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LA VOCE NEL DESERTO
"Essi
dunque gli dissero: chi sei? Acciocchè rendiamo risposta a coloro che ci
hanno mandato: che dici tu di te stesso? Egli disse: io sono la voce di colui
che grida nel deserto
.." Giov. 1:22-23
Non possiamo fare a meno, al
principio di questa meditazione, il cui soggetto molto ci da a pensare
sull'umana superbia, richiamare all'attenzione del lettore lo scritto di un
grande poeta italiano, che fa incontrare nella stessa sepoltura un nobile ed
un poeta. Il nobile, gonfio di orgoglio al ricordo della lunga lista dei suoi
antenati, sdesgando la vicinanza dell'oscuro poeta, lo apostrofa con queste
parole: Fatti in là mascalzone!
In questo nostro scritto, tenteremo, quanto ci sarà dato, delineare la figura
elevata ed umile di Giovanni Battista, e faremo, nello stesso tempo, qualche
riflessione sull'eterno "io", causa di tante miserie e dolori.
Infatti, dovremmo essere stanchi di quella posa, direi quasi goffa, che
prendiamo spesso, occupati di noi quando diciamo: "io mi
chiamo
." "A. n.n. (e parliamo di noi) questo non si
dice" e via di seguito.
Ci aiuti dunque il Signore a ricevere la nostra lezione dal testo che abbiamo
scelto.
Giovanni Battista è uno dei personaggi più grandi della scrittura: grande
sotto gli aspetti - E' vero, per altro, che essendo il suo ministerio
descritto proprio alla vigilia di quello del Cristo, e che occupandosi gli
evangeli, contemporaneamente, di Gesù e di Giovanni, il nostro occhio corre
istintivamente alla contemplazione del Maestro. La stella del mattino, aralda
del giorno, impallidisce e si scolora al sorgere del sole, ma è sempre una
stella di primo ordine, che l'astronomo paziente ama contemplare nelle albe
serene. Giovanni Battista venne al mondo irradiato da una luce profetica, che
lo precedeva da parecchi secoli. La sua nascita, avvenuta in un modo
miracoloso, faceva ancora più di lui il grande chiamato a rappresentare nella
storia dl Cristianesimo una parte non indifferente.
Discendeva pel padre e per la madre da lunga linea addetta al servizio
religioso. - Zaccaria era della Muta di Abia ed Elisabetta delle
figliole di Aaronne. Se il poter annoverare antenati desse diritto a vanto,
ben di che vantarsi, adunque, aveva Giovanni Battista.
Della vita anteriore al pubblico ministerio sappiamo poco, ma abbastanza per
ammirarlo "La mano del Signore era con lui. Il piccolo fanciullo
cresceva e si fortificava in ispirito, e stette nei deserti, infino al giorno
ch'egli si doveva mostrare in Israele". Egli spese un trentennio nella
disciplina di una vita purissima, avvolta nella meditazione e nella
preghiera. Vissuto al contatto della natura, la sua anima venne nutrita nella
contemplazione dell'ideale religioso più alto. Il cibo più semplice che aveva
a portata di mano gli bastava quale nutrimento; mangiava locuste e miele
selvatico; il suo abito era anche umile "pelo di cammello, aveva una
cintura intorno ai lombi". Egli prendeva dei beni del mondo il meno
possibile, e le sue cure erano tutte superiori verso il grande ideale della
sua vita: acconciare la via del Signore, addirizzare i suoi sentieri. Aveva
un trent'anni quando uscì nel deserto della Giudea, predicando: Ravvedetevi,
perciocchè il regno dei cieli è vicino. Giovine, doveva pure a lui nel
vigore degli anni e dell'ingegno arridere e parere seducente la primavera
della vita. Ma la forza della sua esistenza egli l'aveva tutta condensata nel
suo ministerio, vigoroso e infaticato. "Ravvedetevi" era il suo
grido, e la voce poderosa, il cui suono si perdeva nella lontananza del
deserto - faceva fremere gli uditori. Che accorrevano in gran
numero. - "Tutta Gerusalemme, tutta la Giudea, e tutta la contrada
uscirono a lui". V'era un'energia potente e sdegno selvaggio verso il
peccato in quel giovane vestito di pelo di cammello e cibato
miseramente. Ai Farisei, ai Sadducei egli grida: "Progenie di vipere,
chi vi ha mostrato di fuggire all'ira a venire?"
