SALVI NELL’ARCA
(Genesi VI, VII, VIII)
Chiaro ed insistente chiaro è il riferirsi del Nuovo Testamento e al diluvio e a Noè. Nella lettera agli Ebrei leggiamo.: “Per fede Noè, ammonito per oracolo delle cose che non si vedevano ancora, avendo temuto fabbricò l’arca, per la quale egli condanno il mondo.” Pietro parla della pazienza di Dio che aspettava ai giorni di Noè, mentre si apparecchiava l’arca; e ch’ egli non risparmiò il mondo antico, ma salvò Noè, predicatore di giustizia ecc. Ed il Signore Gesù: “Siccome gli uomini erano ai di che furono avanti il diluvio… così ancora sarà la venuta del figliol dell’uomo” Queste referenze del Nuovo Testamento sono così incisive che ne fanno sembrare più che opportuno, doveroso cercare, almeno, alcune fra le tante lezioni che si ricavano dalla storia di Noè e del diluvio.
In mezzo alla universale corruzione degli uomini di quel tempo, visse uno che la parola di Dio ha qualificato giusto. Il pio suo genitore l’aveva chiamato Noè “Costui ci consolerà”. Della vita di Noè anteriore al diluvio sappiamo quasi nulla, e solo indoviniamo che spese i lunghi anni predicare ravvedimento, e non ebbe convertiti.
Il mondo aveva raggiunto un alto grado di progresso materiale, ma gli uomini correvano dietro i beni terreni, senza che Iddio entrasse nei loro calcoli. In epoca siffatta il predicatore Noè non era in alcun modo incoraggiato, ma pure andò avanti, solitario testimone di giustizia ed apostolo di ravvedimento.
“Fatti un’arca”, gli disse il Signore, e glie ne suggerì la forma, assai diversa da quella che umano ingegnere avrebbe consigliata. “Fare un’arca” è una parola. Come vivo? Avrebbe potuto domandare Noè; ma egli si affrettò ad ubbidire. Gli costò sacrificio: forse dov’è cominciare a vendere quello che aveva ed incontrare le prime opposizioni della famiglia ed il ridicolo dei vicini, pure ubbidì. La costruzione di quest’arca procedè innanzi assai lentamente: il Signore voleva dare un’altra opportunità. Impiegò Noè fatica e tempo a raccogliere a poco a poco, il materiale occorrente ed adattarlo alla costruzione. Ma, per quanti scoraggiamenti gli venissero, andò innanzi. E non tralasciò di essere, come si direbbe , un predicatore della strada. E l’arca veniva su lentamente: ogni tavola che s’inchiodava pareva dicesse: “Ravvedetevi siete ancora in tempo”. Alla fine l’opera compiuta, e Noè, per l’ultima volta, chiamò gli uomini a ravvedimento; ma essi, che nel passato non avevano dato ascolto a colui che giudicavano pazzo, nemmeno allora si curarono delle sue parole. Un giorno il Signore gli disse: “Entra tu e la tua famiglia nell’arca, perciocché in questa età io ti ho veduto giusto davanti a me”. Un po’ di sensazione dov’è esserci quando i vicini videro andare Noè, dentro l’arca, a due a due gli animali; ma fu breve interessamento. Chissà, pensarono, per quale arte costui li attira nell’arca. Nessuno si curò di cercare una possibile ammissione nell’arca, che doveva apparire ben strana costruzione al paragone degli edifizi che essi possedevano.
“Poi il Signore serrò l’arca”. Non fu Noè, ma il Signore. Il tempo di prova era finito. Lo stesso potere che chiudeva Noè dentro, lasciava il mondo fuori. Pure, oh infinita pazienza di Dio! Passarono sette altri giorni. Se gli omini avessero invocato misericordia, Iddio li avrebbe risparmiati. Purtroppo l’inaspettato venne.
“L’anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, nel decimo settimo giorno del mese, in quel giorno tutte le fonti del grande abisso scoppiarono, e le catarrale del cielo furono aperte”.
Altri ha tentato descrivere, con colori vivi, le condizioni degli uomini al primo scrosciare della pioggia; un poeta inglese ha con arte fine, tratteggiato gli sforzi disperati di ascendere le più alte montagne, sempre raggiunte da quell’acqua crescente, e noi diremo, perciò, solo e brevemente delle otto persone riparate nell’arca, durante il diluvio.
Quando le acque cominciarono a cadere violenti ed a battere le murate dell’arca, essa potè sembrare poco solida, e forse alcuno della famiglia di Noè pensò che sarebbero stati più al sicuro sul vertice di qualche montagna. Ma, era l’arca l’unico mezzo di salvezza ordinato dal Signore: per quanto non attrattiva e poco solida sembrasse, era l’unica via di scampo. La famiglia di Noè era dentro e non poteva alterare nulla; il Signore aveva chiuso la grande porta. E le acque di vero si scatenarono, “le fonti del grande abisso scoppiarono, le caterrate del cielo furono aperte. Ad un momento l’arca fu sollevata sulle acque. Queste si rinforzarono e crebbero grandemente; tutte le valli cominciarono ad essere ripiene e l’acqua saliva verso le cime dei monti, e l’arca nuotava sulle acque quasi un piccolo punto, sul dorso del mostro infuriato: e più alto la massa d’acqua saliva, e più l’arca veniva, dai piani inferiori, spinta verso il cielo.
