"Al tempo dei giudici ci fu nel paese una
carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò a stare nelle campagne di Moab
con la moglie e i suoi due figli. Quest'uomo si chiamava Elimelec, sua moglie,
Naomi, e i suoi due figli, Malon e Chilion; erano efratei, di Betlemme di
Giuda. Giunsero nelle campagne di Moab e si stabilirono là. Elimelec, marito di
Naomi, morí, e lei rimase con i suoi due figli. Questi sposarono delle moabite,
delle quali una si chiamava Orpa, e l'altra, Rut; e abitarono là per circa
dieci anni. Poi Malon e Chilion morirono anch'essi, e la donna restò priva dei
suoi due figli e del marito. Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene
dalle campagne di Moab, perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il
SIGNORE aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane. Partí dunque con le
sue due nuore dal luogo dov'era stata, e si mise in cammino per tornare nel
paese di Giuda. E Naomi disse alle sue due nuore: "Andate, tornate
ciascuna a casa di sua madre; il SIGNORE sia buono con voi, come voi siete
state con quelli che sono morti, e con me! Il SIGNORE dia a ciascuna di voi di
trovare riposo in casa di un marito!" Le baciò; e quelle si misero a
piangere ad alta voce, e le dissero: "No, torneremo con te al tuo
popolo". E Naomi rispose: "Tornate indietro, figlie mie! Perché verreste
con me? Ho forse ancora dei figli nel mio grembo che possano diventare vostri
mariti? Ritornate, figlie mie, andate! Io sono troppo vecchia per risposarmi; e
anche se dicessi: Ne ho speranza, e anche se avessi stanotte un marito, e
partorissi dei figli, aspettereste voi finché fossero grandi? Rinuncereste a
sposarvi? No, figlie mie! Io ho tristezza molto piú di voi, perché la mano del
SIGNORE si è stesa contro di me". Allora esse piansero ad alta voce di
nuovo; e Orpa baciò la suocera, ma Rut non si staccò da lei" (Rut 1:1-13).
Si sa poco di questa donna, ma sembra che il suo nome significhi: "collo
duro". Sebbene bisogna tenere presente che in Moab non c'era l'usanza di
mettere i nomi come nel popolo d'Israele, tuttavia questo nome risulta essere
profetico, adattandosi perfettamente alla personalità di questa donna.
Taluni vedono Orpa come la traditrice della famiglia a causa del suo rifiuto di
andare a Betlemme. Domandiamoci: "Cosa avremmo fatto al suo posto?"
IL PIANTO DI ORPA
Orpa, di fronte alla decisone di Naomi di tornare a Gerusalemme, pianse per ben due volte: "Elimelec, marito di Naomi, morì, e lei rimase con i suoi due figli. Questi sposarono delle moabite, delle quali una si chiamava Orpa, e l'altra, Rut; e abitarono là per circa dieci anni. Poi Malon e Chilion morirono anch'essi, e la donna restò priva dei suoi due figli e del marito. Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene dalle campagne di Moab, perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli del pane. Partì dunque con le sue due nuore dal luogo dov'era stata, e si mise in cammino per tornare nel paese di Giuda. E Naomi disse alle sue due nuore: "Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre; il Signore sia buono con voi, come voi siete state con quelli che sono morti, e con me! Il Signore dia a ciascuna di voi di trovare riposo in casa di un marito!" Le baciò; e quelle si misero a piangere ad alta voce" (Rut 1:3-9). Il pianto è la manifestazione di un sentimento o di una emozione, può essere anche il risultato di una situazione momentaneamente limitata, oppure può testimoniare qualcosa di molto più profondo e duraturo. Ecco alcuni esempi biblici:
>> Il pianto di Esaù
L'esperienza di Esaù fu tragica.
Egli vendette il diritto della primogenitura per un piatto di lenticchie:
"Or mentre Giacobbe faceva cuocere una minestra, Esaù sopraggiunse dai
campi, tutto stanco. Esaù disse a Giacobbe: "Dammi per favore da mangiare
un po' di questa minestra rossa, perché sono stanco". Perciò fu chiamato
Edom. Giacobbe gli rispose: "Vendimi prima di tutto la tua
primogenitura". Esaù disse: "Ecco, io sto morendo; a che mi serve la
primogenitura?" Giacobbe disse: "Prima, giuramelo". Esaù glielo
giurò e vendette la sua primogenitura a Giacobbe. Allora Giacobbe diede a Esaù
del pane e della minestra di lenticchie. Egli mangiò e bevve; poi si alzò, e se
ne andò. Fu in questo modo che Esaù disprezzò la primogenitura" (Genesi
25:29).
