"Or mentre Egli era in Gerusalemme per la festa della Pasqua,
molti credettero nel suo nome, vedendo i miracoli che Egli faceva. Ma Gesù non confidava
in loro perchè conosceva tutti. E perchè non aveva bisogno che alcuno gli
testimoniasse d'alcun uomo, perchè conosceva quello che era
nell'uomo"
(leggi - Giov . 2:23; 3:21;7:50-53;19:38-41).
Quanti. quali miracoli l'Evangelista non dice: scopo precipuo dello
scrittore è rilevare una certa fede imperfettta, fondata non sull'accettazione
di Gesù, ma su quello che Egli faceva. Fede, quindi, eccitata dalle emozioni
dell'ora, e che non aveva fondamento durevole, e della quale Gesù diffidò
sempre, conoscendo la instabilità dell'umana natura.
"Or v'era un uomo, tra i Farisei, il cui nome era Nicodemo,
rettore dei Giudei."
Desideriamo notare la connessione immediata di questo verso del cap. 3
coi precedenti.
Proprio in quella occasione "Or", a causa di quelle popolari
impressioni, un nuovo personaggio è presentato. Gesù non aveva bisogno che
alcuno gli testimoniasse dell'uomo, sapeva quello che era nell'uomo, ed un uomo
tra i Farisei. Questa ripetizione della parola uomo non è un caso, e ci dice
che anche Nicodemo, come il popolo, era rimasto impressionato dai miracoli.
Egli apparteneva alla classe riverita dei Farisei ed era rettore del
Giudei.
"Costui venne a Gesù di notte, e gli disse: Maestro, noi sapiiamo
che tu sei un dottore venuto da Dio; poichè nessuno può fare i segni che tufai,
se Iddio non è con lui".
E' rimarchevole come l'Evangelista scolpisca i caratteri salienti dei
personaggi e delle scene descritte. "Costui". Questo fariseo,
rettore, e uomo su per giù come gli altri uomini, venne a Gesù di notte. La sua
autorità, ed il nome che godeva, lo avevano reso circospetto, a non cercare, di
giorno, il nuovo personaggio, su cui si faceva allora tanto parlare. Criticare
a questa distanza di luoghi e tempi quella circospezione sarebbe leggerezza;
l' "uomo" che scrive e l'altro che legge, nel posto di
Nicodemo, avrebbe fatto, forse, anche meno. Invero, dal punto di vista delle
opinioni correnti del giudaismo, e specie tra i Farisei, la visita di Nicodemo
a Gesù poteva considerarsi un atto di degnazione; poi essa va giudicata
diversamente.
"Maestro noi sappiamo". E' a questo modo, di regola, che gli
uomini cercano di avvicinare il problema religioso, e nell'affermazione di
Nicodemo c'era quasi la voce di una classe "Noi", come che egli,
facendosi responsabile anche dell'opinione altrui, venisse a Gesù più
coll'intenzione di proteggerlo che altro. Diceva dunque di sapere:"Tu sei
un dottore venuto da Dio", nè più nè meno "un dottore". E ne dà
la ragione, "poichè nessuno può fare i segni che tu fai, se Iddio non è
con lui". In una parola gli diceva: ti riconosciamo dottore per i segni
che tu fai. I segni non la sostanza dell'insegnamento avevano colpito il
rettore giudeo; ed appunto di questa febbre dietro a segni e miracoli chè Gesù
provò sempre fastidio.
E,forse, era stata dettata da non poca curiosità più che da un reale
interesse: ilvecchio uomo non voleva per nulla rininziare alle sue
vedute, e pare avesse cura a non nascondere e la sua ascendenza e il suo motivo
per cui chiamava Gesù dottore.
Può ben darsi fosse venuto con un programma di interrogazioni, e forse
gli aspettava che Gesù gli mostrasse gratitudine per quella visita, veniente da
un uomo venerato ed in alta posizione. pago della sua visita e del saluto porto
a Gesù aspettava che il Maestro parlasse per meglio conoscerlo. risposta egli
direttamente non volevva, perchè le sue parole non erano, apertamente una
domanda.
Ma Gesù rispose. Rispose, non alla interrogazione diretta, ma a tutto
il possibile contenuto dei pensieri di Nicodemo, e gli disse: "In verità,
in verità io ti dico che se uno non è nato di nuovo (cioè nato dall'alto), non
può vedere il Regno di Dio".
