MESSAGGI E MESSAGGERI POSITIVI
STUDIO DEI TERMINI
Prima di proseguire con lo
studio dei personaggi positivi, necessita dover
conoscere il significato biblico del termine "messaggero" nella sua
lingua originale.
Esso viene dall'ebraico "mal'ak" che a sua
volta deriva dalla radice "l'k" e significa
"mandare", allo stesso modo "mal'akut"
indica la funzione del messaggero.
Con i termini mal'ak o mal'akim
vengono indicate quelle persone che, in quanto
incaricate da qualcuno o da una moltitudine (Gen.32:4-7;
Num.22:5; I Sam.16:19; Num.21:21; ISam.11:3), devono
curare gli interessi dei loro mandanti. Il loro messaggio contiene di solito il
nome del mandatario e quello del destinatario (Num.20:14; Deut.2:26;Gen.32:4).
GLI INCARICHI DEL MESSAGGERO
Il mal'akim
non era solamente portatore di notizie, egli veniva
impiegato anche per altri scopi e pertanto i suoi incarichi erano diversi:
a. Comunicare notizie. Quando un mal'
akim veniva mandato per
portare messaggi e notizie assolveva quindi l'incarico proprio del messaggero
(Gen.32:4; Num22:5; Giud.9:3;
II Re 19:) .
b. Raccogliere informazioni per il suo mandatario;
Ciò avveniva quando i mal'akim venivano mandati come
esploratori e quindi esercitavano la funzione di osservatori. In Giosuè 6:17-25 gli esploratori inviati a Gerico precedentemente,
vengono chiamati appunto mal'akim.
c. Compiere una determinata azione a nome del proprio
mandante. Ciò si verificò quando Saul mandò un mal'akim con il compito di sorvegliare Davide (l Sam.19:1); quando i mal'akim di Joab tirarono fuori Abner dalla
cisterna di Sira (II Sam.3:26) ed anche quando Davide
mandò dei mal'akim a prendere Betseba
(IISam.11:4).
d. Portare persone dal proprio mandante. Ciò lo troviamo
quando Abigail fu condotta dai mal'akim
a Davide per diventare sua moglie.
IL RAPPORTO DEI MESSAGGERI CON IL LORO
MANDATARIO
Il rapporto dei mal'akim col loro mandante era un rapporto molto intimo e
stretto; essi ricevevano da lui pieni poteri per poter parlare o agire nel suo
nome e la loro identificazione con il mandante era così particolare che quando
parlava era come il mandante stesso (Giud.11:13; Il Sam.3:12; I Re 20:2). Maltrattare
i mal'akim era come trattare male il mandante (l Sam.25:14), e lo stesso mandante
poteva essere rimproverato dai suoi mal' akim.
GLI ANGELI MESSAGGERI DELL'ETERNO
La Bibbia ci parla di
"messaggeri" del Signore (i traduttori li presentano- come "angeli"),
che svolgono dei compiti da parte di Dio. Nelle Scritture, infatti,
riscontriamo, tra i tanti esempi, l' Arcangelo Michele
(Dan12:1 Giuda 9), l'angelo Gabriele (Dan.8:15-16;
Luca 1:19-26) e l' Angelo del Signore che è il Figliolo stesso di Dio (Gen.32:30; Es.23:20-23; 33:1-4;
ecc.) Esaminare questi messaggeri è utile perchè tra
gli incarichi affidati loro, scopriamo che sono portatori di "Buone
Novelle", quindi svolgono le funzioni proprie dell'araldo svolge.
Riferito agli Angeli, il mal'akim assume un
significato particolare; esso designa un incaricato di Dio, che quale deve
compiere la sua missione tra gli uomini consistente nella trasmissione di un
messaggio, o in un'azione da svolgere (Gen.16:9; 21:17;Giud.6:11; II Re 19:35 I
Cro. 21:12). In sintesi i
loro interventi erano:
a. interventi che salvavano dal pericolo o
dall'angustia tramite il messaggio verbale (Gen.19:10-11); Es.14:19; Num.20:16).l'annuncio della salvezza attraverso i
messaggeri dell'Eterno si verificavano in diversi modi: incaricando un
salvatore, come lo fu Gedeone (Giud.6:14);
invitando e spingendo colui che sta correndo un rischio, come Lot (Gen.19); aprendo gli occhi,
come al servo di Eliseo (ll
Re 6:17), e ad Agar minacciata dalla sete (Gen
21:19); e attraverso l'annuncio della nascita di un figlio: (Gen 16:11 e segg; Giud. 13:3 e segg.);
b. interventi che compivano la salvezza tramite
l'azione; Quando Lot esita ad eseguire l'ordine dei mal'akim, essi lo prendono e lo portano fuori della città
(Gen.19:16);
c. trasmissione dell' incarico ai profeti; Capitava che il mal'akim
Yhwh trasmetteva ad un profeta un incarico (l Re
13:18), o la parola di Dio che egli a sua volta avrebbe dovuto annunziare (l Cro.21:18).
d. Punizione attraverso sciagure e distruzione;
Il mal'akim Yhwh punisce il
popolo per il peccato di Davide (II Sam.24:16; I Cro. 21:15).
2. MESSAGGERI POSITIVI NELL' ANTICO TESTAMENTO
MOSÈ
Il personaggio che stiamo
prendendo in considerazione ci offre grandi ed
importanti argomenti di studio. La vita d'azione, le delusioni, la completa
sottomissione, la vigilanza, l'umiltà, le imprese, i fallimenti e così via sono lezioni da imparare. Approfondire tutto ciò
significherebbe dedicargli il resto della ricerca data la vastità di materiale
che la Parola di Dio ci offre, perciò ci limiteremo a
far risaltare l'importanza della sua preparazione e della sua formazione.
Quello che fu importante per Mosè, è importante per
tutti coloro che sentono una chiamata al ministerio della Parola.
LA NASCITA DEL MESSAGGERO (Es.2:1-10; Ebr.11:23).
Gli egiziani, per garantirsi il
cibo durante la carestia, avevano venduto a faraone tutto il loro bestiame, le
loro terre e se stessi, condannandosi così ad una
perpetua schiavitù. Giuseppe, saggiamente, pensò alla loro libertà, offrendogli
la possibilità di mantenere la proprietà del re, e pagare al faraone un tributo
annuo corrispondente ad un quinto del raccolto (Gen
47:24). In virtù di questo servizio reso da Giuseppe
all'Egitto, tutti i figli di Giacobbe ebbero un trattamento diverso: furono
autorizzati ad abitare una parte del paese, furono esentati dalle tasse e
forniti abbondantemente di cibo durante tutto il periodo della carestia.