Lo scrittore dell'epistola agli Ebrei, ricordando quest'avvenimento parla delle
lacrime di Esaù, "lacrime senza ravvedimento": "Che nessuno sia
fornicatore, o profano, come Esaù che per una sola pietanza vendette la sua
primogenitura. Infatti sapete che anche più tardi, quando volle ereditare la
benedizione, fu respinto, sebbene la richiedesse con lacrime, perché non ci fu
ravvedimento" (Ebrei 12:16,17).
>> Il pianto di Saul
Saul, vinto dalla gelosia,
perseguitò Davide con l'unico scopo di ucciderlo. Quando Saul si rese conto
della rettitudine di Davide, pianse e non continuò a inseguirlo. Ma questo
avvenne solo per un periodo di tempo limitato. Saul tornò ad odiare Davide. Le
sue lacrime testimoniavano solo di una emozione momentanea: "Quando Davide
ebbe finito di dire queste parole a Saul, Saul disse: "É questa la tua
voce, figlio mio, Davide?" E Saul alzò la voce e pianse" (1Samuele
24:17).
>> Il pianto della moglie di Sansone
Anche la moglie di Sansone pianse.
Ma le sue lacrime erano finte e menzognere: "La moglie di Sansone si mise
a piangere presso di lui e a dirgli: "Tu non hai per me che dell'odio e
non mi ami; hai proposto un enigma ai figli del mio popolo, e non me l'hai
spiegato!" Egli a lei: "Ecco, non l'ho spiegato né a mio padre né a
mia madre e lo spiegherei a te?" Lei pianse presso di lui, per i sette
giorni che durava il convito, il settimo giorno Sansone glielo spiegò, perché
lo tormentava; e lei spiegò l'enigma ai figli del suo popolo" (Giudici
14:16,17).
>> Il pianto di Davide e Gionatan
Ben diverse erano le lacrime che
bagnarono i volti di due grandi amici: Davide e Gionatan. Le loro lacrime
parlavano di un amore profondo, vero, sincero, genuino. La loro amicizia ed il
loro affetto ancora oggi sono di insegnamento per ogni credente: "E come
il ragazzo se ne fu andato, Davide si alzò dal lato sud, si gettò con la faccia
a terra e si prostrò tre volte; poi i due si baciarono e piansero insieme;
Davide soprattutto pianse dirottamente" (1Samuele 20:41). Se il pianto di
Orpa, di Esaù, di Saul, della moglie di Sansone erano fini a se stessi, altri
pianti testimoniano invece il desiderio di benedizione e di comunione con Dio
nonché di ravvedimento. Ecco alcuni esempi.
>> Il pianto di Giacobbe
Il suo pianto testimoniava del
profondo desiderio di ricevere da parte del Signore una benedizione
particolare. Anche noi dobbiamo essere mossi dal suo stesso desiderio. Spesso
chiediamo al Signore una benedizione particolare, spesso piangiamo, ma al
pianto dobbiamo accompagnare la ferma decisione, il forte desiderio di voler
essere veramente e profondamente benedetti da Dio: "Giacobbe rimase solo e
un uomo lottò con lui fino all'apparire dell'alba quando quest'uomo vide che
non poteva vincerlo, gli toccò la giuntura dell'anca, e la giuntura dell'anca
di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E l'uomo disse:
"Lasciami andare, perché spunta l'alba". E Giacobbe: "Non ti
lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto !" (Genesi 32:24-26).
Osea 12:5: "Lottò con l'Angelo e restò vincitore; egli pianse e lo
supplicò".
>> Il pianto di Pietro
Il pianto di Pietro testimoniava del
suo profondo dolore per il peccato commesso. Il suo fu un vero cordoglio.
Leggendo in sequenza nei tre Vangeli ciò che accadde quel giorno nella vita di Pietro,
forse comprenderemo, seppur solo in parte il suo reale stato di cordoglio:
· Matteo 26:75: "Pietro si ricordò delle parole di Gesù che gli aveva dette: "Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte", E, andato fuori, pianse amaramente".
· Luca 22:61,62: "E il Signore, voltatosi, guardò Pietro; e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detta: "Oggi, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte". E, andato fuori, pianse amaramente".
· Marco 14:72: "E subito, per la seconda volta, il gallo cantò. Allora Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detta: "Prima che il gallo abbia cantato due volte, tu mi rinnegherai tre volte". E si abbandonò al pianto".
Il pianto di Pietro testimoniava della
sofferenza della sua anima, del suo dispiacere e del dolore profondo che
provava. Secondo l'ordine stabilito da Dio il cordoglio viene prima del
trionfo. Quello del profeta Isaia, ad esempio, fu un vero cordoglio di fronte
alla gloria di Dio "Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle
labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi
hanno visto il Re, il Signore degli eserciti!" (Isaia 6:5).
È importante fare cordoglio per il nostro peccato: "La sera alberga da noi
il pianto ma la mattina viene il giubilo" (Salmo 30:5).
