INDIFFERENZA

 

Gesù un giorno disse ai discepoli: “Voi siete il sale della terra … la luce del mondo”. Un invito, o un obbligo alla partecipazione e a schierarsi?

  Qualcuno diceva che “vivere vuol dire essere partigiani”, cioè, prendere posizione, combattere. Il solus homo”, gli estranei alla città, gli indifferenti sono l’antitesi del “voi siete”.

  Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. L’indifferenza è il peso morto della storia. È la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti; è la palude che recinge la città “nuova”  e inghiotte nei suoi gorghi limosi i “violenti” (Mt 11,12), li decima, li scora e, talvolta, li fa desistere dall’impresa eroica.

  Nel mondo il male non è indifferente, matura nell’ombra. L’indifferenza opera nella storia, anche se passivamente, ma opera. È ciò che sconvolge i programmi, è la materia bruta che si ribella alla vera religiosità e la “strozza”.

  Chi è l’indifferente? È chi, dai margini dell’“omnia res”, s’irrita, ma vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe che fosse chiaro che lui non ha voluto, che lui non è responsabile.

  Giustifica la propria assenza parlando di fallimenti “ideali”, di presenze “scomode” e di altre simili “piacevolezze”. L’indifferente ha una visione corta, e non è capace di prospettare soluzioni e alternative. L’indifferente è spinto da un contributo alla vita collettiva che non è animato da nessuna luce morale né da “sale” che condisce. Insomma, l’indifferente ha un  senso di responsabilità storica che si apre allo gnosticismo e alla post-modernità.

  È questo ciò che voleva Gesù? No! Egli disse: “Voi siete…”. Perché, allora, pochi si domandano: “Qual è il mio dovere? Dov’è la mia partecipazione?”. Perché solo pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, e cominciano a dare il loro braccio e la loro attività a quei progetti che ci propongono come “sale e luce”?

  Essere “sale” e “luce” ci esorta a dosare la nostra pietà e a indirizzarla verso la centralità di Dio. Il cristiano vivo, sente, nella sua missione quotidiana, pulsare l’attività della città futura dettata dal “voi siete” del Cristo. In essa il senso della missiologia non pesa sui “soliti noti”: ogni cosa che succede non è dovuta al caso o alla fatalità (come per il “credo” degli indifferenti), ma è intelligente opera di Colui che dice “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.

  Il “voi siete” che anima l’AEI, rompe le catene dell’indifferenza, non abdica, non lascia fare al mondo, ma struttura nell’unità, ricevuta per il sangue di Cristo, l’anima dei “pochi” per il progresso dell’Evangelo.

 

m.t.