UBBIDIENTE ALLA CELESTE APPARIZIONE
Parlare convenientemente di Paolo in una sola meditazione non è possibile: le ore di esistenza di certi uomini contano secoli nella storia della umanità. Fermeremo brevemente, la nostra considerazione sulle parole che egli rivolge al re Agrippa e proprio sul versetto 19 cap. XXVI dei Fatti, che proietta un fascio di luce immensa sul carattere ed operosità del grande apostolo.
In questo versetto leggiamo:
“Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla celeste apparizione”. – Queste sono le parole che seguitano all’esposizione che l’apostolo fa al re dell’apparizione di Gesù sulla via di Damasco, ed all’ordine ricevuto di testimoniare l’evangelo innanzi alle genti.
Perciò. – Non per altro ma pel solo motivo che Gesù gli sia apparso. Tale il movente della sua lunga e faticosa carriera missionaria. L’opera dell’apostolo Paolo fu immensa e richiede una causa adeguata che la spieghi; e causa non è a cercarsi nella forza intrinseca dell’uomo, bensì nella sua ubbidienza ed una potenza superiore.
La spiegazione è dunque piana e facile: perciò….cioè per quello che ti ho esposto, parlando ad Agrippa dell’apparizione di Gesù sulla via di Damasco ecc.
A questo punto, ci sia lecito tornare un passo addietro, e richiamare l’attenzione del lettore a parte del capitolo XX dei Fatti. Ai versi 23 e 24 leggiamo: “Se non che lo Spirito Santo mi testifica per ogni città dicendo che legami e tribolazioni mi aspettano. – Ma io non fo conto di nulla; e la mia propria vita non mi è cara….”-
Ed al cap. XXI (v.10-12) leggiamo che, dimorando paolo in Cesarea, un profeta chiamato Agabo prese la cintura dell’apostolo e se ne legò le mani ed i piedi e disse: Questo dice lo Spirito Santo: Così legheranno i giudei in Gerusalemme l’uomo di cui è questa cintura. – Gli amici pregavano con lagrime Paolo a non partire: ma l’apostolo rispose che era pronto a morire in Gerusalemme.
Egli, come Cristo, aveva volto la sua faccia verso Gerusalemme, pronto a dare la via per la causa che seguiva.
Ora, vi è differenza tra eroismo ed eroismo. Colui che soffre serenamente una persecuzione inattesa è, senza dubbio, un eroe, ma ben più grande è chi si avvia al martirio, sapendo di poterlo evitare, quando ogni passo è un avvicinarsi cosciente alla grande ora della prova. Paolo, dunque, aveva dovuto superare anche la tentazione non lieve, sorgente dalle circostanze, che gli consigliavano, almeno per allora, di non mettere piede nella capitale giudaica. Tutto sarebbe valso a scoraggiare l’uomo più forte; il movente, però che spingeva innanzi Paolo era più forte della forza. La profezia di Agabo è adempiuta, e troviamo l’apostolo incatenato, ma sereno e tranquillo dinanzi ad Agrippa.
“o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente”.
Non sono stato. – L’apostolo non dice non fui. O non sono: ma non sono stato: - Azione continua. – Non un giorno, un mese, un anno, ma parecchi anni, di continuo progredendo in una visione sempre più larga .facendo una cosa sola, e correndo verso la meta.
Ubbidiente non solo nelle circostanze favorevoli, nelle ore liete del successo, circondato dall’entusiasmo, ma sempre; e cioè, anche quando altri avrebbe sentito il cuore gelarsi; non ostante l’invidia, la maldicenza, la discordia; ad onta dell’ingratitudine di coloro che più aveva amati e dai quali era meno amato; in ogni condizione della sua agitata esistenza, nella povertà come nell’abbondanza; non ostante una grave infermità che lo tormentava, sempre. Quell’uomo non aveva titubato un solo momento, e neppure quando, alcune volte, l’opera sua pareva non portare frutti, ed incontrava ostacoli, oppure era accolta dalla più scoraggiante indifferenza. E sappiamo che l’indifferenza è più potente dell’odio.
Aveva ubbidito sino a mutare, in un momento, tutto un piano di lavoro, come quando diretto verso altre regioni, come gli era sembrato utile stabilire, gli era apparsa la visione del pellegrino, che lo chiamava in Macedonia.
Perciò – Sorgente della sua vita meravigliosa è stata l’apparizione del Maestro. – Pronto fu la parola dell’ordine del grande apostolo.
E’ nota la triplice domanda di un grande pensatore:
D’onde vieni? - Dove sei? - Dove vai? - D’onde, o Paolo, attingi la forza immensa della tua attività? Da Cristo. Dove sei Paolo, nel momento che parli ad Agrippa? In Cristo. Dove vai: qual è la meta della tua carriera? Cristo.
Per S. Paolo la morte era considerata guadagno: essa gli procurava l’incontro con Gesù, oggetto unico della sua fede incessante, speranza del suo cuore. Non discussioni intorno al cielo – dove, che fosse. - Tra lui e Cristo si era andata stringendo una amicizia intima, cresciuta ogni anno, mai completa. La voce intesa sulla via di Damasco, non l’aveva mai dimenticata. Però faccia a faccia, come gli altri discepoli, egli non aveva mai visto il suo maestro.- E per un tal personaggio egli visse, soffrì, come nessun altro ha vissuto e sofferto, attendendo, con ansia il giorno in cui il nero servitore “morte” lo avrebbe presentato, per sempre, al suo Signore.
L’apostolo S. Paolo non è stato il solo cui il Maestro abbia parlato. Molti sono coloro che hanno chi in un modo e chi in un altro celesti apparizioni e visioni, ma le lasciano svanire. Alcuni seguono per poco tempo soltanto: alla meta pochi arriveranno. Il gelo dell’indifferenza di coloro che ne circondano, distrugge gli entusiasmi di tanti che si erano avviati, dopo avere promesso di perseverare sino alla fine. A raggiungere la meta, occorre avere in serbo una forza immensa, e questa non è umana: è necessario che il pellegrino, lungo il cammino, che si rende sempre più arduo, attinga, senza interruzione, alla sorgente della vita: Cristo Gesù: In altre parole: è necessario vivere in perseverante comunione col Signore.
Leggiamo nella storia di Serse ch’egli, a tenere sempre desto l’odio contro i Greci, aveva dato ordine ad uno schiavo di sussurrargli all’orecchio, ogni giorno, l’ora dei pasti, le parole: “Ricordati dei Greci”.
Il Cristiano deve sempre avere presente l’amore infinito del suo Signore.
Mi si permetta, finendo, presentare al lettore un’immagine: quella del ginnasta, che può camminare sulla fune in presenza di un popolo che lo guarda trepidante e meravigliato. Tutta la sua attenzione è fissata in un punto che egli prende di mira, mentre costringe la sua forza per avere, a comando il centro di gravità del suo corpo. Non guarda né a destra né a sinistra, ma diretto in avanti. La folla non lo distrae; una lieve disubbidienza a questa legge, e sarebbe perduto. Così il cristiano; non si distragga a destra e a sinistra, correndo dietro ai rumori del mondo. Che dicano, che pensino di lui non gli importi. Avanti, sempre ubbidiente alla voce che lo chiama di maniera che egli possa, come Paolo, dire a sua volta: “Non sono stato disubbidiente alla Celeste Apparizione”.
G.ppe Petrelli