Se non facciamo cordoglio per il nostro peccato, come potremo sentire il
bisogno di pentirci? Il Signore interviene solo quando il nostro cuore è
pentito: "Il Signore é vicino a quelli che hanno il cuore rotto e salva
quelli che hanno lo spirito contrito" (Salmo 34:18).
>> Il pianto di una peccatrice
Nel vangelo di Luca si parla di una
donna che pianse ai piedi di Gesù e che unse i Suoi piedi di olio profumato:
"Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che
egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio
profumato; e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli
di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e
ribaciava i piedi e li ungeva con l'olio" (Luca 7:37-38).
Non conosciamo il nome di questa donna, ma sappiamo che non è né Maria
Maddalena, né Maria sorella di Lazzaro: "Mentre Gesù era a Betania, in
casa di Simone il lebbroso, venne a lui una donna che aveva un vaso di alabastro
pieno d'olio profumato di gran valore e lo versò sul capo di lui che stava a
tavola" (Matteo 26:6,7).
A conferma di quanto detto, l'avvenimento descritto da Luca avvenne in Galilea
e non in Betania, quindi trattasi di episodi diversi: "Qui gli offrirono
una cena; Marta serviva e Lazzaro era uno di quelli che erano a tavola con lui.
Allora Maria, presa una libbra d'olio profumato, di nardo puro, di gran valore,
unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la casa fu piena
del profumo dell'olio" (Giovanni 12:2,3).
Il pianto di questa donna testimoniava il suo profondo desiderio di essere
perdonata da Gesù Le sue lacrime dimostravano il suo profondo pentimento. Ella
sciolse finanche i suoi capelli con i quali asciugò i piedi del Maestro mostrando
così grande umiltà perché era umiliante per una donna ebrea sciogliersi i
capelli in pubblico e solo le serve potevano farlo se obbligate dai loro
signori. Questa donna invece fece tutto questo liberamente.
Gesù la perdonò per la sua fede: "E voltatosi verso la donna, disse a
Simone: "Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua, e tu non mi hai
dato dell'acqua per i piedi; ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha
asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono
entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non mi hai versato l'olio sul
capo; ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Perciò, io ti dico: i suoi
molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è
perdonato, poco ama". Poi disse alla donna: "I tuoi peccati sono
perdonati". Quelli che erano a tavola con lui, cominciarono a dire in loro
stessi: "Chi è costui che perdona anche i peccati?" Ma egli disse
alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace" (Luca 7:44-50).
Anche Gesù pianse. Il Suo amore ancora una volta era palese.
>> Il pianto di Gesù
Quando Gesù pianse? Non all'inizio
del Suo ministerio, ma verso la fine. Aveva incontrato tantissimi ammalati, tantissimi
bisognosi, ma Lui non era diventato un professionista, i suoi nervi non erano
diventati di acciaio. Alla fine del Suo ministerio è ancora sensibile ai
bisogni della gente.
a. Gesù pianse per l'incredulità della
gente
"Appena Maria fu giunta dov'era
Gesù e l'ebbe visto, gli si gettò ai piedi dicendogli: "Signore, se tu
fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto". Quando Gesù la vide
piangere, e vide piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, fremette
nello spirito, si turbò e disse: "Dove l'avete deposto?" Essi gli
dissero: "Signore, vieni a vedere!" Gesù pianse. Perciò i Giudei
dicevano: "Guarda come l'amava!" (Giovanni 11:32-36).
b. Gesù pianse su Gerusalemme
Gesù pianse su questa città perché
conosceva il suo triste destino. Nel 70 d.C. Gerusalemme sarà rasa al suolo
dall'esercito Romano, guidato da Tito: "Quando fu vicino, vedendo la
città, pianse su di essa, dicendo: "Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che
occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi. Poiché verranno su di
te dei giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti
accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli
dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai
conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata" (Luca 19:41-44).
Orpa pianse, ma poi scelse di restare in Moab. Quante persone come Orpa, hanno
pianto dinanzi alla presenza di Dio, più per emozione che per conversione.
Grazie a Dio, tanti altri, alle lacrime, hanno fatto seguire un vero, sincero e
profondo pentimento.
LA SCELTA DI ORPA
Dopo tante lacrime, Orpa scelse di restare a Moab: "Allora esse piansero ad alta voce di nuovo; e Orpa baciò la suocera ma Rut non si staccò da lei" (Rut 1:14).
1. Orpa rifiuta il pane di Betlemme
Dio era tornato a provvedere il pane
a Betlemme, ma neanche questa bella notizia la convince a lasciare Moab:
"Allora si alzò con le sue nuore per tornarsene dalle campagne di Moab,
perché nelle campagne di Moab aveva sentito dire che il Signore aveva visitato
il suo popolo, dandogli del pane" (Rut 1:6).
