotto il
protettorato siriano). Spesso infatti gli attriti per questa regione
riaffiorano portando degli scontri tra i due Paesi.
Fra Israele e Libano un accordo di pace sarebbe certamente possibile dato che
tra i due Stati non vi è un contenzioso territoriale. Un trattato di pace fu
firmato nel 1983, ma non fu ratificato dal Libano, e ciò a causa del veto posto
dalla Siria, la quale esercita sul Libano un protettorato di fatto. Per
Israele, il Libano è diventato un vero e proprio pantano politico, morale e
militare soprattutto nella campagna militare voluta da Begin e guidata dal gen.
Sharon che fecero perdere il prestigio della figura dIsraele nel mondo per dei
fatti tristi e ancora irrisolti.
Questione Israele-Palestina: l OLP e l Intifada
Yasser Arafat
Nel 1964 la Lega Araba diede vita allOrganizzazione per la
liberazione della Palestina (OLP) che svolse una ruolo importante dopo la
guerra del 1967, scatenando una prima ondata di azioni terroristiche,
caratterizzata da dirottamenti aerei, da colpi spettacolari e da attentati in
tutto il mondo contro beni appartenenti ad ebrei. Questa violenza, che in forme
diverse prosegue tuttoggi, ha inciso profondamente sulle coscienze dei
palestinesi e degli israeliani, in quanto ha dato luogo a una catena di azioni
terroristiche e di rappresaglia.
Dopo il 1975 le organizzazioni palestinesi, sotto la guida di Yasser Arafat,
riuscirono ad acquistare un certo riconoscimento internazionale, con
lulteriore entrata nellONU. LOLP assunse a poco a poco una linea
relativamente più moderata, con lobbiettivo di creare uno Stato palestinese
su tutta larea della Palestina che verrà liberata, prospettiva che comporta
una coesistenza con lo Stato dIsraele. Nel luglio 88 il sovrano Giordano
abbandonò ogni rivendicazione sulla Cisgiordania. Nel novembre 1988 venne
proclamata la dichiarazione dindipendenza dello Stato palestinese.
Immagine tipica dell'Intifada: palestinese che lancia pietre
all'esercito israeliano.
Nel dicembre 1987 iniziò lIntifada (in arabo rivolta)
rappresentante la rivolta dei palestinesi dei territori occupati contro gli
israeliani, la colonizzazione israeliana nei territori, ma anche contro la
diplomazia dellOLP. LIntifada si caratterizza per i ragazzi che lanciano
sassi ai militari israeliani. In questo contesto, la ricerca di un compromesso
capace di rompere la spirale della violenza e del non riconoscimento reciproco,
divenne inevitabile.
Il trattato di Oslo e la pace mai definita.
Rabin , Clinton, Arafat nella storica stretta di mano
La conferenza di Madrid nel 1991 non portò da nessuna parte nei
rapporti tra Israele e Palestina. Si dovette aspettare il 1993 con la vincita
della sinistra israeliana di Rabin Itzhak perché, sotto gli auspici della
Norvegia, si inaugurasse un nuovo corso. Nel settembre 1993, a Washington alla
presenza del presidente Bill Clinton, Arafat e Rabin firmarono laccordo con il
titolo di Dichiarazione dei principi (detta OSLO 1). La pace ancora non era
del tutto stabilita ma rappresentava già un progresso, essendo per la prima
volta un punto daccordo tra palestinesi e israeliani. Dopo anni di reputazione
di sanguinario nemico dIsraele, Arafat prese il potere in seguito a regolari
elezioni democratiche, stabilendosi a Gaza. Nel mentre si delineava in
Palestina una nuova forza: quella fondamentalista di Hamas.
In questi anni (dal 1993 in poi) Israele assisté a un decollo economico che
diede adito al Mondo di investire sulle azioni israeliane e di sviluppare una
fitta rete commerciale con tutto il Medio Oriente e con il resto del Mondo.