Quando sorse il nuovo re in Egitto, improvvisamente gli israeliti, che fino ad allora erano stati liberi e stimati, si trovarono ad
essere schiavi, divisi in squadre di lavoro e sorvegliati a colpi di frusta. Ma, mentre faraone pensava che la schiavitù avrebbe fermato
lo sviluppo del popolo, la mano di Dio era all'opera e "più l'opprimevano,
e più il popolo moltiplicava e s'estendeva" (Es.1:
12). Il re, adirato per il fallimento del proprio progetto, con uno zelo che metteva in evidenza la sua paura, raddoppiò gli sforzi per
eliminare il popolo d'Israele dando l'ordine di gettare nel fiume tutti i figli
maschi che nascevano risparmiando le femmine (ES.1:22).
Mentre questo decreto era in pieno vigore nacque un figlio ad Amram e Jokebed, devoti israeliti
della tribù di Levi, i quali per la forza della loro fede in Dio non temettero
il re e nascosero per tre mesi il loro bambino prima di affidarlo alla corrente
del fiume: il nome di questo bambino fu Mosè.
Questo evento ci lascia intravedere tre cose: -Dio ha sempre un popolo fedele,
anche se in piccolo numero. Durante questo lungo periodo di
dura schiavitù in Egitto, molti israeliti mostrarono un declino spirituale, che
li condusse a conformarsi ai costumi e all'idolatria del posto. La loro
speranza di tornare nella terra promessa andò svanendo sempre più. Iddio, però,
aveva tra il popolo degli uomini che attendevano fedelmente la promessa e tra
questi ritroviamo i genitori di Mosè.
Il bimbo lasciato sul fiume, dalla madre, corse il richio
di essere trovato da qualche egiziano ed ucciso in ubbuideinza
al decreto del re, ma Dio vegliava su Israele e continuava ad intervenire. Non
fu per caso che il bambino cominciò a piangere proprio quando la figlia di
Faraone scese a bagnarsi nel Fiume, suscitandone così la compassione.
DIO ADEMPIE LE SUE PROMESSE
Dio avendo previsto la
schiavitù dl Suo popolo, promise ad Abramoi di
liberarlo e condurlo nella terra promessa al compimento del quattrocentesimo
anno (Genesi 15:13). Mosè
era il liberatore designato da Dio, il quale avrebbe guidato il suo popolo fuori dalla schiavitù egiziana.
La scelta del messaggero.
L'ora della decisione venne per
Mosè quando compì quarant'anni
(Atti 7:23). Egli non poteva più continuare ad
identificarsi con la corte egiziana la quale, considerava gli Israeliti una
massa di schiavi, destinati a rimanere tali fino alla completa estinzione ed
anche perché sapeva che Israele era il suo popolo e destinato da Dio a
diventare luce delle nazioni. Egli rifiutò di essere ufficialmente chiamato
figlio della figlia di Faraone (ebrei 11:24) e scelse
di essere maltrattato con il popolo di Dio, perché stimava il vituperio di
Cristo più grande delle ricchezze d'Egitto. All'età di 40 anni, Mosè uscì per visitare i suoi fratelli, pensando che essi
avrebbero capito che Dio li voleva salvare per mano sua (Atti 7:25). Le sue intenzioni erano buone, voleva aiutarli, perché
vivevano in grande miseria, oppressi dalla schiavitù;
sentiva di dover fare qualcosa per cambiare la loro sorte, vedeva chiaramente
che era tempo di agire; ma, i suoi fratelli non l'intesero e lo respinsero,
quando cercò di dividere i due israeliti che litigavano.
IL MESSAGGERO ALLA SCUOLA DI
DIO
Temendo faraone, Mosè fuggì a Madian e si sedette
presso un pozzo. Egli imparò in fretta ad accettare quelle circostanze come
permesse da Dio e, senza farsi fermare dalle amarezze, si sottomise alla
volontà divina. Fece, quindi, ciò che si presentò chiaramente alla sua portata
ed aiutò le figlie di Reuel ad abbeverare il gregge,
dimostrando il suo carattere di liberatore (Es.2:18-19). Intanto cominciò per Mosè
un nuovo periodo di altri quarant'anni.
Iddio lo trasse in disparte, lontano dagli sguardi e dalle influenze degli
uomini, per formarlo secondo la Sua volontà. I quarant'anni
precedenti portarono il loro utile profitto, ma non è
nulla paragonato con quello che Mosè imparò nel
deserto. A quarant'anni Mosè
credeva di essere qualcuno, quarant'anni
dopo sapeva di non essere nessuno, negli ultimi quarant'anni,
come vedremo in seguito, cercò, con l'aiuto di Dio di aiutare qualcuno. Fu nel
deserto, quindi, che Mosè imparò ad essere nessuno e
che non aveva nessuna potenza per aiutare gli altri.
LA CHIAMATA DEL MESSAGGERO
(Esodo 3 e 4; Atti 7:30-35) La promessa che Dio aveva
fatto ad Abramo si stava per compiere (Atti 7:17). Gli anni di silenzio avevano
forgiato Mosè come lo strumento che doveva condurre
il popolo di Dio nella terra promessa. Dio si rivelò a Mosè
per tale compito dopo quaranta anni di solitudine. Forse per Mosè era svanita om1ai ogni speranza per aiutare i suoi
fratelli in Egitto, ma Dio non aveva dimenticato. Infatti, un giorno gli si
manifestò in una fiamma di fuoco in mezzo ad un pruno e, dopo averlo fatto
avvicinare, gli disse: "or dunque vieni, e lo ti
manderò" (Es.3:10). Colui che parlava stava
manifestando tutta la Sua autorità. C'è un enorme differenza
tra l'essere mandato da Dio e il correre senza mandato. Mosè
non era ancora maturo per il servizio quando volle cominciare ad agire con le
sue forze uccidendo un Egiziano e cercando di mettere la pace tra i suoi
fratelli. Il momento di Dio giunge quando l'io è stato
annullato, allora soltanto si può essere strumenti nelle mani di Dio. A questo
punto Mosè si sente insufficiente ed oppone almeno
quattro ragioni per non andare:
L'incapacità Io non sono capace, non ho alcuna possibilità, non saprei
come fare. Mosè dice: "chi
sono io"? (Es 3:11). La
sua dichiarazione vuole affermare che ormai è divenuto uno sconosciuto e senza alcuna autorità, perciò gli è impossibile aiutare i suoi
fratelli. Allora Dio lo rassicura: "va perchè io sarò teco". Questa risposta doveva bastare,
ma Mosè non si convinse.