Questa domenda era del tutto inaspettata e fuori del corso dei pensieri
di Nicodemo: il tono, il modo reciso delle parole di Gesù facevano un contrasto
all'attitudine del visitatore, e noi crediamo fermare un momento lo sguardo su
quella scena notturna, avanti di seguire il colloquio dei due personaggi.
Un certo desiderio del nuovo, misto al pregiudizio dell'antico avevano
portato Nicodemo a Gesù; un'ammirazione pel giovane rabbino ed un desiderio di
non compromettersi gli avevano fatto determinare la visita, di notte. una
meraviglia provata per le sue opere, e nello stesso tempo il pregiudizio verso
ogni cosa che sapesse di forestiero a Gerusalemme, specie venienti di Galilea,
avevano dettato alla sua dichiarazione un tono e parole, per cui in parte molto
concedeva, ed in parte molto limitando, esprimeva una mezza ammirazione, ed
imperfetta confessione, chiusa ermeticamente, però agli estremi da un "Noi
sappiamo" e da "pei segni che tu fai".
Inoltre la coscienza della sua posizione sociale, l'età del personaggio
che visitava, e l'abbandono di cui questi si trovava da parte delle persone
notevoli di Gerusalemme, che, con studio, si tenevano distanti, davano a
Nicodemo una certa aria paterna verso l'esordiente e giovane dottore, al quale
egli veniva a portare onore con una visita quasi inattesa, e senza dubbio assai
gradita. Ma la risposta di Gesù, così assoluta dovè alla prima suonare non solo
incomprensibile, ma strana, a dir poco, per quell'uomo, in quell'occasione.
I due personaggi erano difronte: un vecchio canuto, cui stava dietro un
passato onesto e rispettato; un giovane maestro, forestiero, che, agli occhi di
Nicodemo aveva a sole credenziali dei segni che aveva fatti. Quando questo
giovane, troncando in anticipazione il corso possibile di un lungo ragionare,
portò la parola su un terreno affatto nuovo, il vecchio non potè non guardarlo
meravigliato. E tale sorpresa è facile immaginare, sapendo che, a misura
andiamo innanzi negli anni, ci andiamo sempre più infarcendo di pretensioni per
la nostra esperienza, e ripetiamo a noi stessi, con compiacenza, "noi
sappiamo, noi sappiamo, noi sappiamo."
Nicodemo, ci è lecito immaginarlo, spalancò gli occhi, aprì la bocca e
ne tirò fuori un oh, e si passò la mano sulla barba canuta, mostrando tutta
un'espressione che rifletteva le varie impressioni, dalla meraviglia al
disinganno e forse al dolore.
"In verità in verità io ti dico". Quasi che in risposta al
suo "Noi sappiamo" il giovane Galileo gli dicesse: Tu non sai nulla.
Tutto un piano di pensieri, esperienze valeva nulla; e pareva, che, di un
colpo, tutto il sapere di Nicodemo cadesse in quelle "In verità, in
verità" e seguiva un'affermazione che lo sbalordiva. Quel giovane Maestro
ingigantiva al di sopra di tutta l'esperienza ed autorità di Nicodemo, e con
un'affermazione ancora più incompresnsibile aggiungeva: "io ti dico".
Io, non noi, Io; uno solo assumeva la responsabilità di affermare. Io,
e chi era da pronunciare quell'io così assoluto?, e diceva, nientemeno, questo
che cioè, nessuno aveva forza, capacità di vedere, semplicemente vedere il
tempio di Dio, se non fosse nato di nuovo. Nessuno, dunque neppure lui,
Nicodemo. E i suoi studi, e la sua lunga e onorata esperienza? Nulla. La
risposta di Gesù, sull'affermazione "io ti dico" era dunque,
parafrasandola: "In vero tu non sai ciò che è necessario perchè io ti
dico, che se alcuno, chiunque esso sia, non è nato di nuovo non può ottenere
neppure la visione del Regno di Dio". Gesù tacque.
Esaminando le parole di Nicodemo "Come può un uomo essendo vecchio
nascere", io mi sono domandato perchè Nocodemo abbia addirittura risposto.
Certo che le parole di Gesù non le aveva comprese, e le credeva incompresibili.
