Grandi Scoperte archeologiche
Come sorse l'interesse
archeologico
Claude James Rich
agente della Compagnia Britannica delle Indie Orientali e residente in quell'epoca a Bagdad, cioè a soli
km. 80 a N.E. dal luogo dove sorgeva l'antica Babilonia, incuriosito da alcuni
mattoni recanti iscrizioni, portatigli da un suo collega, si recò nel 1811, a
visitare la località rimanendovi 10 giorni durante i quali disegnò le mappe
della vasta distesa di collinette che una volta era stata Babilonia. Servendosi
dell'aiuto degli indigeni effettuò scavi trovando alcune tavolette che portò
con sé a Bagdad.
Nel 1820 visitò Mousul
trascorrendovi 4 mesi tracciando la carta delle collinette che si trovavano
immediatamente al di là del fiume e che egli riteneva dovesse trattarsi di Ninive. Raccolse tavolette ed iscrizioni che né egli né
alcun altro furono in grado di decifrare.
Il francese Paolo Emilio Botta, console a Mousul, cominciò nel 1842 a scavare in queste collinette, e
nei dieci anni successivi riportò alla luce il magnifico palazzo di Sargon a Khosabad.
L'inglese Sir Austen Layard, chiamato "il
padre dell'assiriologia", scoprì a Ninive e Calah (l'attuale Nimrod), dal 1845 al 1851, le rovine dei palazzi di cinque
re assiri di cui i nomi si trovano nella Bibbia,
oltre alla grande biblioteca di Assurbanipal che si
calcola contenesse 100.000 volumi.
Da allora decine di spedizioni francesi, inglesi,
tedesche ed americane messesi all'opera, scavarono in queste alture lungo tutta
la valle del Tigri e dell'Eufrate, rinvenendovi centinaia di migliaia di
tavolette recanti iscrizioni, insieme a monumenti risalenti agli albori del
genere umano. Il lavoro continua ancor oggi, ed un fiume di antiche iscrizioni
continua a riversarsi nei musei di tutto il mondo.
Queste iscrizioni in una lingua oramai fuori uso da
tempo immemorabile e quindi dimenticata, rivestivano però un'importanza tale
che grandi studiosi furono presi da interesse per la loro decifrazione.
Estate 2004
Gerusalemme:
Scoperto sistema idrico
Gerusalemme: scoperto imponente sistema idrico del
tempo di Ezechia
L'estate scorsa, dopo due mesi di scavi in
una grotta vicino al Kibbutz Tzuba, nei pressi di
Gerusalemme, gli archeologi israeliani hanno scoperto un sistema idrico
risalente al tempi del re Ezechia, 8° secolo a.C., e
scavato nella roccia.
La valle dell'Eufrate
La valle del Tigri e dell'Eufrate è il luogo dove
vissero i primi abitanti della Terra e dove inizia la storia biblica.
Attualmente essa è cosparsa di piccole alture, avanzi di antiche città, ivi
comprese le prime che furono mai costruite. Queste città venivano costruite con
mattoni. I rifiuti venivano gettati nelle strade o dalle mura. Quando si
riparavano le case le si portavano a livello della strada e quando venivano
abbandonate o distrutte in guerra, e in seguito rioccupate, invece di
sgomberare le rovine si provvedeva a livellarle come base per una nuova città.
Essendo composte di mattoni che in parte si rompevano ed in parte si
disintegravano, queste rovine avrebbero formato una base abbastanza solida per
la città che vi sorgeva sopra. La nuova città avrebbe così sepolto sotto di sé
gli avanzi ed i rifiuti della precedente.
Queste collinette divenivano così sempre più alte e
vaste, una città sopra l'altra. Quando venivano definitivamente abbandonate e
le mura battute dalle piogge di disintegravano, si formava un rivestimento di
terra. Con l'andar del tempo le tempeste di sabbia ricoprivano queste
elevazioni sotto le quali si celavano i segreti della vita e della civiltà dei
popoli che vi avevano abitato.
Alcuni di questi cumuli raggiungono e superano i 30
metri d'altezza e coprono i resti di circa venti e più città, ciascuna con un
suo strato definito e distinto contenente utensili, vasellame, rifiuti,
documenti ed avanzi vari di civiltà lasciati da quei popoli. Scavando in queste
collinette, gli archeologi sono pervenuti fino alla base costituita dalle prime
città, scoprendovi cose che confermano in maniera straordinaria, integrandola
ed illustrandola, la storia biblica.
L'ORIGINE DELLA SCRITTURA
PRIMA DEL DILUVIO
Beroso riferiva una tradizione secondo cui Xisuthrus, il Noè babilonese
seppellì a Sipar, prima del Diluvio, i sacri scritti
su tavolette di terracotta riportandoli in seguito alla luce. Presso gli Arabi
e gli Ebrei esisteva una tradizione attestante che la scrittura venne inventata
da Enoc che lasciò anche un certo numero di libri.