2. È come se Orpa rifiutasse Cristo Gesù
Il Salvatore nacque a Betlemme, casa
del pane, per diventare Egli stesso il pane della vita: "Allora essi gli
dissero: "Quale segno miracoloso fai, dunque, perché lo vediamo e ti
crediamo? Che operi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è
scritto: "Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo".
Gesù disse loro: "In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il
pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal
cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al
mondo". Essi quindi gli dissero: "Signore, dacci sempre di codesto
pane". Gesù disse loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me
non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete" (Giovanni
6:30-35).
3. Rifiuta di far parte del popolo di Dio
Mentre Rut dirà alla suocera:
"Il tuo popolo sarà il mio popolo, il tuo Dio sarà il mio Dio", Orpa
invece sceglie di restare a Moab. Come fu infelice la sua scelta. Ella non
volle far parte del popolo di Dio, ma restare in mezzo ad un popolo che non
conosceva e non adorava il vero Dio.
Orpa è la figura di tanti che piangono toccati dalla Parola di Dio, che si
commuovono ascoltando le testimonianze, ma come Orpa non sono disposti a
lasciare Moab: "Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse:
"Io ti seguirò dovunque andrai". E Gesù gli rispose: "Le volpi
hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non
ha dove posare il capo" (Luca 9:57).
4. Orpa tornò indietro
Orpa decide di ritornare indietro
dopo aver cominciato a camminare verso Betlemme: "Allora esse piansero ad
alta voce di nuovo; e Orpa baciò la suocera, ma Rut non si staccò da lei. Naomi
disse a Rut: "Ecco, tua cognata se n'è tornata al suo popolo e ai suoi
dei" (Rut 1:14).
Tutte e tre le vedove si levarono per tornare nel paese della Giudea. Le aveva
unite la triste e la buona notizia. Ma non tutti quelli che partono, arrivano:
"Poiché molti sono i chiamati e pochi gli eletti" (Matteo 22:14).
Venne il tempo della selezione e della decisione personale. È triste tornare
indietro, vi è solo tristezza, morte: "Allora il Signore fece piovere dal
cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte del Signore; egli distrusse
quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti delle città e quanto
cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò
una statua di sale" (Genesi 19:24-26).
Chi torna indietro non è adatto al Regno di Dio: "Un altro ancora gli
disse: "Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa
mia". Ma Gesù gli disse: "Nessuno che abbia messo la mano all'aratro
e poi volga lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio" (Luca
9:61).
Tanti personaggi nella Bibbia sono tornati indietro come Orpa; uno di questi è
per esempio Dema collaboratore dell'apostolo Paolo: "Perché Dema, avendo
amato questo mondo, mi ha lasciato e se n'è andato a Tessalonica"
(2Timoteo 4:10).
Dio non gradisce tali decisioni: "Ma il mio giusto vivrà per fede e se si
tira indietro, l'anima mia non lo gradisce" (Ebrei 10:38).
Orpa sprecò l'occasione di conoscere personalmente l'Iddio di Israele. Ciò che
aveva sentito dire di Dio in quella famiglia ebrea, era destinato a
dimenticarlo, tornando alla sua vecchia vita: "Lo stolto che ricade nella
sua follia, è come il cane che torna al suo vomito" (Proverbi 26:11).
L'apostolo Pietro con forza sottolinea questo pensiero: "Se infatti, dopo
aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e
Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la
loro condizione ultima diventa peggiore della prima. Perché sarebbe stato
meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla
conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento che era stato dato loro. É
avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: "Il cane è tornato
al suo vomito", e: "La scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel
fango" (2Pietro 2:20-22).
Conclusione
Orpa è figura di un simpatizzante,
"quasi salvato", che torna indietro. Orpa torna al suo popolo pagano,
ai suoi dei. Non ha un amore tanto forte, non ha preso una decisione così ferma
da superare la prova della scelta tra una vita "normale" ed un
cammino di fede.
Essa è Orpa, cioè "collo duro", perciò girò le spalle alla suocera,
alla cognata, al popolo di Dio e soprattutto a Dio stesso, al vero Dio.
Somiglia a quei credenti che partono, che dicono e fanno capire di essere tali,
ma non sono quelli che si vantano di essere. Alla prima difficoltà o subito dopo,
tornano indietro. Conoscono, ma non perseverano. Essi sono quelli che si
impelagano in tutte le altre cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo,
l'amore di Dio non è in lui: "Non amate il mondo né le cose che sono nel
mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui. Perché tutto ciò
che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e
la superbia della vita, non viene dal padre, ma dal mondo. E il mondo passa con
la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno"
(1Giovanni 2:15-17).
Per tutti noi credenti vi è un monito a ritenere fermamente la professione
della nostra fede e a continuare a camminare con Dio: "Ascoltate la mia
voce sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate in tutte le vie
che io vi prescrivo affinché siate felici" (Geremia 7:23).
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