La mancanza del nome del mandante Per la ragione suddetta, Mosè rivolse a Dio un'altra domanda: "Ecco quando sarò
andato ..e avrò detto loro: l'lddio
dei vostri padri mi ha mandato da voi, se essi mi dicono: Qual'è
il Suo nome? che risponderò loro?" (V 13). E'
ancora più meraviglioso constatare l'amore di Dio che
si rivela a Mosè come l'Eterno. "lo sono Colui che sono". Colui che è
prima del tempo, nel tempo e dopo il tempo. Egli è l'immutabile.
L'incredulità dei suoi fratelli. Mosè ebbe
tutte le assicurazioni necessarie ma non gli bastarono perchè
aggiunge: "Ma ecco, essi non mi crederanno (Es.4:1). Allora Dio gli dà tre segni per confermare
l'autorità della missione, quali ricevuta dal Signore:
a. Il bastone trasformato in serpente.
Esempio del potere che Dio gli dava di fronte alla forza del
nemico.
b. La mano prima lebbrosa e
poi purificata;
Per dimostrare che solo Dio purifica il peccatore.
c. l'acqua del Nilo cambiata in sangue;
Con l'ordine di farlo solo nel caso in cui i due miracoli precedenti fossero
stati rigettati.
- L''essere balbuziente. Dopo tutto ciò il cuore di Mosè non fu ancora soddisfatto ed egli pone un'ulteriore
scusa: ".Io non sono un parlatore (4:10) "E
l'Eterno gli disse: ...io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai
dire (4:11-12).
Infine Mosè dice esplicitamente di
mandare un altro al posto suo perchè non riteneva
valida la scelta di Dio. La sua umiltà fece adirare Dio che lo costrinse ad
accettare. Proprio perchè Mosè
giunse a questo annullamento di se stesso, divenne:
"Uomo di Dio, uomo di fede, liberatore, conduttore, pastore, legislatore,
mediatore, intercessore, profeta, tipo di Cristo, la grande figura di Mosè resta davanti a noi affinché, considerando come ha
finito la Sua carriera, imitiamo la sua fede (Eb.13:
7).1
2.B. I GIUDICI
Il libro dei giudici è uno dei più tristi della storia del popolo di Dio, perchè esso racconta la terribile decadenza del
popolo d'Israele dopo la morte dopo la morte di Giosuè. La causa di questa
decadenza fu il conformarsi alla cultura pagana e, invece di cacciare i cananei, gli israeliti si unirono a loro. Infatti,
"quando Israele si fu rinforzato, assoggettò i cananei
a servitù, ma non li cacciò del tutto" (1:28). Il
Signore, da parte Sua, aveva puntualmente adempiuto le promesse fatte al suo
popolo; Giosuè aveva infranto la potenza dei cananei,
spartito il territorio conquistato tra le tribù. Al popolo d'Israele non
rimaneva altro che confidare nella promessa divina, per allontanare
completamente gli abitanti dal paese di Canaan. Essi,
però, trasgredirono apertamente gli ordini di Dio, alleandosi con loro e non
adempiendo la Sua Parola.
Iddio aveva loro parlato al Sinai, furono messi in
guardia contro l'idolatria subito dopo aver ricevuto la legge. Mosè aveva avvertito il popolo circa le nazioni di Canaan: "Tu non ti prostrerai davanti a loro dèi e non
servirai loro. Non farai quello che essi fanno; ma distruggerai interamente quegli dèi e spezzerai le loro colonne. Servirete l'Eterno
che è il vostro Dio, ed Egli benedirà il tuo pane e la tua acqua; ed io
allontanerò la malattia di mezzo a te" (Es. 23:24-25). Inoltre fu loro garantito per tutto il tempo in cui
avrebbero ubbidito, Dio avrebbe sottomesso i loro
nemici (Es.23:27-33). Queste direttive, dettate in
maniera solenne da Mosè, furono ripetute anche da
Giosuè.
Gli Israeliti, però, non curanti della legge di Dio, scelsero le maledizioni di
una vita facile e disubbidiente. Essi si imparentarono
con i cananei e l'idolatria si diffuse in tutto il
paese: "Servirono i loro dèi i quali divennero per essi un laccio, e
sacrificarono i loro figlioli e le loro figliole ai demòni..e
il paese fu profanato dal sangue versato..Onde l'ira
dell'Eterno si accese contro il suo popolo, e quelli che li odiavano li
signoreggiavano" (Salmo 106:36-40). La trascuratezza con cui coloro che erano entrati in possesso di Canaan,
considerarono gli ordini dati dal Signore, recò per molte generazioni frutti
amari. I loro peccati li allontanavano da Dio ed essi, non avendo più l'aiuto
divino, finirono per essere assoggettati proprio da quei popoli che avrebbero
dovuto conquistare con l'aiuto di Dio.