Inoltre, nella mente del vecchio dov'è passare un rapido dubbio, ma solo un
baleno, perchè fissando quel giovane maeestro dallo sguardo sereno e sicuro non
si sentì di troncare il colloquio. Gesù non gli appariva fuori di senno, e nè
gli sembrava aver risposto a quel modo per offenderlo: quell' "io ti
dico", audace quanto poteva sembrare, portava un accento tanto sicuro, che
Nicodemo si sentì tratto a rimanere. Con altri avrebbe troncato il colloquio,
dinanzi a Gesù rimase, e si fece interrogante: "Come può un uomo essendo
vecchio nascere?"
E' questa interrogazione ed obbiezione, nello stesso tempo, anzi sembra
più obbiezione che interrogazione, come dicesse impossibile nascere di nuovo,
come è impossibile al vecchio tornare bambino.
Gesù aveva rifiutato questioni e controversie, e fè ora appello alla
natura spirituale di Nicodemo. La religione cristiana, benchè in armonia colla
ragione e la coscienza, è principalmente appello a qualche cosa che è più della
ragione e della coscienza. V'è momento nella nostra vita in cui siamo mossi
verso Gesù non dall'intelletto, ma da una forza nuova di cui, alle prime, non
sappiamo dare conto. Gesù mostrò a Nicodemo, che, al di sopra di tutte le
questioni, l'importante domanda è : sono nato di nuovo?
Dunque, Nicodemo gli disse: "Come può un uomo essendo vecchio
nascere?"
Gesù rispose: "In verità, in verità" ancora la stessa
affermazione "io ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non
può entrare nel Regno di Dio".
Prima aveva detto "vedere", ora "entrare". Due
stadii: prima di possedere il fatto, il regno di Dio, bisogna averne la
percezione spirituale - e l'uomo naturale non ha potere a percepire
il regno spirituale.
"Ciò che è nato dalla carne è carne; ma ciò che è nato dallo
Spirito è spirito". Vi sono, dunque, due nascite, l'una fisica, l'altra
spirituale; vi sono due regni e due entrate.
L'Entrata in questo Regno spirituale ha la sua condizione essenziale di
essere; bisogna prima nascere. Senonchè a misura che Gesù parlava, la
meraviglia crescente si designava sul volto di Nicodemo, e Gesù quindi
proseguì: "Non meravigliarti che io ti ho detto che conviene nascere di
nuovo. Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il suono, ma non sai nè donde
viene, nè dove va; così avviene d'ogni nato dallo Spirito". Di vero,
nessuno può vedere, discutere la direzione del vento, e così nessuno può
ragionare e comprendere il movimento dello Spirito. Nicodemo rispose e gli
disse: "Come possono farsi queste cose?"
"Come". Il "come" delle cose ci è misterioso. Gesù
proseguì: "Tu sei il dottore d'Israele e non sai queste cose?" non è
una domanda questa, nel vero senso della parola, ma una dimostrazione, come se
Gesù dicesse: Vedi, dunqe, Nicodemo; che, in forza della tua dottrina non puoi
sapere queste cose.
"Tu sei un dottore" aveva detto Nicodemo a Gesù. Tu, dottore,
non puoi sapere queste cose, aveva replicato Gesù a suo tempo. Egli voleva che
il suo visitatore avesse di lui un concetto ben più alto. Continuò: "In
verità, in verità, io ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo, e
testimoniamo di ciò che abbiamo veduto; ma voi non ricevete la nostra
testimonianza". E, ancora un passo più avanti. "Se io vi ho parlato
delle cose terrene e non credete, come crederete quando vi parlerò delle cose
celesti?" Egli dunque poteva parlare delle cose celesti.
Non si ferma. "O, niuno è salito in Cielo, se non colui che è
disceso dal Cielo, cioè il figliol dell'uomo che è nel Cielo". Egli era dunque
il testimone delle cose del Cielo. E non è tutto. "E come Mosè alzò il
serpente nel deserto, così conviene che il Figliol dell'uomo sia innalzato,
affinchè chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna".
Vi sono due "deve". "Si "deve" nascere di
nuovo". "Il Figliol dell'uomo "deve" essere
innalzato". Nicodemo cercava altro e si trovava difronte al Salvatore.
E andando avanti Gesù annuncia a la croce.
Ricordava Nicodemo quell'episodio della storia del suo popolo, quando
erranti nel deserto, a seguito dei loro mormorii, gli Ebrei venivano morsi dai
serpenti ardenti, e Mosè aveva interceduto al Signore, ed il Signore aveva
ordinato si fosse costruito un serpente di rame, ed innalzato su un'antenna,
perchè chiunque lo avesse riguardato guarisse dai morsi velenosi.