Un Antico re babilonese annotava che "egli amava
leggere gli scritti dell'età prima del Diluvio". Assurbanipal,
fondatore della grande biblioteca di Ninive, faceva
riferimento ad "iscrizioni del tempo prima del Diluvio"
LIBRI
DELL'EPOCA ANTERIORE AL DILUVIO
Sono
state ritrovate alcune iscrizioni di epoca anteriore al Diluvio. Una tavoletta pittografica rinvenuta a Kish dal
Dr. Langdon sotto un deposito formato dal Diluvio.
Dei Sigilli trovati a Fara dal Dr. Schmidt sotto uno
strato formato dal Diluvio. Anche il Woolley trovò ad
Ur dei sigilli di epoca anteriore al Diluvio.
I
sigilli furono la prima forma di scrittura, rappresentanti il nome di una
persona, identificando la proprietà di una cosa e servendo da firma ai
contratti, alle lettere, alle ricevute ed a varie forme di scritti. Ciascuno
aveva il proprio sigillo il quale veniva inciso a mezzo di delicate seghe o trapani
su piccoli pezzi di pietra o di metallo. Venivano adoperati calcandoli su
tavolette di argilla ancora molle.
IL MATERIALE PER LA
SCRITTURA
Le parole "scrittura",
"libro", "inchiostro", sono comuni a tutte le ramificazioni
della lingua semitica, e questo sembra indicare che lo scrivere in un libro
mediante l'inchiostro doveva essere noto agli antichi semiti prima ancora della
loro suddivisione nelle varie razze. In Babilonia si adoperavano per lo più
tavolette di argilla, mentre gli Egiziani usavano per scrivere, la pietra, la
pelle e il papiro. Quest'ultimo materiale, che fu
l'immediato precursore della carta, veniva ricavato da canne palustri varianti
in diametro da cm. 5 a 8 ed in altezza da 3 a 5 metri. Esso veniva ridotto in
strisce disposte a croce in strati alternati, bagnate e pressate. Se ne
formavano dei fogli o rotoli, larghi di solito cm. 30 e lunghi fino a 3 metri.
Per scrivere venivano a volte usati anche cocci di vasellame.
LA SCRITTURA ALFABETICA
La scrittura a caratteri alfabetici costituì
un ulteriore passo avanti. In essa i segni presero a rappresentare parti di
sillabe o lettere; si trattava quindi di una forma semplificata di scrittura,
in cui con circa 26 diversi segni si potevano esprimeretutte
le parole per le quali prima occorrevano 500 segni cuneiformi. La scrittura
alfabetica ebbe inizio prima del 1500 A.C.
IL CODICE DI AMMURABI
Il codice è una delle più
importanti scoperte che siano mai state fatte. Ammurabi,
re di Babilonia verso il 2000 A.C., fu contemporaneo
di Abramo, e viene comunemente identificato dagli assiriologi
con l'Amrafel di Gen. 14, uno dei re inseguiti da
Abramo per liberare Lot. Egli fece raccogliere e
codificare dai suoi scribi le leggi del regno, facendole poi scolpire su pietre
da porre nelle principali città; una di queste poste in Babilonia, fu rinvenuta
nel 1902, tra le rovine di Susa da una spedizione
francese guidata da M. I. de Morgan e si trova ora al
Louvre di Parigi. Si tratta di un blocco, finemente
levigato, di diorite nera, alto metri 2,40, largo cm. 60 e dello spessore di
cm. 45 circa, di forma ovaleggiante, magnificamente
tagliato. Esso reca sui quattro lati iscrizioni cuneiformi in lingua semitica
babilonese per una lunghezza di 4000 righe corrispondenti alla grandezza media
di uno dei libri della Bibbia; la più lunga iscrizione cuneiforme sinora
scoperta. Diviene rappresentato Ammurabi nell'atto di
ricevere le leggi del dio sole Samash. Queste leggi
trattavano l'adorazione degli dei, l'amministrazione della giustizia, tributi,
salari, interessi, prestiti monetari, proprietà, dispute, matrimoni, società
commerciali, opere pubbliche, costruzioni di canali, manutenzione degli stessi,
regolamenti riguardanti i servizi merci e passeggeri per canali e vie
carovaniere, commercio con l'estero, e molti altri argomenti. Si tratta di un
libro su pietra, non una copia, ma l'originale autentico, risalente ai tempi di
Abramo e tuttora esistente, che reca testimonianza non solo di una ben
progredita giurisprudenza, ma anche del fatto che sin dai tempi di Abramo la
letteratura aveva raggiunto una notevole fioritura
BLIBIOTECA E SCUOLA AI
TEMPI DI ABRAMO
Ad Ur, città di Abramo, a Lagash,
Nippur, Sippar, ed in tutte
le città importanti di Babilonia, collegate a scuole e templi esistevano
biblioteche ricche di migliaia di volumi: dizionari, grammatiche, opere di
consultazione, enciclopedie, annuari ufficiali, opere di matematica,
astronomia, geografia, religione e politica. Fu un periodo di grande
attività letteraria; in esso infatti videro la luce molti dei capolavori fatti
copiare da Assurbanipal per la sua grande biblioteca
di Ninive. Quando Abramo visitò l'Egitto ivi
esistevano migliaia di iscrizioni su monumenti di pietra, su papiro e pelle in Canaan, presso Hebron, città di
Abramo, esisteva una città chiamata "Kiriath-Sefer"
o "città degli scrivani" indicante così una città nella quale era
sviluppato il gusto letterario.