Tuttavia, Dio non dimenticò il suo popolo. Vi era sempre una
minoranza fedele all'Eterno, e di tanto in tanto il Signore chiamò
uomini fedeli e valorosi per mettere fine all'idolatria e liberare gli
israeliti dai loro nemici. Ma dopo che il liberatore
moriva ed il popolo non era più controllato, ritornava gradualmente ai propri
idoli. Così la storia fatta di apostasia e di
castighi, di confessione e liberazione, si ripeteva continuamente. Quello che
interessa a noi, non è tanto vedere la decadenza spirituale, morale e fisica del popolo di Dio, ma è piuttosto considerare questi
uomini, chiamati giudici e suscitati da Dio, che con un messaggio da parte del
Signore spronarono il popolo al ravvedimento, sconfiggendo i loro nemici e
compiendo così gloriose liberazioni. Questo libro è' stato giustamente definito
un commentario di I Corinzi 1:21-28, in quanto più di
una volta Dio usò strumenti deboli e cose che non ! sono, per svergognare le
forti e le cose che sono. Alcuni di questi sono:
a) Un pungolo di buoi (3:31)
b) Il sogno di un soldato (7:13)
c) La mascella di un asino (15:15-17)
d) Brocche di creta (7:19-22)
Anche gli stessi personaggi esprimono la realtà di I Cor. 1:21-28,
perchè, questi strumenti usati da Dio dimostrarono la
loro debolezza. Ehud era difettoso, era mancino; Shamgar usò un mezzo strano, un pungolo da buoi; Debora era
una donna; Barak aveva un carattere debole; Gedeone ebbe numerose mogli e la concubina (8:30-31); Jefte era figlio di una
meretrice; Sansone era un passionale. Quindi, Dio ha
bisogno di strumentalità perchè
è Lui che dà i risultati e confonde la potenza dell'uomo dando ai deboli la
vittoria necessaria. Questi messaggeri erano in tutto quattordici e furono:
1) Othniel
= forza di Dio |
2) Ehud
= Colui che unisce |
3) Samgar
= Colui che cura |
4) Elon
= il forte |
5) Debora = Ape |
6) Hiair
= Colui che illumina |
7) Tola
= verme rosso |
8) Jefte
= Colui che apre |
9) Ebdon
=servitù |
10) Ibsan
= Colui che splende |
11) Gedeone=Colui
che vota |
12) Sansone = brillante luce |
13) Eli |
|
Non potendo parlare di tutti
questi uomini, prenderemo solo in esame brevemente due
di loro.
OTHNIEL (Giudici3:5-11)
I versetti dieci e undici menzionano le sei sue conquiste:
a. Conquistò la potenza di Dio; "Lo Spirito del
Signore fu sopra lui".
b. Conquistò l'ufficio
"fu giudice d'Israele..".
c. Conquistò una prima vittoria "...l'Eterno gli
diede nelle mani Cushan-Rishathaim, re di Mesopotamia.
d. Conquistò definitivamente il nemico "
la sua mano si rinforzò contro a Cushan-Rishathaim";
e. Conquistò i frutti della sua vittoria "Il
paese ebbe requie per quarant'anni".
GEDEONE (Giudici Cap. 6
a 8)
Malgrado tutte le benedizioni che Dio mandò su Israele, essi non tardarono a
ricadere nell'idolatria e sotto il giogo nemico abbandonarono l'Eterno.
Nella Sua fedeltà, Iddio inviò un profeta per rivelare ad Israele i suoi
peccati, ma nessuno del popolo lo ascoltò. Nessuno sembrava disposto a
rinunziare ai propri idoli e dimostrare in qualche modo di servire il Signore.
Per questo Iddio li abbandonò nelle mani dei Madianiti. La piaga che afflisse Israele in questo periodo fu la carestia."...i Madianiti
non lasciarono in Israele né viveri, né pecore, né buoi, né asini" (V4 ).
Dopo sette anni di questa oppressione gli israeliti,
ridotti alla miseria gridarono al Signore per ricevere aiuto. Confessarono i
loro peccati, e Dio suscitò un uomo che li avrebbe aiutati: Gedeone
figlio di Joas, della tribù di Manasse.
GEDEONE CHIAMATO E FORMATO PER IL
SERVIZIO (6:11-16)
Dopo che Israele gridò a Dio,
il Signore mandò un angelo per parlare a Gedeone.
Nota: L'angelo apparso a Gedeone, non era uno
qualsiasi ma era l'Angelo di Yhwh, ossia come
teofania. Al verso 14, infatti l'Angelo è chiamato
l'Eterno.
Gedeone non ha le caratteristiche di colui che
sarebbe poi divenuto il liberatore d'Israele. La paura lo aveva, infatti,
trattenuto dal portare il suo grano alla trebbiatrice del villaggio. Lo aveva
ammucchiato in uno stretto io appartato e in quel luogo lo batteva, da solo, al
sicuro da eventuali incursioni nemiche. Inoltre era
senza risorse nella sua parentela, perchè il suo
migliaio era il più povero in Manasse ed era senza forza in sé stesso, poiché
egli era il più piccolo della casa di suo padre. Eppure Dio visita un tale
uomo, e sceglie proprio lui, che cosciente della sua assoluta mancanza di
forza, risponde all' Angelo: "Ah, Signor mio con
che salverò io Israele?"
E' interessante notare il modo progressivo con cui Dio chiama il suo servitore:
a. Dio si rivelò a Gedeone,
l'Angelo dell'Eterno gli apparve e cominciò a rivelarsi;
b. Dio gli assicurò la Sua presenza: "L'Eterno è
teco";
c. Dio gli dette un carattere forte e valoroso, carattere che Gedeone, debole com'era, non avrebbe mai pensato di avere;
d. Dio rivelò a Gedeone dove risiedeva la sua forza:
"Và con codesta tua forza", per dire che la sua forza era sufficiente
per andare;
e. Dio acconsentì a tutti i segni richiesti.
Dopo che il Signore diede ogni prova, Gedeone
finalmente cominciò a farsi avanti ed a seguirLo.
Rispose al Signore con fede ed adorazione, edificando un altare chiamandolo:
"l'Eterno pace", e dopo tale atto Dio chiama
Gedeone a rendergli testimonianza pubblica.
LA TESTIMONIANZA PUBBLICA DI GEDEONE (6:25-32)
Dio principalmente ordinò a Gedeone di manifestare la sua fede e la sua chiamata dando
un primo colpo non ai Madianiti, ma al nemico
interiore che era poi la causa delle sofferenze di Israele.
Prima di dare battaglia ai nemici del suo popolo, Gedeone
doveva dichiarare guerra all'idolatria. Doveva, in altre parole, demolire
l'altare che suo padre Joas aveva eretto a Baal, ed erigerne un altro in onore dell'Eterno.
Un pò per paura, ed un pò
per prevenzione, Gedeone nel segreto e nel buio della
notte ubbidì all'ordine.
Il dovere del messaggero di Dio è innanzi tutto quello di
distruggere i propri idoli, perchè in questo sta
il segreto della potenza. Infatti, subito dopo "lo Spirito del Signore
investì Gedeone" (6:34
).