Irragionevole a molti Ebrei doveva sembrare quell'atto di riguardare
quell'oggetto che aveva le forme, ma non la vita del serpente; ma che, ad ogni
modo, coloro che, in fede, riguardavano erano guariti.
E doveva Nicodemo, inoltre, comprendere che quelle cose erano un tipo;
perciò "Così conviene che il figliol dell'uomo sia innalzato" a
vista, affinchè chiunque crede in Lui non perisca ma abbia vita Eterna".
Si noti quel "non perisca" prima, come a dire che solo col
Salvatore non si perisce, che senza di Lui non solo non si ha vita eterna, ma
si perisce. " Chiunque crede in Lui". Bisognosi erano gli Ebrei nel
deserto; bisognosi siamo tutti noi.
Se vogliamo comprendere Cristo dobbiamo comprendere il peccato. E' solo
la conoscenza di me stesso e del mio bisogno che mi può far cercare ed
apprezzare il salvatore. Chi non si sente bisognoso, non cerca il
Salvatore, ma checchè egli pensi, perisce; perchè è solo in Lui che non si è
perduti. Gesù più che maestro, ed esempio, è dunque, il Salvatore, innalzato
sulla croce.
E perchè questo Salvatore? sentite: "Poichè Iddio ha tanto amato
il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliolo, acciocchè chiunque crede in
lui non perisca, ma abbia vita eterna".
Ripeterle all'infinito queste parole non sarebbe troppo. Il perchè di
questo Salvatore, del sacrificio di Gesù è dunque, l'amor di Dio "tanto
amato il mondo che".
Chi può misurare questo termine di paragone "tantoche",
immenso come l'infinito. Oh! è si tenero e profondo quanto smisurato l'amore di
Dio. E Gesù continua: "Conciossiacchè Iddio non abbia mandato il suo
figliolo nel mondo, acciochè condanni il mondo, anzi, acciocchè il mondo sia
salvato per Lui".
Io sono inabile a pesare questa ripetizione.
Non c'è bisogno che Gesù qui venisse per condannarco. eravamo già
periti senza di lui.
Aggiunge: "Chi crede in lui non sarà condannato, ma chi non crede
è già condannato, perciocchè non ha creduto nel nome dell'unigenito Figliolo di
Dio". Notate i due "perciocchè"; il primo che che spiega la
croce, l'amore di Dio; l'altro che spiega la condanna, la reiezione del
Figliolo di Dio.
Tra questi due "perciocchè" c'è l'amore di Dio una volta
accettato, una volta respinto.
"Or questa è la condannazione che la luce è venuta nel mondo, e
gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce, perchè le loro opere erano
malvage. Conciossiacchè chiunque fa opere malvage odii la luce, e non venga
alla luce, di Dio, che è poi la reiezione dell'amore di Dio, acciocchè le sue
opere non siano convinte".
Ma ascoltate ancora: Gesù, l'espressione dell'amore di Dio non può
finire senza la parola d'incoraggiamento e di speranza. Ma colui che fa le
opere di verità, viene alla luce, acciocchè le opere sue sieno palesate, perchè
sono fatte in Dio.
Gesù tacque; Nicodemo aveva già cessato dall'interrogare. I due
si separarono.
E poi? E' passato più di un anno e gesù è di nuovo in Gerusalemme: i
principale sacerdoti ed i Farisei avevano dato ordine ai sergenti di trovare il
modo di arrestarlo. "I sergenti erano tornati dicendo: Niun uomo parlò
giammai come costui. - Laonde i farisei risposero loro: Siete punto
ancora voi stati sedotti? Ha qualcuno dei Rettori o dei Fraisei creduto in Lui?
Ma questa moltitudine che non sa la legge è maledetta".
Fu allora, in quel consesso che si levò una voce interrogativa:
"La nostra legge condanna essa l'uomo, avanti che egli sia stato udito, e
che sia conosciuto ciò che egli ha fatto?".
Notate la forza di simile interrogazione: farisei e sacerdoti credevano
di conoscere la legge; e proprio all'osservanza della legge venivano
richiamati. Si può, in forza della legge che voi, che noi conosciamo,
condannare prima di udire l'accusato, anzi si può accusarlo senza conoscere ciò
che ha fatto? Domanda coraggiosa questa per quel luogo e per quegli uomini e
subito dopo le parole aspre rivolte ai sergenti.