La pace, però, non era stata chiaramente stabilita e ciò contribuì alla
degenerazione della situazione: i fondamentalisti di Hamas e della Jihad
islamica, scatenarono una serie di attentati e omicidi destinati a
destabilizzare la società israeliana. La fiducia nel processo di pace venne
così profondamente lacerata e , con ciò, la fiducia nella possibilità che
Arafat e lOLP potessero giungere alla pace e che avessero impedito
lirredentismo.
Venne quindi rimodificato lassetto israeliano nei confronti dei palestinesi:
loperazione di rimpatrio dei profughi palestinesi nei loro villaggi venne
interrotta e le frontiere tra Stato dIsraele e palestinese vennero delimitate
e controllate dai militari; per quanto concerneva la questione di Gerusalemme,
i palestinesi volevano fare della città la loro capitale ma gli israeliani non
ne tolleravano una nuova suddivisione. La questione è irrisolta tuttoggi. Nel
novembre 1995 il presidente Rabin Itzhak venne assassinato dai nemici della
pace. Un altro delicato punto era la questione di Hebron che è una città a 20
km da Gerusalemme e che è origine di aspri scontri tra israeliani e palestinesi
poiché sul suo territorio è situata la tomba di Abramo, patriarca degli ebrei e
degli arabi. La questione è ancora bollente e sempre accesa.
La Costituzione e la struttura politica
Thora: i rotoli della legge divina
La Costituzione di uno Stato ne esprime il credo ideologico. Nelle
moderne società democratiche, la Costituzione garantisce anche il rispetto di
tale credo, e la sua difesa dagli sconfinamenti del legislatore, mediante un
organismo incaricato di controllare la legge. Ladozione di una Costituzione è
quindi un evento fondamentale nella vita di un Paese. Per quanto concerne
Israele, lAssemblea costituente eletta nel gennaio del 49 non era riuscita a
stilare una Costituzione per lopposizione dei partiti religiosi, secondo i
quali Israele avrebbe dovuto adottare la legge divina (ebr. Thora), vale a dire
il Pentateuco. La Costituzione non fu mai così redatta in un modo completo, ma
solo a tratti aggiungendovi col tempo le leggi ordinarie pur avendo come base
undici leggi fondamentali. Una Corte suprema svolge lattività di controllo.
Lorgano avente potere legislativo è il parlamento (ebr. Knesset) e il
rappresentante dellautorità esecutiva è il capo di governo. Le elezioni sono a
tipologia maggioritaria e, dal 1992 in poi, furono effettuate le elezioni a
suffragio universale. La novità sta nellespressione utilizzata nei trattati
per definire Israele quale Stato ebreo e democratico. Il legislatore voleva
così conciliare due esigenze considerate contraddittorie. Da ciò però ne ebbe
origine un conflitto costituzionale che è ancora aperto tuttoggi tra
opinionisti laici, in contrapposizione a quelli religiosi.
Dato certo è ,che a differenza degli altri Paesi democratici, in Israele non
esiste una vera e propria Costituzione stilata su un foglio unico comprovante
lautenticità della stessa e ciò, da vita a una disunità delle leggi e,
soprattutto, ancora non coprono adeguatamente aspetti relativi ai diritti di
libertà.
È evidente, quindi, che cè una netta divisione allinterno del Paese tra i
partiti conservatori (rappresentati dai religiosi e ortodossi) contro quelli
laburisti (rappresentati dai laici che portano avanti lidea di
americanizzazione del Paese).
Leconomia del Paese
Insediamento Kibbutz sulle sponde del Giordano
In cinquanta anni leconomia israeliana ha subito una
trasformazione totale. Leconomia delle origini, di tipo coloniale nella quale
lagricoltura manteneva un ruolo preponderante, è stata a poco a poco
sostituita da strutture moderne. Dopo la creazione dello Stato, in cui
sussisteva il fenomeno del kibbutz ovvero le aziende agricole nella quale la
proprietà è collettiva e la famiglia stessa è organizzata secondo un modello
comunitario, leconomia israeliana ha dovuto tenere in conto di alcuni elementi
di fondo, che ne hanno sempre condizionato lo sviluppo. Il primo di essi
risiede nella scarsità di ricchezze naturali: in particolare il Paese non
dispone di petrolio. Le uniche risorse sono quelle del Mar Morto (fosfati,
potassio, magnesio). Il secondo elemento è legato al problema della sicurezza.