Ad Ur nello strato dell'Epoca di Abramo, il Woolley scoperse una scuola con 150 tavolette per esercizi
scolastici, testi di matematica, medicina e storia, ed una grande tavoletta
colonne a parallele con la coniugazione completa di un verbo sumerico ed il suo equivalente semitico. Nulla ci vieta di
pensare che Abramo abbia potuto frequentare questa scuola.
ABRAMO E GLI SCRITTI SACRI
Abramo dové
ricevere senza dubbio da Sem (figlio di Noè), la
storia della Creazione, della caduta dell'Uomo e del Diluvio. Egli aveva
ricevuto da Dio la chiamata a divenire il fondatore della nazione attraverso la
quale un giorno l'intera razza umana sarebbe stata benedetta e la sua vita si
svolse in una società colta, fra libri e biblioteche. Abramo fu un uomo che
aveva doti di condottiero e fede nelle proprie convinzioni. Certamente dové fare attente ed accurate copie di narrazioni e
documenti tramandatigli dai suoi avi, ai quali aggiunse la storia della sua
vita e le promesse fattegli da Dio, trascrivendole su tavolette di argilla nel
linguaggio cuneiforme, affinché fossero tramandate per gli annali della nazione
che si accingeva a fondare.
PROVE STORICHE
DELL'ESISTENZA DI GESU'
Nonostante l'inconfutabile evidenza
dell'accuratezza e della fedeltà storica del Nuovo Testamento della Bibbia,
molte persone rifiutano di accettarne e crederne il contenuto perché vogliono
un riscontro in fonti non bibliche e non cristiane che ne avvalorino le
affermazioni.
Alcuni agnostici ed atei affermano che
escludendo "qualche oscuro riferimento in Giuseppe Flavio e simili",
non ci sono prove storiche della vita di Gesù al di
fuori della Bibbia.
La realtà è che tali prove esistono in gran
numero, e in questo articolo ne osserveremo qualcuna.
Cominciamo con un passaggio che lo storico Edwin Yamauchi definisce
"probabilmente il riferimento più importante a Gesù
al di fuori del Nuovo Testamento". Riportando la decisione dell'imperatore
Nerone di riversare sui Cristiani la colpa dell'incendio che distrusse Roma nel
64 d.C., lo storico Cornelio Tacito scrisse:
"Nerone
riversò la colpa . . . su una classe odiata per le loro abominazioni, chiamati
Cristiani dal popolo. Christus, da cui il loro nome
ha origine, subì l'estrema condanna durante il regno di Tiberio per mano di . .
. Ponzio Pilato" (Tacitus,
Annali XV, 44).
Cosa possiamo apprendere da questo antico (e
piuttosto animoso) riferimento a Gesù e ai primi
Cristiani? Notiamo, innanzi tutto, che Tacito riporta che il titolo di
Cristiani deriva da una persona realmente esistita, chiamata Christus, il nome latino per Cristo. Di lui si dice che ha subìto "l'estrema condanna", alludendo ovviamente
al metodo romano di praticare l'esecuzione capitale mediante la crocifissione.
Questi avvenimenti sono avvenuti "durante il regno di Tiberio" e per
decisione di Ponzio Pilato. Ciò conferma le
affermazioni del Vangelo sulle circostanze della morte di Gesù.
Tacito riporta anche le seguenti notizie sulla persecuzione verso i cristiani:
"Alla
pena vi aggiunse lo scherno: alcuni ricoperti con pelli di belve furono
lasciati sbranare dai cani, altri furono crocifissi, ad altri fu appiccato il
fuoco in modo da servire d'illuminazione notturna, una volta che era terminato
il giorno. Nerone aveva offerto i suoi giardini per lo spettacolo e dava giochi
nel Circo, ove egli con la divisa di auriga si mescolava alla plebe oppure
partecipava alle corse con il suo carro. . . . [I cristiani] erano annientati
non per un bene pubblico, ma per soddisfare la crudeltà di un individuo."