"Ha alcuno dei rettori, o dei farisei creduto in lui?"
L'interrogazione diretta al consesso, dunque, nell'atmosfera tutta
ostile a Gesù, dove non era facile comprendere se un partigiano di Gesù si
trovasse esposto allo scherno od all'odio, e benchè fatta in omaggio alla
legge, è indice sicuro di amore e devozione.
"Nicodemo, quel che venne di notte a Gesù, il quale faceva parte
di quel consesso". Lettore, prima di aspettare maggiore eroismo da
nicodemo, portati con la mente ai luoghi, tempi, circostanze e giudica se tu
stesso avresti agito meglio, o non taciuto addirittura. Ed inoltre, le parole
di Nicodemo sono ricordate, ma il tono con cui le disse, il suo contegno, non
sono descritti e possiamo solo indovinarli da quello che risposero i Farisei.
"E gli dissero: Sei punto ancor tu di Galilea? investiga e vedi
che profeta alcuno non sorse mai di Galilea".
Galileo veniva chiamato Gesù, e Galilei i suoi discepoli, per disprezzo.
Tu pure suo discepolo, a fargli capire che quel caloroso interesse non era
giustificato dal solo e nudo omaggio alla legge.
I Farisei perciò, evitando ogni discussione legale, subito affrontarono
la principale questione "Tu pure suo discepolo, ! Investiga e vedi che
profeta alcuno non sorse in Galilea".
Quell'interrogazione di Nicodemo rimaneva lì sgominante, e gli effetti
se ne videro per allora immediati; perchè, non senza ragione, l'Evangelista,
che pure in altri luoghi tronca le narrative, qui. la completa "E ciascuno
se ne andò a casa sua"
E poi? Che fece dopo Nicodemo, quale il suo contegno tra il popolo,
Gesù, il Sinedrio non è scritto.
Ha egli dimenticato Gesù, lo ha difeso o non è riuscito a salvarlo. ha
ceduto, volontario o impotnte, dinanzi all'uragano crescente, od alla fine gli
si è schierato contro? E se non contro, si è chiuso in indifferenza.
Io non
posso rispondere a tutte queste domande: ma se lo tentassi anche
imperfettamente, dovrei scrivere a lungo.
Apriamo
di nuovo lo stesso Evangelo. Questa volta siamo dinanzi ad una scena desolante.
Sulla vetta del Calvario sono innalzate tre croci, che sostengono tre cadaveri,
in quella di mezzo è sospeso un giovane da poco spirato. Un giovanotto e
qualche donna sono ai piedi della croce e piangono silenziosamente; vicino a
quelle tre croci è laffacendarsi duna opera. I Giudei hanno fretta di
togliere quei corpi, perché non rimangano sulla croce nel sabato, subito perciò
i tre corpi saranno staccati, e tratti in qualche vicino precipizio a seguire
gli altri corpi dei condannati. Mi volgo intorno sulla via di Gerusalemme, o
tra il popolo che si va disperdendo, ad attendere qualcuno venga a dare
sepoltura al corpo di Gesù. So che Egli ha fatto del bene, sempre;
verranno, penso, in turba i poveri che Egli ha tanto amati, gli storpii, i
ciechi sanati, formando una grata processione ai piedi della croce a togliere
il cadavere e procurargli onorata sepoltura. Nulla. Aspetto e guardo ancora:
ricordo che Giovanni Battista aveva avuto dei discepoli, e che essi ne avevano
domandato, e nientemeno, ad Erode, il cadavere, e qui era il corpo di uno più
grande di Giovanni Battista; che pure aveva avuto discepoli. Essi, perciò,
verrebbero a toglierne il cadavere; la legge non vietava la consegna dei corpi dei
condannati.
Guardo,
ma nulla. Sulla roccia disgraziata, tra poco unaltra opera nefanda sarà
commessa; quel giovane cadavere sarà staccato da rozze mani, e senza riguardo
alcuno, tratto nel vicino precipizio.
Comprendo:
nessuno verrà. Gesù e la sua causa sono tramontati per sempre; i discepoli
terrorizzati, sbandati, il popolo dimentico; le donne piangenti, ma quasi
oppresse dalla tragedia, svoltasi tanto rapida che le aveva istupidite.