Il diluvio venne sopra la terra per lo spazio di quaranta giorni. Questo tempo dov’è sembrare lungo. Era quella davvero una non piacevole esperienza: l’arca, spinta dalle onde doveva dare ai salvati una continua agitazione. Pure, sbattuta quanto fosse, essere non potevano annegare, riparati come erano in quella chiusura d i salvezza. Pareva quel diluvio dovesse essere eterno; forse così dov’è sembrare alla famiglia di Noè; e che tutto fosse un oceano sopra e sotto e l’arca nel mezzo. Pareva; ma il diluvio doveva avere un termine, e difatti l’ebbe. “Iddio si ricordò di Noè”: a vero dire, Egli non se ne era mai dimenticato. Quell’arca, uscita dal vecchio mondo, portava sulla sponda del nuovo filo superstite dell’umanità. Pure, il sacro scrittore dice “Iddio si ricordò”; espressione relativa alle persone salvate; perché, molte volte gli uomini, anche più fedeli, credono che Iddio li dimentichi. Noè vide, ebbe la prova che Iddio pensava a lui. Colui che aveva comandato a quel diluvio di scendere, poteva richiudere e rischiuse le fonti del grande abisso. “Iddio fece passare un vento sulla terra” e le acque si posarono… . Le acque andarono del contino ritirandosi. Al termine di centocinquanta giorni cominciarono a scemare”. Dopo il diluvio, era tornato il cielo sereno, ed intorno all’arca si vedeva il mare sconfinato, ma tranquillo. Sembrava dovessero vivere sempre sulle acque, però, un bel giorno videro una breve interruzione nel piano uniforme. Era la sommità di un alto monte. Quella data non poteva essere dimenticata: “ il primo giorno del decimo mese”. L’arca si era fermata sulla montagna di Ararat.
“E nel ventisettesimo giorno del secondo mese, la terre era tutta asciutta. E Iddio parlò a Noè dicendo: esci fuori dell’arca, tu e la tua moglie ed i tuoi figli, e le mogli dei tuoi figliuoli teco”. Ed il solitario patriarca antidiluviano venne fuori seguito dalla famiglia. Sulla terra battezzata dal diluvio, il primo atto che compì fu quello di edificare un altare.
Ed il Signore fece patto con Noè che le acque non farebbero più diluvio, e il segno fu l’arcobaleno. Una nuova speranza era spuntata per l’umanità; e sulla terra ringiovanita apparve l’alba di una vita nuova e fiorente.
Amico lettore, in questa rapida esposizione qualche cosa abbiamo imparato.
Gesù Cristo è venuto nel mondo per salvarci, ma Egli ed il piano di redenzione non sono secondo la portata dell’umana filosofia. Eppure, si dica quel che si voglia., Gesù è l’unica via di scampo.
Il Signore ha detto che sarebbe venuto un tempo in cui gli uomini sarebbero stati come quelli che erano avanti il diluvio; la nostra generazione risponde al parallelo: mangiare e bere, vendere, comprare, senza che il timore di Dio presieda ad ogni cosa. Noè si separò dal mondo, per fede e per fede costruì l’arca, e per fede attese: così il credente. L’arca fu l’unico possibile scampo e Gesù Cristo è l’unico salvatore. Piaccia o no, accettato o no, altri non ve né. Fuori dell’arca gli uomini di allora perirono; e lontani da Cristo non ve speranza per alcuno. Ma i rifugiati nell’arca ebbero le loro esperienze, e la vita del credente ha le sue prove e scosse. Però, l’arca sbattuta era sempre al disopra delle acque; così Cristo per quanto contrastato è sempre vittorioso nell’umanità. Chiusi nell’arca Noè ed i suoi erano salvi: nascosti in Cristo il credente è al sicuro. L’acqua poteva battere l’arca al di fuori ma dentro tutto era asciutto; così la vita del credente, pur travagliata che sia è pace nell’intimo. Quale che sia la tua condizione, o lettore se hai fede e sei in Cristo, chiuso da Lui nell’arca di salvezza la tempesta non potrà sommergerti; anzi le stesse amarezze e lotte t’innalzeranno, sempre più verso il cielo. Passerà molto tempo, forse, nel quale non vedrai il sole, e ti crederai perduto nelle onde, ma non temere, perché, alla fine, porrai sicuro il piede sulla terra fatta nuova e su cui Cristo solo regnerà in eterno.
G.Petrelli