Come Tacito, anche Svetonio
(120 d.C.) fece riferimento a Gesù ed i suoi seguaci
nella Vita di Claudio e nelle Epistole (X, 96).
Un'altra importante fonte di prove storiche su
Gesù e sui primi Cristiani si trova nelle lettere di
Plinio il Giovane all'imperatore Traiano. Plinio fu
allievo del famoso retore Quintiliano, ed era il governatore romano di Bitinia, in Asia Minore, e del Ponto.
Egli ci ha lasciato una raccolta di epistole contenute in 10 libri, l'ultimo
dei quali contiene il carteggio ufficiale tra lui e l'imperatore Traiano. Queste lettere risalgono per lo più al periodo del
governatorato di Plinio in Bitinia, ovvero agli anni
111-113, e sono una fonte documentaria di eccezionale importanza.
In una delle sue lettere, egli chiede
consiglio a Traiano sul modo più appropriato di
condurre le procedure legali contro le persone accusate di essere Cristiane (cfr. Plinio, Epistole X,96).
Plinio dichiara di avere necessità di consultare l'imperatore riguardo a tale
questione, poiché un gran numero di persone, di ogni età, sesso e ceto sociale,
erano state accusate di essere Cristiani.
Il procedimento di Plinio è il seguente: egli
interroga i presunti Cristiani, e se essi risultano tali, e non ritrattano
entro il terzo interrogatorio, li manda a morte. Per coloro che neghino di
essere Cristiani, o dicano di esserlo stato in passato, anche vent'anni prima (allusione alle apostasie dovute alla
persecuzione di Domiziano?), egli pretende la dimostrazione di quanto affermano,
inducendoli a sacrificare agli dei, a venerare l'effigie dell'imperatore e a
imprecare contro Gesù Cristo.
A un certo punto della sua lettera, Plinio
riporta alcune informazioni sui Cristiani:
"Essi
avevano l'abitudine di incontrarsi in un certo giorno prestabilito prima che
facesse giorno, e quindi cantavano in versi alternati a Cristo, come a un dio,
e pronunciavano il voto solenne di non compiere alcun delitto, né frode, furto
o adulterio, né di mancare alla parola data, né di rifiutare la restituzione di
un deposito; dopo ciò, era loro uso sciogliere l'assemblea e riunirsi poi
nuovamente per partecipare al pasto - un cibo di tipo ordinario e innocuo" (Plinio, Epistole, trad. di W. Melmoth, revis.
di W.M.L. Hutchinson, vol.
II, X,96).
Questo passaggio ci fornisce un interessante
scorcio della vita e delle pratiche dei primi Cristiani. Innanzi tutto,
leggiamo che i Cristiani si incontravano regolarmente un certo giorno per
adorare. Poi, leggiamo che la loro adorazione era diretta a Cristo, e ciò dimostra
che essi credevano fermamente nella Sua divinità.
Inoltre, la frase di Plinio che sottolinea come i Cristiani cantassero inni a
Cristo "come a un dio", viene interpretata da uno studioso come
riferimento al fatto singolare che, "a differenza degli dèi che venivano
adorati dai romani, Cristo era una persona che era vissuta sulla terra"
(M. Harris, "References
to Jesus in Early Classical Authors"). Se questa interpretazione è corretta,
allora Plinio comprendeva che i Cristiani stavano adorando una persona
realmente esistita che però reputavano essere Dio stesso. Questa conclusione
concorda perfettamente con la dottrina della Bibbia secondo cui Gesù è Dio ma venne nel mondo come uomo.
Non solo la lettera di Plinio ci conferma ciò
che i primi Cristiani credevano sulla persona di Gesù,
ma rivela anche la grande considerazione in cui tenevano i Suoi insegnamenti.
Ad esempio, Plinio nota che i Cristiani "pronunciavano il voto
solenne" di non violare alcuno standard morale, il che trova la sua fonte
negli insegnamenti e nell'etica di Gesù. Inoltre, il
riferimento di Plinio all'usanza Cristiana di condividere un pasto comune fa
evidentemente riferimento alla loro osservanza di prescrizioni Cristiane come
la comunione fraterna e lo "spezzare il pane" insieme, di cui parla
il Nuovo Testamento (Habermas, "The Historical Jesus").
Plinio sottolinea anche che il loro era
"un cibo di tipo ordinario e innocuo", quindi rigetta le false accuse
di "cannibalismo rituale" sollevate da alcuni pagani, come Cecilio (cfr. Bruce, "Christian Origins", 28),
insieme ad altre simili dicerie (infanticidio, riunioni edipodee
e cene tiestee in cui ci si cibava di infanti), e non
ritiene i Cristiani pericolosi membri di sodalizi sovversivi.
