Lo statuto riconosciuto alla Scrittura è una cartina al tornasole
per verificare lo stato di salute dell' identità
evangelica. Dove la Scrittura è riconosciuta come Parola di Dio, lì vi sono le
premesse per una sana fede evangelica. Dove non è
riconosciuta come tale, lì ci si mette su un pendio scivoloso che porta alla
dissoluzione della fede stessa.
La Bibbia è Parola di Dio? Per gli evangelici di
tutti i secoli, la risposta è inequivocabilmente e limpidamente: sì.
Senza " se" e senza " ma" , si
direbbe oggi. La Dichiarazione di Chicago sull' inerranza biblica (del 1978) ricorda la posizione
evangelica classica, e cioè che " bisogna ricevere le sante Scritture
come la Parola di Dio rivestita della sua stessa autorità" .
I Riformatori sono concordi nel ritenere che le cose che dice la Bibbia, Dio le dice. Anche
Lutero, talvolta preso ad esempio di un atteggiamento che scolla la Parola
dalla Scrittura, si riflette in questa posizione. Le confessioni di fede
protestanti dei secoli XVI e XVII sono unanimi nel sottolineare con forza
questo punto cardine. I risvegli evangelici dei secoli successivi – da John Wesley a Jonathan
Edwards, dal movimento missionario moderno al movimento
pentecostale contemporaneo – sono concordi sulla confessione dell'
ispirazione e dell' autorità della Scrittura. Su altre cose ci sono
differenze, ma sulla Scrittura vi è una sostanziale convergenza, a
testimonianza dell' importanza fondamentale che essa
ha nell' economia della fede evangelica.
Tuttavia, tutti sanno che, nell' ambito
del Protestantesimo moderno, si è prodotta una frattura insanabile proprio
sulla Bibbia. Il liberalismo teologico del XVIII e XIX secolo ha introdotto una novità catastrofica nelle maglie del
Cristianesimo. Tra l' altro, il liberalismo ha
attaccato l' equivalenza tra la Scrittura e la Parola di Dio, sganciando quest' ultima dal testo biblico. Nutrendosi di presupposti anti-soprannaturalistici e frantumando la fede classica, il
liberalismo ha introdotto la divaricazione tra la Bibbia e la Parola di Dio. La
prima è stata considerata un ammasso di reperti letterari da vivi- sezionare
alla ricerca del " nocciolo duro" ; la
seconda è stata attribuita alla coscienza morale dell' individuo o a ciò che la
cultura del tempo riteneva accettabile. Lo strumento per la separazione è stato
chiamato " metodo storico-critico" , diventato ben presto il tribunale insindacabile a cui
sottoporre la Scrittura.
Ci hanno detto che, nel Protestantesimo moderno, il liberalismo
sia stato superato da forme di neo-ortodossia che hanno recuperato il legame
tra la Bibbia e la Parola di Dio. Sarà. L' impressione è che, in- vece, il
vecchio liberalismo sia vivo e vegeto e che in pezzi di Protestantesimo sia
ancora l' ortodossia imperante. Leggendo su Riforma
(6/1/2006) una lunga intervista a un teologo
tedesco (Peter Steinacker),
ci s' imbatte ancora nel vecchio armamentario dell' incredulità liberale
spacciata per Protestantesimo. La Bibbia è Parola di Dio? No, dice il
teologo, contro la Scrittura stessa e tutta la teologia protestante. Al
massimo, è una testimonianza umana dal valore narrativo. La Bibbia è affidabile
e veritiera? No, sentenzia il teologo, con un atteggiamento di compassione per
chi ancora crede nella nascita verginale di Gesù,
nella risurrezione corporale di Lazzaro, nei miracoli così come sono raccontati
dalla Scrittura. La Bibbia ha autorità? Sì, ma quella di un
vecchio saggio che dà consigli. Ad esempio, sulla sessualità, quello che
dice la Scrittura è superato, dice il professore. Lutero si sarebbe
riconosciuto in queste parole?
Calvino avrebbe risposto così? Wesley le
avrebbe fatte proprie? Spurgeon le avrebbe
sottoscritte? Che dire di Guicciardini,
Geymonat, Francescon, gli
altri pionieri pentecostali, Bracco, Artini? Ci si
può avvicinare alla Bibbia con questa supponenza e arroganza? La realtà è che,
rispetto a questo Protestantesimo, siamo distanti – molto distanti – e sulle
cose essenziali. Se la Scrittura non è la Parola di Dio, la fede perde il suo
carattere di evangelicità e
diventa una fede che dal Dio rivelato passa a confessare un idolo umano (la
coscienza, la ragione, il sentimento, il politicamente corretto, le mode
culturali del tempo… il catalogo del- l' idolatria è vasto!).
Negli ultimi anni sono partite alcune iniziative di dialogo tra
evangelici storici ed evangelicali (nella
fattispecie, pentecostali). Alcuni hanno espresso valutazioni positive e per molti è un' occasione promettente. La domanda
è se il dialogo abbia affrontato i nodi cruciali o si sia accontentato di non
toccarli, preferendo la strada del linguaggio diplomatico. Perché
il dialogo non riparte da questa domanda secca: la Bibbia è la Parola di Dio?
Se ne sentirebbero delle belle. Non è questo il modo di distinguere chi dice "
scibbolet" da quelli che dicono " sibbolet" (Giudici 12,5-6): così vicini eppure
così lontani?
L.D.C.