Benché gli esiti della sua vicenda siano confluiti
in parte nell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in parte
nell'emigrazione italiana in Israele, nessuna trattazione dell'ebraismo in
Italia potrebbe considerarsi completa senza un sia pur breve cenno alla
straordinaria vicenda di Donato Manduzio (1885-1948). Questo bracciante di
Sannicandro Garganico (Foggia) torna dalla Prima guerra
mondiale invalido e rovinato. Si scopre però doti di guaritore e di
cantastorie popolare, e sbarca il lunario recitando ai compaesani I reali di
Francia e Il conte di Montecristo. Si interessa
anche di religione, ed entra in contatto con diversi gruppi non cattolici
presenti a Sannicandro, tra cui i Fratelli.
Leggendo la Bibbia, ispirato anche da una visione profetica del 1930
sull'unicità di Dio, si convince che il cristianesimo ha tradito la vera religione
di Mosé, e si allontana sia dai cattolici sia dai protestanti. Donato e i suoi
seguaci - originariamente, tre contadini di Sannicandro - si convincono che
occorre seguire il "Dio d'Israele" e la legge di Mosé, ma sono pure
sicuri che gli ebrei siano scomparsi da secoli. Nel 1931 un venditore ambulante
di passaggio a Sannicandro rivela loro che nelle grandi città italiane gli
ebrei sono tuttora presenti, e fornisce anche l'indirizzo di alcuni
ebrei di Torino e Firenze. Donato, emozionato, scrive a
un ebreo torinese che lo rimanda alla comunità ebraica di Roma. Donato invia
anzitutto una cartolina postale - che a Roma è scambiata per uno scherzo -, poi
una lunga lettera, cui il rabbino capo risponde cautamente (preoccupato anche
di possibili provocazioni del regime fascista) che solo eccezionalmente l'ebraismo accetta convertiti, che comunque non cerca.
Solo molto lentamente la comunità di Roma prende sul serio Donato, e nel
1936 lo invita a integrarsi con i suoi amici - ormai
una trentina - nella comunità ebraica di Napoli; si prospetta anche l'apertura
di una piccola sinagoga, ostacolata però dalle autorità civili. Nel 1938, con
le leggi razziali, i seguaci di Manduzio si dichiarano coraggiosamente ebrei;
quando da Roma la comunità ebraica fa loro presente che non sono
nati ebrei, né la loro conversione è mai stata formalmente legalizzata, si
sentono piuttosto traditi (anche se queste dichiarazioni li aiuteranno a
sfuggire alle persecuzioni). Non mancano del resto incomprensioni, dovute sia
ai tempi difficilissimi per la comunità ebraica italiana, sia all'atteggiamento
del tutto peculiare di Manduzio, che non capisce e non ama il Talmud e
mescola all'ebraismo le sue visioni allegoriche e non sempre ortodosse, le
tradizioni della sua terra e la medicina popolare.
La situazione cambia nel 1943, quando nella Puglia sotto controllo alleato
arrivano 350 volontari palestinesi, ebrei, inquadrati nella VIII Armata
britannica. Riconosciuta la stella di Davide, i seguaci di Manduzio li
accolgono con entusiasmo. L'incontro è però foriero di problemi: un rabbino
militare venuto dalla Palestina "esamina" Donato e si scandalizza per
la sua fede nelle visioni e per avere trovato in casa sua, accanto alla Bibbia,
libri di magia. Donato, inoltre, vuole restare a Sannicandro, mentre gli ebrei
palestinesi prospettano ai suoi discepoli la prospettiva, anche economicamente
interessante, di emigrare in Palestina a guerra finita. A poco a poco, i
rapporti degenerano: diversi convertiti ebrei sannicandresi non riconoscono più
Donato come capo e lo denunciano ai palestinesi e a Roma come apostata. Roma,
saggiamente, invita alla concordia, e il 16 agosto 1945 un patto di pace è
firmato fra Donato e i "ribelli" (e trasmesso, a conferma dei tempi
particolari, anche al locale commissariato di polizia).
Nell'agosto 1946 inviati della comunità di Roma procedono alla circoncisione
di tredici convertiti, seguita dalla tebilah o
immersione rituale dei proseliti, uomini e donne, nelle acque dell'Adriatico a
Torre Maletta. Si sancisce così da una parte la pace all'interno della comunità
ebraica di Sannicandro, dall'altro il suo ingresso ufficiale nell'orbita delle
comunità ebraiche italiane. Manduzio può attendere in pace la morte, che lo
coglie il 15 marzo 1948. La morte di Donato elimina il principale ostacolo,
anzitutto morale, all'emigrazione di ebrei
sannicandresi in Palestina, resa contemporaneamente urgente dal desiderio di
alcuni di loro di prendere le armi nella guerra arabo-ebraica dello stesso anno
1948. Tra il 1948 e il 1950, in tre ondate, gli ebrei di Sannicandro emigrano
in Israle, dove si concentrano soprattutto nella zona di Biria-Safed. A
Sannicandro rimangono solo cinque convertiti (cui se ne aggiungono
altri due nel 1950). La storica del movimento di Manduzio,
Elena Cassin, nota come negli anni 1990 i sannicandresi di terza e quarta
generazione in Israle - assimilati nella società israeliana grazie al servizio
militare e alla scuola - sono rimasti religiosi, ma conservano ricordi
piuttosto vaghi del retaggio garganico, mentre a Sannicandro rimane un piccolo
gruppo di poche donne che mantengono in esistenza la più singolare comunità
ebraica italiana. Difficile da dimenticare resta, in
ogni caso, l'avventura profetica di Donato Manduzio.
B.: La trad. it. del volume di Elena Cassin, San
Nicandro. Un paese del Gargano si converte all'Ebraismo, Corbaccio, Milano
1995, benché condotta in genere sulla seconda edizione francese, del 1993, non
traduce però l'importante Postface di aggiornamento
dell'autrice, che andrà pertanto letto alle pp. 250-289 dell'originale
francese: San Nicandro. Histoire d'une conversion, Quai Voltaire, Parigi
19932. Cfr. pure (ma con molte riserve)
Antonio Moscato - Maria Novella Pierini, Rivolta religiosa nelle campagne.
Il movimento millenarista di Davide Lazzaretti. La profezia
neo-ebraica di Donato Manduzio, Samonà &
Savelli - Libreria Internazionale Terzo Mondo, Roma 1965.