Circa le molte calunnie contro i Cristiani (su
cui aveva anche fatto leva Nerone per accusarli dell'incendio di Roma), il cartaginese Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (160-222
circa), avvocato e letterato, dichiarò espressamente che esse non avevano nulla
a vedere con i motivi delle sentenze di morte: "Le vostre
sentenze", scrive, "muovono da un solo delitto: la confessione
dellessere cristiano. Nessun crimine è ricordato, se non il crimine del
nome". Egli anzi cita la formula di queste sentenze: "In fin
dei conti, che cosa leggete dalla tavoletta? 'Egli è cristiano.' Perché non
aggiungete anche omicida?".
Quelli che forse sono i riferimenti più
notevoli a Gesù al di fuori della Bibbia, si trovano
negli scritti di Giuseppe Flavio, uno storico giudeo-romano del primo secolo (nacque
nel 37 d.C.), che fu prima delegato del Sinedrio e governatore della Galilea,
ed in seguito consigliere al servizio dell'imperatore Vespasiano e di suo
figlio Tito.
Nelle sue "Antichità giudaiche",
egli menziona diverse volte Gesù e i Cristiani. In uno
dei riferimenti descrive la condanna di un uomo chiamato Giacomo da parte del
Sinedrio. Secondo Giuseppe Flavio, questo Giacomo era "il fratello di Gesù, detto Cristo" (Giuseppe Flavio, Antichità
XX,200).
Questa descrizione combacia con quella fatta
dall'apostolo Paolo in Galati 1:19, dove egli parla
di "Giacomo, il fratello del Signore".
In un altro passo, Giuseppe Flavio menziona la
figura di Giovanni Battista; Erode Antipa, per
sposare Erodiade moglie del proprio fratello aveva ripudiato la figlia di Arete, re di Nabatene, la quale
si rifugiò dal proprio padre. Ne sorse una guerra nel 36 in cui Erode fu
sconfitto, e questo è il commento di Giuseppe Flavio:
"Ad alcuni dei Giudei parve che
lesercito di Erode fosse stato annientato da Dio, il quale giustamente aveva
vendicato luccisione di Giovanni soprannominato il Battista. Erode infatti
mise a morte quel buon uomo che spingeva i Giudei che praticavano la virtù e
osservavano la giustizia fra di loro e la pietà verso Dio a venire insieme al
battesimo; così infatti sembrava a lui accettabile il battesimo, non già per il
perdono di certi peccati commessi, ma per la purificazione del corpo, in quanto
certamente lanima è già purificata in anticipo per mezzo della giustizia. Ma
quando si aggiunsero altre persone - infatti provarono il massimo piacere
nellascoltare i suoi sermoni - temendo Erode la sua grandissima capacità di
persuadere la gente, che non portasse a qualche sedizione - parevano infatti
pronti a fare qualsiasi cosa dietro sua esortazione - ritenne molto meglio,
prima che ne sorgesse qualche novità, sbarazzarsene prendendo liniziativa per
primo, piuttosto che pentirsi dopo, messo alle strette in seguito ad un
subbuglio. Ed egli per questo sospetto di Erode fu mandato in catene alla già
citata fortezza di Macheronte, e colà fu ucciso" (Antichità XVIII,116-119).
Altrettanto interessante, e davvero
sorprendente, è un capitolo della stessa opera, conosciuto come "Testimonium Flavianum", nel
quale leggiamo (libro 18, capitolo 3, paragrafo 3):
"Ci
fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se è lecito
chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini
che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti
dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per
denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro
che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno
nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia
daltre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di
quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani" (Giuseppe Flavio, Antichità XVIII,
63-64).
Giuseppe Flavio menziona anche Giovanni il
Battista, e Giacomo il fratello di Gesù. Egli parla
inoltre del battesimo praticato da Giovanni il Battista, dei suoi discepoli,
della sua condanna a morte sotto Erode (Antichità XVIII, 5). E' interessante la
seguente citazione dal libro 20 capitolo 9 paragrafo 1 della sua opera:
"Festo era ora morto, e Albino era per la strada; così riunì
il Sinedrio dei giudici, e portò dinanzi a loro il fratello di Gesù che era chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo, e
alcuni altri, e quando ebbe formato un'accusa contro di loro come violatori
della legge, li consegnò loro per essere lapidati" (Giuseppe Flavio, ibid.).