Il padre di Gedeone si rese subito conto che il suo
atto era guidato dal Signore, sostenendo il figlio col dire che poteva bene
difendere la sua causa se ne aveva il potere.
UN ULTERIORE CONFERMA DELLA CHIAMATA DI
GEDEONE (6:36-40)
Dopo essere stato riempito di
Spirito Santo, sia per mancanza di fede o per accertarsi che quello era il
momento di agire, Gedeone chiede ancora al Signore un' ulteriore conferma proponendo come segno che un vello di
lana fosse bagnato dalla rugiada della notte, mentre tutto il terreno attorno
restasse asciutto. Ottenuto ciò, chiese ancora lo stesso segno ma al contrario.
Ogni giudizio dato sulle richieste di Gedeone non ha
nessun fondamento biblico, in quanto Iddio non lo
condannò per la sua condotta ma, al contrario lo accontentò.
UOMINI RIFIUTATI E UOMINI SCELTI (7:1-3)
Gli israeliti che risposero
alla convocazione di Gedeone
si accamparono presso la sorgente di Harod, con i
nemici che si trovavano a circa dodici Km più a nord, nella valle di Izreel, presso la collina di Moreh.
Sebbene l'esercito madianita era
molto più numeroso di quello israelita, Dio disse che vi erano troppi uomini
con Gedeone, ordinando al suo servo di farne una
scelta. Gedeone ubbidì all'ordine del Signore, e con
tristezza vide ventiduemila uomini, più dei due terzi delle sue forze, abbandonarlo
per tornare a casa. I veri messaggeri, o testimoni, hanno un
carattere che li distingue sempre dai falsi:
a. non sono orgogliosi; Il Signore vedeva
l'orgoglio e l'infedeltà della sua gente e per evitare che si gloriassero della
futura vittoria, ridusse l'esercito a Gedeone;
b. non sono timorosi: "Chiunque ha paura
e trema, se ne torni indietro...". Mosè
dette queste prescrizioni ancora prima di Gedeone (Deu.20:8). Per compiere l'opera
Sua, Dio vuole dei cuori che non abbiano nulla da perdere e che non abbiano
paura di nulla, o per dirlo come Wesley, i
predicatori hanno paura solo di dispiacere a Dio: "Datemi dieci
predicatori che non hanno paura di nulla, fuorché del peccato, ed io metterò il
mondo Sottosopra.
c. superano la prova;
Per mettere luce su coloro che possedevano queste qualità, Dio suggerì a Gedeone di metterli alla prova (7:4-8). Il risultato fu che
soltanto trecento uomini riuscirono a passare l'esame e furono scelti da Dio.
Il successo non dipende mai dal numero. Dio può
compiere la Sua opera sia con pochi che con molti: "Non per forza non per
potenza ma per lo Spirito mio".
LA VITTORIA DEL POPOLO DI DIO
Prima della battaglia Dio
incoraggiò ancora Gedeone confermandogli per l' ultima volta che il tutto procedeva per volere divino
(7:9-14). Lo condusse nel campo nemico e gli fece ascoltare il discorso di due
sentinelle. Esse discutevano di un sogno e compresero che Dio dava Madian nelle mani di Gedeone.
Dio suggerì un piano d'attacco che fu immediatamente eseguito. I trecento dovevano dividersi in tre gruppi e, ad ogni uomo,
doveva essere data una tromba ed una torcia nascoste in una brocca di
terracotta. Quando Gedeone
avrebbe dato un segnale suonando il suo corno, tutti avrebbero dovuto suonare
il proprio corno, spezzare le brocche e gridare inni di vittoria. Tutto ciò
seminò il panico tra i madianiti che nell'oscurità e
nella confusione si uccisero l'uno con l'altro e fuggirono inseguiti da
Israele. Tutti gli israeliti goderono dei frutti della
vittoria e la gloria andò a Dio solo.
I PROFETI
Secondo il linguaggio più
comune il termine "profeta" ha assunto un significato molto
ristretto. Infatti si è portati a conoscere soltanto
un aspetto del ministero di questi uomini, vale a dire la predizione del
futuro. Senza dubbio la predizione costituisce una parte molto importante nella
profezia. Infatti, i profeti dell'Antico Testamento hanno predetto il futuro
con ricchi particolari che fanno escludere qualsiasi idea che faccia pensare ad
una astuta divinazione pagana. Alcuni riferimenti
precisi e la citazione di nomi ( come, ad esempio, al capitolo 45 del libro di Isaia a proposito di Ciro) allontano ogni sospetto alla
predizione profetica.
Tuttavia, tale concezione è incompleta per il significato che quel termine
riveste nell'uso biblico. La Sacra Scrittura, difatti gli dà una portata molto più vasta, e nel profeta riconosce un uomo del quale
Dio se ne usa per far conoscere la Sua volontà, il Suo amore ed i Suoi giudizi
attraverso la predicazione. Essi parlano nel nome di Yahwè.
Sia che appartengono al gruppo dei profeti dell'esilio
o a quelli dopo l'esilio, tutti si ritengono dei portavoce di Dio. Essi avevano
un messaggio da annunciare che, dato il suo carattere messianico, rimane attuale per tutti gli uomini fino alla fine dei
tempi. Infatti, secondo I Pietro 1:10-11 e le parole
di Gesù in Luca 24:26-44, i profeti sono stati dei
predicatori della croce e della gloria di Cristo. Con grande
certezza possiamo dire che i profeti sono stati dei predicatori evangelici, in
quanto hanno annunziato delle "Buone Novelle" (Isaia 40:9).
ETIMOLOGIA DEL TERMINE
Il termine principale di
"profeta" è "nabhi", che
significa "annunziare", "colui che
parla" non a nome suo, ma piuttosto in nome di un altro. Nel nostro caso
il profeta è l'araldo, il portavoce, l'interprete, il messaggero di Dio. Il
termine "nabhi" è usato moltissimo nell' Antico Testamento e per poter comprendere bene il
significato biblico consideriamo alcuni versetti che ci aiutano a capire ciò
che esso indica:
".. restituisci la moglie a quest'uomo perchè è profeta" (Gen.20:7)
Abramo non è autore di nessuna predizione futura, ma è lo stesso chiamato
"nabhi" certamente perchè
aveva ricevuto da Dio rivelazioni e perchè doveva
fargli da messaggero, parlando alle future generazioni di Lui e vivendo una
vita di santità, per conservare la via di Dio.