Aveva dunque un tale uomo le doti più alte e più forti; predicatore austero
ed affascinante traeva a lui popolo da ogni parte. Ed a questi uditori
accorrenti egli parlava di un altro che verrebbe dietro a lui, più forte di
lui, le cui suole egli non era degno di portare.
E questo araldo, predicatore severo del pentimento, aveva guadagnato l'amore
e la devozione delle moltitudini. Il suo nome non rimase ignorato alla corte
di Erode, il quale volle vederlo, e più tardi volentieri l'ascoltava, e
l'avrebbe tenuto e rispettato sino alla fine, se non avesse subito la fatale
influenza di Erodiade.
Giovanni, il nome stesso era simbolo di grazia. Nessuno dei suoi antenati si
era chiamato così: il suo nome era stato suggerito dallo Spirito Santo.
Le testimonianze che i contemporanei resero di lui sono meravigliose. Anche
dopo la sua morte, la venerazione lo circonda. I Farisei, una volta, per tema
del popolo che ricordava con amore il Battista, non osarono rispondere alla
stringente domanda di Gesù se il battesimo di Giovanni era da Dio o dagli
uomini. E la testimonianza che Gesù rese di lui è: "Fra coloro che sono
nati da donna non vi è profeta alcuno maggiore di Giovanni Battista".
Non basta: questo giovane profeta, forte ed eloquente predicatore. Amato dal
popolo, temuto anche nelle corti, aveva intorno a sé un gruppo di discepoli,
il che accresceva non piccola autorità.
E fu ad un tale uomo mandata da Gerusalemme un'apposita commissioni di
sacerdoti e leviti per domandargli se egli era il Messia.
Gerusalemme, come sappiamo, era il centro del giudaismo, e fu quivi appunto
che i principali cominciarono seriamente a pensare intorno al personaggio
meraviglioso che predicava sulle rive del Giordano, e parve loro che ben
poteva egli essere il Messia atteso da tanto tempo. Essi, però, non volevano
muovere passi precipitosi e vollero assumere le più diligenti informazioni.
La commissione organizzata ebbe l'incarico preciso di recarsi dal Battista e
domandargli se fosse il Messia - Gli domandarono adunque:
"Tu chi sei?"A Giovanni Battista non premeva rivelare chi fosse:
era egli, piuttosto, premuroso dire chi non era. E disse: "Io non sono
il Cristo". Quello l'obbiettivo immediato ed importante. Non era Egli il
Messia.
"Ed essi gli domandarono: che sei adunque?" Si noti quell'
"adunque" : Come a dimostrare che essi erano meravigliati che non
fosse egli il Cristo. - E alla memoria di quei giudei ricorre un
nome ben note e grande: "Sei tu Elia?" - E Giovanni: "Io
non sono". Ancora sorpresi di quella seconda risposta, continuarono:
"Sei tu il profeta?" - Ed egli rispose: No.
Prima di andare oltre, facciamo una considerazione: E' vero che Giovanni
Battista non era il Cristo, però era un personaggio straordinario. Perciò
l'insistenza rispettosa delle domande : Sei il Cristo? Sei Elia?
Sei il Profeta?
A quelle tre interrogazioni seguono tre no, senza alcuna spiegazione.
Sacerdoti e leviti non capivano più chi quell'uomo potesse essere. Eppure
bisognava sapere qualche cosa di lui: e poiché Giovanni non pareva desideroso
di parlare di sé, l'obbligarono a dare una risposta. "Chi sei, acciochè
rendiamo risposta a coloro che ci hanno mandati; che dici tu di te
stesso?"
Chi sei, che dici di te stesso? Domanda seria che dovremmo ciascuno,
serenamente, rivolgere a noi medesimi.