La quota del prodotto interno lordo riservata alle spese per la difesa è sempre
stata elevata raggiungendo un picco del 34% in corrispondenza della guerra del
Kippur, sebbene negli ultimi dieci anni sia sensibilmente diminuita al 10%;
sembra tutta via che nei prossimi anni si registrerà un nuovo aumento
considerando che la questione arabo-israeliana non è ancora risolta. I problemi
legati alla sicurezza hanno favorito la creazione di una progredita industria
militare, una voce rilevante nelle esportazioni israeliane. Il terzo elemento è
quello più incidente, e riguarda laccoglienza immigrati con cifre
imparagonabili agli altri Paesi. In mancanza di risorse naturali, la crescita
economica non può che basarsi sulla ricchezza dei capitali e sugli
investimenti. Tuttavia, gli investimenti stranieri non possono svilupparsi che
in misura corrispondente allaumento delle possibilità di esportazione.
Oggi le esportazioni rappresentano un terzo del PIL e vale a dire
in misura maggiore a Francia e Usa. Ma questa dipendenza dal commercio estero
rende leconomia vulnerabile, obbligando ad Israele labbassare -se non
labolizione- dei dazi doganali. Con ciò leconomia del Paese si è trasformata
radicalmente, mettendo in ginocchio alcuni settori (come quello tessile) e
favorendo così linnalzamento della disoccupazione. Nel corso del 1997
leccedenza delle importazioni contro le esportazioni è stata dellordine di 11
miliardi di dollari. Una parte di questo deficit è compensata dagli aiuti
stranieri, ma la differenza ammonta ancora a 3,5 miliardi di dollari. Il
finanziamento avviene per mezzo di prestiti. È stato molto difficile fare
ricorso alla svalutazione delle moneta (lo shekel), a causa degli effetti
inflattivi che tale provvedimento ha sul mercato interno (inflazione galoppante
da offerta per lenunciato del potere dacquisto: diminuendo il potere dacquisto
della moneta si assiste allaumento generalizzato dei prezzi perché i
produttori devono soddisfare il criterio di economicità e, per tanto, il prezzo
del prodotto aumenta affinché i costi di produzione siano compensati -va
aggiunto poi lo scopo di lucro che gli imprenditori hanno- ). Una delle voci
più pesanti del bilancio riguarda, come in molti altri Paesi, le spese sociali,
alle quali viene destinato circa il 30% del PIL. La pressione fiscale sembra
aver raggiunto un livello non ulteriormente elevabile, e ciò porrà, come
avviene in altri Paesi, il problema del finanziamento delle spese sociali,
tenendo conto in particolare dellinvecchiamento della popolazione.
Una grande trasformazione strutturale delleconomia israeliana si deve poi alle
privatizzazioni. È noto che la politica delle privatizzazioni è un orientamento
adottato dalla maggior parte dei Paesi europei, ma nel caso di Israele essa
assume un significato particolare in quanto le circostanze nelle quali si è
sviluppata leconomia del Paese hanno fatto sì che qui lintervento statale sia
più forte che altrove. Si assiste così a una vero e proprio fenomeno di
disimpegno delle Stato, che non manca di provocare scontri e crisi politiche e
sociali. Si rende noto infatti che, in linea generale, lo Stato è limpresa per
eccellenza e talvolta leconomia di un Paese ne richiede lintervento per una
sua ripresa. Si è potuto assistere in più casi allintervento dello Stato in
qualità di impresa: nel piano autarchico fascista, nella statalizzazione delle
banche in molti Paesi europei e la statalizzazione di grandi industrie in
declino rappresentanti lo stato stesso nel Mondo (come il caso Fiat in Italia).