"..io ti ho stabilito come Dio per faraone, e
Aronne sarà il tuo profeta". (Es.7:1-2)
Questo è il passo classico che determina l'uso comune della parola "nabhi". Mosè incaricato da
Dio per andare da Faraone, cercò di esimersi dalla missione obiettando che
"le sue labbra erano incirconcise" e
facendo presente la sua difficoltà di parola. Il profeta, quindi è il portavoce
di Dio, un rappresentante ufficiale, un oratore, un predicatore che trasmette
agli uomini ciò che Dio vuoI far sapere. Se esaminiamo anche la vocazione di Geremia, giungiamo alla stessa
conclusione. Dio gli rivelò che lo aveva prescelto fin dal seno di sua
madre per farne il suo "nabhi" presso le
nazioni (Ger.1:4-5). Alla
chiamata dell'Eterno, Geremia rispose riconoscendosi inadeguato e incapace:
"Ahimè, Signore, Eterno, io non so parlare, poiché non sono che un
fanciullo" (Ger.1:6). Ma, Dio lo incoraggiò,
confermandogli la missione profetica, promettendogli la sua presenza e la Sua
protezione, e toccandogli le labbra sulle quali metterà le parole che il
profeta dovrà pronunziare (Ger.1:7-10).
LE CARATTERISTICHE DEL PROFETA
a. una chiamata speciale
La caratteristica principale dei profeti è la chiamata divina. Mentre la
vocazione al sacerdozio era esclusiva della tribù di Levi e la vocazione alla
regalità era riservata alla famiglia di Davide, per i profeti non c' era
nessuna distinzione di condizione o di famiglia ecc. Essi non venivano eletti per eredità, o perchè
erano nati in una tribù o famiglia profetica, ma ognuno veniva scelto da Dio
per un'opera che Lui gli assegnava. Geremia ed Ezechiele erano
di origine sacerdotale (Ger.1:1; Ez.1:3),
Eliseo ed Amos erano dei coltivatori, Isaia e Sofonia appartenevano probabilmente alla classe nobile del
paese. Samuele era della tribù di Levi (I Sam.1:20), Eliseo di Efraim (IRe 19:19). Anche le donne
sono state chiamate a questa vocazione. La Bibbia ci parla di
alcune profetesse, tra cui Maria, sorella di Araonne e Mosè (Es.15:20), Debora, ai tempi dei giudici (Giu.4:4-5) e Olda ai tempi di Giosia (II Re 22:14). Dio chiamò uomini e donne per farli
Suoi araldi e combattere contro il peccato del popolo eletto.
b.
IL PROBLEMA DOTTRINALE
Alcuni sono del parere che la
chiamata al Ministerio profetico, sia improvvisa,
imperiosa (che si impone sopra ad ogni cosa) ed
irresistibile. Che sia irrevocabile da parte degli uomini e che le
dichiarazioni di Geremia al cap. 17:7-18, rivelano il
carattere e la natura costringente della chiamata. Ma,
anche in questo caso, noi non possiamo accettare tale affermazione, perchè alla chiamata di Dio segue sempre la disponibilità
dell'uomo, e questo si vede anche nel caso dei profeti. Più che parlare di elezione incondizionata, si deve parlare di sollecitudine
interiore dello Spirito Santo. Amos ci spiega questo paragonando la vocazione
profetica all'incontro con il leone ruggente: "..il
leone rugge, chi non temerà? Il Signore parla chi non
profeterà? .." (Amos 3:8). Immaginiamo un uomo
che, per caso, cammina su un sentiero. Se inaspettatamente
ode un leone ruggire dietro a se, un brivido di terrore lo percorre ed
immediatamente si mette a correre, fuggendo via. L'impulso di fuggire
suscitato dalla paura è talmente forte che egli non può fare ameno di frenarlo.
Amos dice che la voce interiore di Dio gli diede la stessa, forte ed
inarrestabile spinta a profetare, così come il ruggito
del leone lo avrebbe spinto a fuggire. Quindi invece di irresistibile,
la vocazione è inarrestabile, invece di essere irrevocabile è condivisa
pienamente dai profeti chiamati da Dio.
In un modo o nell'altro, tutti i profeti sentirono questa sollecitudine
interiore proveniente da Dio. Samuele fu chiamato in piena notte (l Sam. 3), Eliseo
fu chiamato mentre stava arando il suo campo (I Re19:19),
abbandonato dalla moglie desiderosa di praticare amori illeciti, Osea si sentì
dire: "Va e prendi tua moglie" (Osea 1,2). Ci fu un momento in cui
Geremia decise di non profetare più perchè nessuno
ubbidiva alla Parola di Dio. A tale pensiero quella stessa Parola divenne come
un fuoco che ardeva nel Suo cuore e non poté tacere, non poté smettere di
profetare.
Il caso della chiamata di Geremia indica come il Signore eserciti un diritto di
sovrana scelta per quel che riguarda un particolare ministerio.
Oltre all'esempio di Geremia, altri brani e altri esempi della Bibbia mostrano
la sovranità divina nella scelta dei Suoi servitori. Molti discepoli seguirono Gesù all'inizio del Suo ministerio
ma, tra questi il maestro ne scelse dodici perchè dimorassero con Lui e divenissero suoi Apostoli. Parlando
poi del loro ministerio, disse loro: "Non siete
voi che avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Gio.15:16). Più tardi, in Antiochia
lo Spirito Santo disse: "Mettetemi a parte Barnaba e Saulo per l'opera
alla quale li ho chiamato". Dio conosce le caratteristiche e la
personalità che occorrono per svolgere un determinato incarico e conosce anche
la grandezza dell'opera per cui non metterebbe mai un
peso su un uomo che non sia preparato a sostenerlo. Dio sa quando e dove
servirsi di ogni persona. Egli ha un posto, nel Suo
piano, per ciascuno dei Suoi figli. Il compito dei credenti non è decidere
quale ministerio preferire ma, sol,tanto
comprendere qual' è la volontà di Dio e poi metterla
in atto.