Chi sei, Che dici? - Fu allora, finalmente, che Giovanni
Battista, quasi compiendo uno sforzo, superando una retrosia, come se si
risvegliasse e dicesse: di me volete sapere, di me v'importa, disse: "Io
sono la voce di colui che grida nel deserto. Addirizzate la via del
Signore."
C'erano voluti tre no perché alla fine Giovanni rispondesse con affermazione.
Eppure Egli parlò dell'ufficio e non della persona. Non rispose: "Io
sono Giovanni Battista ecc.", ma "io sono la voce di colui che
grida nel deserto".
I tre "non sono" di Giovanni Battista ci sembrano degni di essere
considerati. Egli fu bel sollecito a dire quello che non era, dovè essere
costretto per dire di sé nel modo più modesto. E se la prontezza che spesso
mostriamo nel parlare di noi è indice della nostra vanità più o meno spinta,
il contegno del Battista ci suggerisce ch'egli intorno a se stesso aveva
compiuto piuttosto un accurato studio negativo. Pareva egli sapesse meglio
chi non era di chi era.
Di regola, quando alcuno è domandato: "sei tu Tizio?" se egli non è
quel tale si affretta a rispondere: Non sono Tizio ma sono, per esempio,
Caio, ecc., e la seconda parte della risposta, quella affermativa, è sempre
data con una certa enfasi. Ora, davvero notevole è l'attitudine di Giovanni
Battista: dice per tre volte quello che non era, e quei no li pronunzia
subito e ben volentieri. Lezione importante è questa, per cui, piuttosto che
circondare di adorazione i meriti che abbiamo, dovremmo pensare a meditare
sulle virtù che non possediamo. E sarebbe davvero un ben interessante studio,
atto a tenere ben giù il nostro orgoglio, l'esame continuo e scrupoloso che
facessimo di quello che non siamo. Ci accorgeremmo che quello che siamo è ben
meschina cosa in confronto di quello che non siamo. No, no, no. -
Non siamo, non sappiamo, non facciamo.
Ed infine, quando fu addirittura costretto a parlare di sé, il Battista uso
un contegno, atto ad attrarre il meno possibile l'altrui attenzione. Egli,
dunque, non rispose: Io non voglio parlare di me". Come a dire:
"Sappiate che faccio professione di umiltà". Nulla di ciò. Egli,
invece, parve così dicesse: "Volete sapere di me. Si eccolo, quello che
sono."
E chi? Un altro avrebbe detto: "Io sono Giovanni Battista, figlio del
sacerdote Zaccaria, ecc. ecc." Ma no, il nome non aveva in quel momento
importanza, bensì l'ufficio. Giovanni non voleva distrarre gli ambasciatori
di Gerusalemme dal tema principale; il Messia, epperciò parla del suo ufficio
nei rapporti messianici
.Tutta la luce della sua risposta converge perciò su
Cristo. Come a dire: Voi cercate il Messia, ebbene io, nei suoi rapporti,
sono la voce di colui che grida innanzi a lui.
Nel testo originale il verbo "Sono" non c'è. Risposta breve,
strettamente quanto era necessario. E si capisce che la mente del Battista
era tutta occupata al Messia, al cui confronto egli era uno schiavo che
gridava.
I sovrani orientali, d in molti luoghi anche i principi, usavano, ed alcuni
usano ancora, nei loro viaggi farsi precedere da schiavi a piedi od a
cavallo, secondo i casi, ad una certa distanza, il cui ufficio era ed è di
gridare alle persone che incontravano, perché facessero largo al sovrano che
arrivava.
In alcuni paesi orientali, nella Cina per esempio, prima che l'imperatore
esca, alcune guardie attraversano la città di corsa, gridando che le strade
siano sgombre. Esse non fanno parte del corteo imperiale: gridare, passare
oltre e sparire, ecco il loro compito. Nessuno si curava di osservare
l'individuo, che, correndo dava la voce, ed il suo nome non era conosciuto o
domandato.
G.ppe Petrelli
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