Lo Stato è un ente di erogazione pubblica con lo scopo di soddisfare i bisogni
dei cittadini ma, per raggiungere i propri fini, dispone di una propria azienda
cioè di un organizzazione economica mediante la quale attua le operazioni di
raccolta ed impiego mezzi. Ciò implica un suo intervento diretto nelleconomia
del Paese e nel processo di produzione delle imprese in difficoltà. Lo Stato,
così, è unazienda che non consegue un utile, a differenza di quelle a scopo
lucrativo, ma interviene per il raggiungimento della ricrescita economica o,
nel caso dIsraele, per lavviamento delleconomia del Paese.
Lintellettualismo ebraico nel periodo della diaspora: Italo
Svevo
Italo Svevo (1861-1928) è lo pseudonimo di Ettore Schmitz,
scrittore triestino di padre tedesco e madre italiana di origine ebrea; lo
pseudonimo testimonia appunto la duplice nazionalità, che si accompagna con la
varietà ed il cosmopolitismo delle suggestioni culturali intervenute nella sua
formazione, dapprima in un collegio tedesco e poi nella città natale quale
città di confine, vivace e cosmopolita. Trieste, allora sotto il dominio
austriaco, era infatti un crogiolo di razze e di culture, trovandosi nel pieno
dellarea mitteleuropea, vista con particolare interesse da quella borghesia commerciale
e finanziaria cui appartiene anche la famiglia Schmitz.
Il giovane Ettore, filoitaliano e di simpatie irredentiste, viene
avviato agli studi commerciali, pur coltivando precocemente vari interessi
letterari. Dopo un dissesto finanziario della famiglia, è costretto suo
malgrado ad impiegarsi in banca, dove lavorerà per circa ventanni, fino al
matrimonio con Livia Veneziani, che gli consentirà nel 1899 di lasciare
limpiego per occuparsi della fabbrica di vernici del suocero. Lattività
letteraria viene condotta contemporaneamente alle altre occupazioni: negli anni
della banca collabora al giornale triestino lindipendente, nel 1892 scrive
varie novelle cui seguono due romanzi Una vita e Senilità. Il totale
insuccesso spinge però lautore ad abbandonare per molto tempo qualsiasi
ulteriore tentativo di pubblicazione. Per oltre venticinque anni non pubblicò
nullaltro, pur continuando a scrivere. Il suo rapporto con la letteratura era
radicalmente mutato divenendo un rapporto odio-amore. Leggendo alcuni libri di
Freud e accostandosi alla psicanalisi, sotto le spinte dello scrittore
irlandese Joyce, in un periodo di forte e travolgente ispirazione, avvertì
che bisognava fare quel romanzo, ovvero il suo capolavoro La coscienza di
Zeno. Nella stesura dellopera, linfluenza di Joyce si rintraccia nel bisogno
di scavare nella coscienza per capire le cause remote dei comportamenti
dellindividuo. La coscienza di Zeno è una delle opere più importanti della
narrativa novecentesca; la sua ricchezza e novità, sfuggita ai primi frettolosi
recensori, furono via via sempre meglio comprese. Il romanzo comincia con una
brevissima prefazione nella quale, psicanalista dottor S., dichiara di voler
pubblicare per vendetta le memorie, scritte dietro suo incoraggiamento da Zeno,
poiché il paziente di è sottratto alla cura. Nei capitoli successivi, Zeno
spiega come sia per lui difficile recuperare la memoria del proprio passato. Il
romanzo si articola così con i ricordi che sono infine affiorati alla
coscienza, organizzandosi attorno a circostanze o eventi importanti per lui. Le
pagine del diario del dottor S. che affermano che Zeno si è sottratto alla cura
ed è tornato ai suoi vizi (come la promessa di smettere di fumare) e si mette
in affari riscontrando un certo successo, illudendosi di esser sano, cosa non
vera, avviano alla conclusione del romanzo il quale si chiude con
lapocalittica visione di uninaudita catastrofe per opera di un uomo un po
più ammalato degli altri, che farà esplodere un potente e micidiale ordigno. E
la terra, tornata nebulosa, errerà nei cieli priva di parassiti e malattie.