C. UOMINI ARRESI A DIO
La prova che non è elezione
incondizionata si trova anche nel fatto che colui che
veniva scelto proponeva a Dio le sue incapacità, i suoi timori, le sue angosce
ecc. (I Sam. 3:9; Is.6; Ger.l:15-20). La Bibbia, in
molti casi, narra come Dio abbia dovuto autorevolmente superare le obiezioni ed
il senso di insufficienza di questi uomini, e di come
abbia dovuto lottare con pazienza contro la loro consapevolezza d' essere
deboli e inadeguati al compito che Egli voleva loro affidare.
MESSAGGERI DI DIO
Frequentemente viene affermato dai profeti che il loro mandante è Dio con
frasi come queste: "E voi conoscerete che l'Eterno degli eserciti mi ha
mandato" (Zacc.2:9). Da tutte queste
affermazioni risulta che i profeti si consideravano
come messaggeri specialissimi di Dio. Questa fiducia nella realtà della loro
vocazione è di un'importanza primaria, tanto più che le loro dichiarazioni
furono fatte in circostanze talvolta gravissime mettendo in pericolo la loro
stessa vita. Ma d'altra parte, non bastava dire: "E' Dio che mi
manda", bisognava provarlo con dei segni dall'alto che garantivano
la loro chiamata. Erano necessari degli indizi, delle testimonianze, che permettessero al popolo di distinguere il vero profeta di
Dio da coloro che senza alcun mandato si dichiaravano tali. Così, Dio
accompagnava i suoi servitori con segni, miracoli e prodigi. Infatti
queste erano le caratteristiche dei profeti:
a. miracoli come segni distintivi del profeta Uno
degli scopi dei miracoli che leggiamo nella Bibbia era quello di dimostrare la
veridicità dei profeti, in modo che il popolo fosse certo di poter fidare nei
loro messaggi. Dio, col fine di accreditare Mosè
presso il popolo di Israele, gli conferì il potere di
fare miracoli nel Suo nome (Es.4:9).
Mosè, per provare l'autenticità della sua missione
contro la ribellione di Kore, ricorre al giudizio di Dio (Num.16:16
e segg).
Tutti i miracoli di Elia ed Eliseo
sono interessanti sotto questo aspetto. Elia si era presentato alla vedova di Sarepta come un uomo di Dio, e doveva perciò giustificare
il diritto che aveva di attribuirsi tale titolo. Questo avvenne quando il fanciullo morì. Il Signore, per mezzo del suo servo,
risuscitò il fanciullo e a quel punto la vedova disse:
"Ora riconosco che tu sei un uomo di Dio" (l Re 17:24).
Isaia per confermare una profezia, si dichiarò pronto ad operare davanti al re Ahcaz un miracolo, secondo una sua scelta (Is.7:11). Ancora Isaia compì un
miracolo per provare che Dio lo avrebbe guarito. (Is.
38:7 -8; Il Re 20:8-11 ).
b. Le profezie come segni
distintivi del profeta L'adempimento delle profezie, provava che Dio era
veramente con colui che si proclamava suo inviato. Questo insegna Dio in Deuteronomio 18:21-22: "E se
tu dici in cuor tuo: Come riconosceranno la parola che l'Eterno mi ha detta?
Quando il profeta parlerà in nome dell'Eterno e la cosa non succede e non si
avverrà, quella sarà una parola che l'Eterno non ha detta;
il profeta l'ha detta per presunzione; tu non lo temere". Alcuni esempi,
tra le moltissime profezie adempiute sono:
- Samuele predisse la morte dei due figli di Eli (l Sam.2:34);
- Elia predisse la siccità di tre anni e mezzo (I Re 20:13-28);
- Natan predisse la morte del figlio di Davide (I Re.11:31-32);
- Eliseo predisse la morte di Benadab
re di Siria (II Re 8:13).
Il coraggio ed il loro modo di compiere la volontà di Dio, soprattutto davanti
alle mille difficoltà e minacce di morte, è la prova principale della loro vera
vocazione. Con voce autorevole per la potenza dello Spirito
Santo, questi portavoce di Dio scossero le coscienze
per renderle sensibili. Essi presentarono la luce e la verità di Dio,
svelarono il peccato pienamente e fedelmente nei suoi luoghi più nascosti,
segnalarono apertamente la deplorevole caduta d'Israele e il suo allontanamento
da Dio; Si opposero a quel falso sistema religioso che il popolo andava
innalzando. Oltre a tutto ciò presenta- vano al popolo l'alternativa
per ricevere soccorso.
IL MODO IN CUI I PROFETI HANNO
COMUNICATO IL LORO MESSAGGIO
Anche quest'argomento
è molto importante e non possiamo negligerlo, dato che la profezia non è un
messaggio segreto, ma una predicazione che, rivolta alla coscienza di singole
persone o a gruppi, rivela un'importanza morale e spirituale, visto la pienezza
di implicazioni sulla sorte degli uomini ed esige
un'azione o una reazione immediata.
A volte i profeti si sono rivolti a singole persone: re, sacerdoti, messi ecc., altre volte invece a comunità o nazioni. Il loro dovere
era rendere comprensibile il messaggio a coloro ai quali era destinato. Impresa facilitata dall'influenza dello Spirito Santo sulla loro
vita. Inoltre era importante fare in modo che
il messaggio giungesse sempre ai suoi destinatari. In altri casi, invece, erano
le persone ad andare dal profeta: riconosciuto tale: Giosafat cercò un profeta
dell'Eterno (II Re 3); Naaman il Siro fu mandato dal
profeta Eliseo per essere guarito (Il Re 5); alcuni
anziani d'Israele andarono da Ezechiele per consultare 1 'Eterno
(Eze.20: I ). Il profeta si premuniva per fare in
modo che il popolo ascoltasse il messaggio proclamato. Alcuni prendevano a
cuore il messaggio per cambiare e correggere la loro condotta, come nel caso
dei Niniviti. Altri si preoccupavano più del
messaggero che del messaggio. La maggioranza si rifiutava di obbedire egli si rivoltarono contro (Ger.44:15). Ma nessuno potrà mai accusare il profeta di aver nascosto il
messaggio o di averlo annunciato con indecisione e timidezza. Anzi al
contrario, tutti i profeti hanno alzato la voce come una tromba, sia per
mostrare al popolo di Dio le proprie iniquità, sia per proclamare l'anno di
grazia del Signore.