Quelluomo benefico è stato infamato dalla morte, in croce.
Chi si curerà
più di Lui?
Nessuno.
Ma ecco, lungo la via che ascende al Calvario vedo arrivare due che, allandare
affannato mi paiono due vecchi, e più vicini, personaggi di una certa
importanza. Si avvicinano ai soldati, ai piedi della croce. E manifestano la loro
intenzione.
Essi
hanno ottenuto da Pilato il permesso di togliere il corpo.
Chi sono
essi? Leggiamo: Giuseppe di Arimatea il quale era discepolo di Gesù, ma
occulto per tema dei Giudei, chiese a Pilato di poter togliere il corpo. E
Pilato glielo permise. - San Marco dice di lui chegli era
Consigliere onorato, ed un altro Evangelista ci fa sapere che era uomo
ricco.
E chi
era laltro deciso anche egli a dare mano nel pietoso ufficio? -
Leggiamo: venne anche Nicodemo. Chi, quale Nicodemo?
LEvangelista
aggiunge col suo breve linguaggio, che si trae dietro cotanto significato che
al principio venne di notte a Gesù.
Nota
quei due venne. E venuto ora, quegli stesso, chera in un altro tempo venuto
di notte; venne - venne; tra questi due tempi vè tracciato un
grande tratto della vita di Nicodemo. E non venne solamente, ma venne portando
intorno a cento libre duna composizione di mirra e daloe.
Ricco
dono, generoso, e più che sufficiente per imbalsamare diversi cadaveri è destinato
ad uno solo.
Come
spiego tanta profusione? Non mandò a mezzo di servi il dono; ma egli
stesso volle vederlo ai piedi della croce. E non basta: Essi adunque (cioè
Giuseppe e Nicodemo) presero il corpo di Gesù e lavvolsero in lenzuoli, con
quegli aromati. Altrove avevano quei due nobili vecchi mandato ad ordinare ad
altri di staccare il corpo di Gesù .
Altro è
mandare altro è andare; altro è prendersi cura di un cadavere a mezzo di
subordinati, altro è colle proprie mani prenderlo ed avvolgerlo in lenzuoli.
Io li
vedo, dunque, do fronte luno allaltro che avvolgono quel cadavere. Mi
domando: si erano messi daccordo? Non sappiamo. Quando sincontrarono, ai
piedi della croce o prima? Non so. Pietoso ufficio davvero e atto coraggioso,
se si pensa da chi veniva compiuto, e verso ignominiosamente condannato.
Essi non
si vergognano; nei loro movimenti vedo la reverenza e lamore, e le loro mani
hanno tenera cura del cadavere. Come spiego tutto ciò? Sentite, è lEvangelista
che lo spiega, e lo lascia indovinare, in una frase, su Giuseppe di
Arimatea - discepolo occulto - come a dire, sino
allora occulto, ma ora non più, e per Nicodemo come una parentesi -
che venne a Gesù di notte - Vè un coraggio ora che copre quello
occulto e quella notte, coraggio che si è venuto maturando, per lungo
tempo.
Cosa
dissero fra loro i due vecchi? Come, tu qui? Mi pare di udire luno dire in
brevi accenti come egli non lo avesse quel maestro seguito pubblicamente, ma
che ora morto egli sentiva di amarlo anche più e che gli voleva rendere un
tributo di affetto e di omaggio, seppellendo il cadavere nel nuovo monumento. E
Nicodemo palesò al compagno di opera ciò che non aveva mai dimenticato, il
colloquio di quella notte.
Conviene
che il Figliuolo delluomo sia innalzato. Ahi, comprendo, esclamarono, giovine
maestro, comprendo ora le tue parole!
Leggiamo:
Or nel luogo era un orto, e nellorto un monumento nuovo, ove (notate) nessuno
era stato posto. E quivi adunque posero Gesù.
Giuseppe
di Arimatea e Nicodemo, erano andati forse senza sapere luno dellaltro, si
erano uniti nellopera, e tornarono in Gerusalemme insieme narrandosi con
sospiri e tra le lagrime, ciascuno le proprie relazioni con Gesù, e il crescere
in ciascuno di un amore potente, che li aveva tutti e due, come tratti da una
forza gigantesca, portati per vie diverse, ai piedi della croce.
G.ppe
Petrelli.-