Alcuni studiosi esprimono dubbi
sull'autenticità del primo brano di questi due brani; ritengono infatti che
Giuseppe Flavio sia realmente l'autore del brano, ma che questo possa essere
stato alterato da qualche Cristiano. Il motivo di questi dubbi è che Giuseppe
Flavio non era un Cristiano, e quindi essi trovano difficile credere che egli
potesse fare affermazioni in favore della divinità di Cristo. Ad esempio,
l'affermazione che Gesù era "un saggio" la
ritengono originale, mentre sospettano la frase "se è lecito chiamarlo
uomo", in quanto essa lascia scorgere l'idea che Gesù
potesse essere di natura divina. Allo stesso modo, trovano difficile che un non
cristiano possa attribuire a Gesù il titolo di
"Cristo".
Notiamo però che secondo il Vangelo ciò fu precisamente quello che fece Pilato; è scritto anche che Erode credeva nei miracoli di Gesù, ma che Gesù non volle
compiere alcuno dei miracoli che Erode gli chiese di fare. Né Pilato né Erode erano Cristiani. Dopo la morte di Gesù, persino il centurione romano che era con le guardie
arrivò a dire: "veramente costui era Figlio di Dio" (Matteo 27:54).
Anche lo storico Eusebio, vissuto agli inizi del IV secolo, conosceva questo
passaggio di Giuseppe Flavio e lo accettò come originale; lo stesso fecero
Girolamo e Ambrogio. Persino il tedesco Harnack, noto
per le sue violente critiche, lo considerò originale.
In ogni caso, anche scegliendo di non
considerare i punti "sospetti" di questo passaggio, che diversi
studiosi di larga fama (F. K. Burkitt,
A. von Harnack, C.G. Bretschneider e R.H.J. Schutt) hanno invece difeso, rimane ugualmente una buona
quantità di informazioni che avvalorano la visione biblica di Gesù. Leggiamo che era "un uomo saggio" e che "compì
opere straordinare". E sebbene fosse stato crocifisso per mano di Pilato, i Suoi seguaci "non scomparvero", ma anzi
continuarono a seguire la via di Cristo e furono conosciuti come Cristiani.
Quando combiniamo queste affermazioni con la frase di Giuseppe: "Gesù, detto Cristo", ne emerge un quadro piuttosto
dettagliato che si armonizza bene con i resoconti biblici. Appare sempre più
evidente che il "Gesù biblico" e il "Gesù storico" sono la stessa persona.
Ci sono solo pochi riferimenti espliciti a Gesù nel Talmud Babilonese, una collezione di scritti
rabbinici ebrei, compilata verso il 70-500 d.C. circa. Il primo periodo di
compilazione del Talmud è il 70-200 d.C. (Habermas,
ibid.). Il passaggio più significativo che fa riferimento a Gesù
è il seguente:
"Alla
vigilia della Pasqua [ebraica], Yeshu fu appeso. Per
quaranta giorni prima dell'esecuzione, un araldo . . . gridava: "Egli sta
per essere lapidato perché ha praticato la stregoneria e ha condotto Israele
verso l'apostasia" (Talmud Babilonese, trad. di I. Epstein,
vol. III, 43a/281).
Esaminiamo questo passaggio. Avrete notato che
esso si riferisce a una persona chiamata "Yeshu".
Perché crediamo che si tratti di Gesù? Perché "Yeshu" (o "Yeshua")
è il nome di Gesù in lingua ebraica. Ma allora perché
è scritto che Gesù "fu appeso"? Il Nuovo
Testamento non dice che Gesù fu crocifisso? Questo è
certo, ma il termine "appeso" indica proprio la crocifissione. Ad
esempio, in Galati 3:13 leggiamo che Cristo fu
"appeso", in Atti 10:39 che fu "appeso al legno", e in Luca
23:39 questo termine viene usato anche per i criminali che furono crocifissi
assieme a Gesù. Troviamo questo termine anche in
Giuseppe Flavio.
Il Talmud afferma inoltre che Gesù fu crocifisso alla
vigilia della Pasqua ebraica, proprio come riportato nel Nuovo Testamento
(Matteo 26:2; 27:15).
Ma che dire allora dell'annuncio dell'araldo,
secondo cui Gesù sarebbe dovuto essere lapidato? La
condanna che avevano in mente i Giudei era evidentemente la lapidazione (ciò si
evince molto chiaramente dal Nuovo Testamento in Giovanni 10:31-33, 11:8,
8:58-59). Furono i Romani a cambiare tale giudizio, mutandolo in crocifissione
(cfr. Giovanni 18:31-32).