IL RAPPORTO DEI PROFETI CON LA LEGGE
Per poter vedere le cose nella
loro giusta prospettiva, dobbiamo anche considerare il legame che univa i
profeti alla legge. I loro scritti, hanno dato un notevole contributo per la
conoscenza di Dio, ma sarebbe un grave errore opporre i profeti alla legge
creando un antagonismo, perchè essi non sono venuti per abolirla, ma per confermarla. Infatti, la
Legge ed i profeti rivelano di essere in perfetta armonia e cercano di
promuovere la gloria di Dio e dichiarare il Suo consiglio eterno, radicati
sullo stesso fondamento etico e proclamando le stesso
Evangelo.
Riassumendo possiamo dire che "i profeti hanno sviluppato il messaggio
contenuto nella Legge, non lo hanno annullato".2
L'INSEGNAMENTO
DEI PROFETI SU DIO
Arrivando alla
conclusione di questo lungo scritto, vogliamo riconsiderare Mosè,
i Giudici ed i profeti.
MOSÈ. Studiando la vita di Mosè vediamo che la fede gli fece seguire una via opposta al
corso naturale, che lo portò non soltanto a sprezzare tutti i piaceri, le
seduzioni e gli onori di una corte, ma ancor di più ad abbandonare un campo
d'azione utile ed in apparenza, molto esteso. E' particolarmente interessante
notare che nell'epistola agli ebrei non viene
menzionato l'assassinio commesso da Mosè, ma viene
esaltato il suo atteggiamento spirituale: "..Stimando il vituperio di
Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto..Per
fede abbandonò l'Egitto, non temendo l'ira del re, perchè
stette costante, come vedendo colui che è invisibile". Infatti, fu la fede
che gli fece seguire una via opposta alla logica umana e che lo portò non
soltanto a sprezzare tutti i piaceri, le seduzioni e gli onori di una corte, ma
ad abbandonare la ricchezza e la gloria dell'Egitto che in apparenza potevano sembrare molto più vantaggiose. Egli non guardò
agli uomini, ma a Dio. Nel suo cuore aveva preso una decisione, aveva fatto una
scelta, aveva rinunziato all'Egitto per una ricchezza maggiore.
La sapienza e la scienza umana, per quanto valore possano avere, non potranno
mai fare di un uomo un servitore di Dio, né qualificare qualcuno per il
servizio divino. Dio solo può suscitare e formare un vero ministro, e
portandolo a frequentare la Sua scuola. Una cosa risalta in maniera chiara ed
evidente nelle Scritture: Dio ha tenuto i Suoi servitori con sé, prima e dopo
la chiamata al servizio, per istruirli secondo il Suo metodo e non secondo
l'uomo.
Nonostante Mosè nella sua
vita terrena non entrò mai nella terra promessa, Dio glielo concesse nella sua
vita glorificata.
"Ma un giorno Mosè è entrato in Palestina; sul
monte della trasfigurazione ha visto, nella sua umanità gloriosa, Colui che gli restava nascosto nel Sinai. E
non per parlare del passato e di tutto ciò che aveva comportato la traversata
nel deserto,. non per contemplare l'avvenire lontano,
in cui la gloria del Figliolo di Dio brillerà nel Suo regno,. ma per parlare della sua morte che doveva avvenire a
Gerusalemme. Nell'Agnello della Pasqua, nei sacrifici levitici,
Mosè ne aveva presentata la
figura. Ora nella realtà, Gesù era là e stava per
essere presentato come propiziazione da Dio" ond'Egli
sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù" (Rom.3:26).5
I GIUDICI. L'autore dell'epistola agli Ebrei, nel capitolo degli esempi
di fede, ricorda anche i nomi di alcuni Giudici: Gedeone, Barac, Sansone, Jefte. Dio premia la fedeltà di questi condottieri
ponendoli nel libro dove si trovano i nomi degli uomini fedeli, quegli uomini
che hanno. ottenuto gloriosi trionfi per mezzo della
fede ed hanno glorificato Dio con la loro umile vita .
"Per mezzo della fede vinsero regni", lottarono in modo da conseguire
la vittoria e sottomisero i nemici: Gedeone sgominò i
Madianiti; Barac sconfisse
i Cananei; Sansone sterminò i Filistei e Jefte sottomise gli Ammoniti.
"Operarono giustizia", è il caso straordinario di Debora. Dio si
servì delle cose più deboli per. operare grandi
prodigi. Debora agì con rettitudine, sia nella sua vita individuale, sia
nell'amministrare fedelmente la giustizia del popolo quando fu chimata da Dio.
"Videro adempiute le promesse", cioè
ottennero l'adempimento di promesse speciali, come nel caso di Manoa e Gedeone. "Turarono
gole di leoni", come capitò a Sansone. "Divennero forti in
guerra", parole che si adattano bene alle battaglie vittoriose dei
giudici.
"Misero in fuga eserciti stranieri": Gedeone
inseguì i Madianiti, Barac i cananei, Jefte gli Ammoniti e Sansone mise in fuga i filistei.
I Giudici hanno combattuto e ottenuto il premio per la loro costanza.
Rimangono per noi degli esempi di "uomini forti in guerra". Nella
loro debolezza, la grandezza di Dio operava e mandava risvegli spirituali nel
popolo intero.
I PROFETI. Come abbiamo visto, i profeti erano
uomini coraggiosi, pronti al sacrificio, pronti ad ubbidire a Dio, a mettere in
opera il Suo piano e a fare la Sua volontà.
Per poter svolgere un ministerio fedele come i
profeti, è indispensabile che ci sia una vera chiamata da parte di Dio. Questa
chiamata deve essere sentita e inarrestabile come lo fu per loro. Quanti non
aspettano e non hanno tale chiamata dall'alto, introducendosi ugualmente nel
sacro ministerio, il Signore dirà di loro: "lo non ho mandato loro né ho comandato loro di andare,
perciò loro non saranno di profitto né a questo popolo né a nessun altro"
(Geremia 23:32).
_____________________________
1 - Georges Andrè: "Mosè uomo di
Dio", il Messaggero cristiano, Rivoli, pag. 79
2 - James Fraser, La Predicazione Cristiana, I.B.E.,
Roma, p.22 6 James Fraser Ibid. p.22
3 - James Fraser, Ibid, pag. 22
4 - James Fraser, Ibid, pag. 31
5 - Georges Andrè: "Mosè uomo di
Dio", il Messaggero Cristiano, Rivoli, pag. 79