Solo così, forse, in questa vita inquinata alle radici, tornerà la salute.
Questo romanzo è un romanzo psicanalitico: infatti, Zeno non racconta la sua
vita ma la sua malattia; non segue lordine cronologico, ma svolge nuclei
tematici che mettono in luce i suoi difficili rapporti con il padre, la moglie,
lamante e lantagonista. Non racconta fatti esterni che susseguono in un tempo
lineare, ma si ripiega a scrutare le tortuosità della sua psiche in un tempo
misto di passato e di presente.
Gli elaborati di Svevo sono rivoluzionari rispetto la tipologia
ottocentesca: la vicenda non segue un percorso tematico e non è narrata secondo
lordinato scorrere degli eventi (tempo misto); la narrazione è in prima
persona e la vicenda è filtrata dallo sguardo di Zeno (narratore/personaggio) e
Svevo non interviene mai nella vicenda narrata, eclissandosi totalmente avendo
un punto di vista interno; lo Zeno che scrive (lio narrante) è diverso da
quello che era nella sua giovinezza (lio narrato), infatti egli guarda con
atteggiamento ironico il suo passato rilevandone meschinità e ipocrisie ma
costruendo, al tempo stesso, la sua innocentizzazione; la costruzione
dellinetto, personaggio attraversato da conflitti interiori che gli rendono
impossibile lazione e questa è la caratteristica che accompagna tutti i
protagonisti sveviani ma, nel caso di Zeno, linettitudine è piuttosto un
atteggiamento di continua insoddisfazione, inutile ricerca di scopi, di
significati, il tutto descritto non in chiave drammatica, bensì ironica; il
linguaggio utilizzato non è letterario, cioè vengono utilizzati termini tipici
della classe borghese con espressioni dialettali triestine e di tedeschismi;
pervade lironia e vè un continuo scavo nella psiche (ciò dovuto anche dal
fatto dellaccostamento alla psicanalisi di Freud e linterpretazione dei
sogni). Si pone attenzione particolare sulla figura dellinetto, che è un
perdente incapace di cogliere le occasioni che la vita gli offre, vittima della
propria inadeguatezza, perennemente diviso tra la grandezza delle proprie
aspirazioni e, un difetto di volontà, che glimpedisce di impegnarsi
concretamente per realizzala, incline allautoillusione che gli fa credere di
essere ciò che non è e gli nega una valutazione oggettiva dei fatti e della
propria natura. E proprio questa è la principale caratteristica di un po tutti
gli ebrei della diaspora: essi sono vittime della loro inadeguatezza e inclini
allautoillusione che gli fa credere desser ciò chessi non sono. Da questo,
infatti, si guarderanno bene gli ebrei ortodossi rimpatriati che svolgeranno
unopera di deoccidentalizzazione per eliminare ogni forma che non è conforme a
quanto essi sono realmente. Svevo morì nel 1928 in un incidente stradale, lasciando
incompleta la continuazione de La coscienza di Zeno, il Vecchione.
Bibliografia
La Bibbia
Corrispondenze vol.3 di Luppi e Palamidese (edtr. Clio)
Generi, autori, opere, temi vol.3 di M.Sambugar e G.Salà (edtr. La nuova
Italia)
Israele: LO STATO DEGLI EBREI di Claude Klein (edtr. Giunti)
Israele e il rifiuto arabo. Settantacinque anni di storia di Maxime Rodinson
( edtr. Einaudi)
ISRAELE. La Bibbia e il Medio Oriente di R.Wolff
Ebraismo: storia, precetti e feste, cultura e idee atlanti universali giunti
(edtr. Giunti)
Il conflitto arabo-israeliano di Thomas G.Fraser (edtr. Il Mulino)
Storia dIsraele di Alberto J. Soggin (edtr. Paideia Editrice Brescia)