Il passaggio spiega anche il motivo per cui Gesù fu crocifisso. Esso riporta che Egli praticava la
"stregoneria" e che aveva "condotto Israele verso
l'apostasia". Dal momento che questa affermazione proviene da una fonte
ostile a Cristo, non meraviglia il fatto che questi Ebrei descrivessero la
situazione dal loro punto di vista. È interessante, però, notare il
parallelismo tra queste accuse e quelle rivolte dai farisei a Gesù nel Nuovo Testamento. Essi infatti, vedendo le
liberazione da Lui compiute, lo accusavano di scacciare i demòni
"con l'aiuto di Beelzebub, principe dei demòni" (Matteo 12:24). Notiamo anche che questa è una
conferma del fatto che Gesù compì realmente delle
opere miracolose. A quanto pare i Suoi miracoli erano talmente reali da non
poter essere negati pubblicamente, dunque l'unica alternativa era attribuirli
alla stregoneria! Allo stesso modo, l'accusa di aver condotto Israele verso
l'apostasia, collima con il racconto del Vangelo secondo cui i capi di Israele
accusarono Gesù di stare sovvertendo la nazione
mediante i Suoi insegnamenti (Luca 23:2,5). Una simile accusa da parte dei
religiosi dell'epoca, non fa altro che confermare la realtà della potenza degli
insegnamenti di Gesù.
Dunque, se letto con attenzione, questo passaggio del Talmud conferma diverse
affermazioni che il Nuovo Testamento fa su Gesù.
Il retore scettico Luciano, nato a Samosata intorno al 120 e morto dopo il 180, attivo
nell'età degli Antonini, ci ha lasciato un'opera
intitolata "La morte di Peregrino". In essa, egli descrive i primi
Cristiani nel seguente modo:
"I
Cristiani . . . tutt'oggi adorano un uomo - l'insigne
personaggio che introdusse i loro nuovi riti, e che per questo fu crocifisso. .
. . Ad essi fu insegnato dal loro originale maestro che essi sono tutti
fratelli, dal momento della loro conversione, e [perciò] negano gli dèi della
Grecia, e adorano il saggio crocifisso, vivendo secondo le sue leggi" (Luciano, De morte Per., 11-13,
trad. di H.W. Fowler).
Sebbene Luciano si beffi dei primi Cristiani
per la loro scelta di seguire "il saggio crocifisso" anziché
"gli dèi della Grecia", egli riporta diverse informazioni
interessanti. Innanzi tutto, egli dice che i Cristiani servivano "un
uomo", che "introdusse i loro nuovi riti". E sebbene i seguaci
di questo "uomo" avevano chiaramente un alto concetto di Lui, molti
dei Suoi contemporanei Lo odiavano per i Suoi insegnamenti, al punto che
"per questo fu crocifisso".
Pur non menzionandone il nome, è chiaro che
Luciano si sta riferendo a Gesù. Ma cosa aveva fatto Gesù per farsi odiare fino a questo punto? Secondo Luciano,
aveva insegnato che tutti gli uomini sono fratelli dal momento della loro
conversione. E fin qui niente di pericoloso. Ma cosa si intendeva con
"conversione"? Significava abbandonare gli dèi Greci, adorare Gesù, e vivere secondo i Suoi insegnamenti. Non è difficile
immaginare che una persona venga uccisa per aver insegnato queste cose in quell'epoca.
Inoltre, sebbene Luciano non lo dica esplicitamente, il fatto che i Cristiani
rinnegassero gli altri dèi e adorassero Gesù, e
facessero questo pur essendo consapevoli delle persecuzioni cui andavano
incontro, implica che per loro Gesù era senza dubbio
più che un essere umano. Perché tante persone arrivassero a questo, rinnegando
tutti gli altri dèi, appare evidente che per loro Gesù
era un Dio più grande di tutti gli altri dèi che le religioni della Grecia
potevano offrire!
Ricapitoliamo, dunque, ciò che abbiamo appreso su Gesù
da questo studio delle antiche fonti non cristiane.
Primo, sia Giuseppe Flavio che Luciano
riconoscono che Gesù era un saggio. Secondo, Plinio,
il Talmud, e Luciano, implicano che Egli era un insegnante potente e riverito.
Terzo, sia Giuseppe che il Talmud indicano che Egli compì opere miracolose.
Quarto, Tacito, Giuseppe, il Talmud, e Luciano, menzionano tutti il fatto che
Egli fu crocifisso. Tacito e Giuseppe dichiarano che ciò avvenne sotto Ponzio Pilato. E il Talmud dichiara che il periodo era quello
della vigilia della Pasqua ebraica. Quinto, ci sono possibili riferimenti alla
risurrezione di Gesù sia negli scritti di Tacito che
in quelli di Giuseppe. Sesto, Giuseppe racconta che i seguaci di Gesù credevano che Egli fosse il Cristo, cioè il Messia. E
infine, sia Plinio che Luciano indicano che i Cristiani adoravano Gesù come Dio.
Rendiamoci conto di come anche prendendo in
considerazione alcuni degli antichi scritti non cristiani, le verità su Gesù riportate nei Vangeli sono da essi avvalorate e
confermate. Naturalmente, oltre alle fonti non cristiane ve ne sono anche
innumerevoli Cristiane, come conseguenza della conversione di tanti a ciò che
era ed è più che semplicemente un fatto storico.
Dato però che l'affidabilità storica dei Vangeli canonici è così saldamente
stabilita, e che tramite essi innumerevoli persone hanno conosciuto Gesù personalmente nella loro vita, vi invito a leggere
direttamente i Vangeli per avere un resoconto autorevole della vita di Gesù, e più ancora, per conoscerLo personalmente nella
vostra vita!
Note storiche sulle persecuzioni contro i
Cristiani nei primi secoli
Publio Adriano, successore di Traiano, imperatore dal 117 al 138, ricevette una lettera
da Quinto Licinio Silvano Graniano, proconsole dAsia
nel 120 circa, nella quale si richiedevano istruzioni riguardo al comportamento
da tenersi con i Cristiani, spesso oggetto di delazioni anonime e accuse
ingiustificate. Egli rispose con un rescritto, che ci è pervenuto nella Storia
ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, indirizzato al successore di Graniano, Caio Minucio Fundano, in carica nel 122-123. In esso si legge:
Se pertanto i provinciali sono in grado di
sostenere chiaramente questa petizione contro i Cristiani, in modo che possano
anche replicare in tribunale, ricorrano solo a questa procedura, e non ad
opinioni o clamori. E infatti assai più opportuno che tu istituisca un
processo, se qualcuno vuole formalizzare unaccusa. Allora, se qualcuno li
accusa e dimostra che essi stanno agendo contro le leggi, decidi secondo la
gravità del reato; ma, per Ercole, se qualcuno sporge denuncia per calunnia, stabiliscine
la gravità e abbi cura di punirlo (Hist. Eccl. IV, 9, 2-3).
Gli apologisti, a partire da Giustino, che
riporta il testo di questo rescritto in appendice alla sua prima Apologia,
hanno interpretato favorevolmente questa disposizione, vedendo nella richiesta
di Adriano il primo tentativo di distinguere tra laccusa di nomen christianus e
i suoi presunti flagitia; il semplice nome
cristiano non doveva essere perseguito, e gli eventuali reati dovevano essere
prima dimostrati tramite regolare processo, come per qualsiasi cittadino. In
tal guisa interpretano anche molti studiosi moderni; tuttavia, ancora sotto
Antonino Pio i Cristiani erano oggetto di persecuzione solamente in quanto
tali.
Il successore di Antonino Pio, Marco Aurelio
Antonino, imperatore dal 161 al 180, scrisse intorno al 170, in lingua greca,
un'opera in 12 libri, intitolata "A se stesso", nella quale
raccolse massime, pensieri, ricordi e meditazioni di contenuto filosofico. In
essa trova spazio un accenno al martirio dei Cristiani:
"Oh, come è bella lanima che si tiene
pronta, quando ormai deve sciogliersi dal corpo, o estinguersi, o dissolversi o
sopravvivere! Ma tale disposizione derivi dal personale giudizio, e non da una
mera opposizione, come per i Cristiani" (Ad sem. XI, 3).
Come già Plinio il Giovane, così anche Marco
Aurelio pare essere infastidito dalla ostinazione dei cristiani, che vanno
incontro al martirio pur di non rinnegare la propria fede. Per limperatore,
questo tipo di morte non è frutto di un giudizio interno, sano e ponderato, ma
è il frutto di una una mera opposizione. Ed è proprio sotto limpero di
questo sovrano "saggio" e filosofo, che prende forma la grande
persecuzione che porterà alla morte, tra gli altri, di Giustino, Policarpo di
Smirne, Carpo, Papilo, Agatonice,
e dei cosiddetti Martiri di Lione.
Prove a conferma della Bibbia
Quelli che seguono sono solo alcuni
esempi dei moltissimi reperti archeologici che hanno confermato l'autenticità
della narrazione e degli eventi della Sacra Bibbia.
Le prove sono così schiaccianti che il rinomato
archeologo Nelson Glueck ha dichiarato:
"Si può affermare categoricamente che nessuna scoperta archeologica abbia
mai contraddetto i riferimenti biblici", e lo studioso Huston Smith ha affermato che se
i canoni rigorosi impiegati per verificare l'affidabilità storica della Bibbia
fossero stati applicati anche agli studi classici, la nostra visione del mondo
Greco-Romano oggi sarebbe in frantumi.
Relativamente all'Antico Testamento, l'evento
biblico maggiormente documentato è quello del diluvio descritto nella Genesi.
Il racconto del diluvio si trova in più di 500 miti, nelle diverse civiltà, in
popoli lontani geograficamente e culturalmente.
Di particolare rilevanza sono i ritrovamenti Babilonesi, Sumeri,
e Assiri. Molti di quelli Babilonesi ne parlano con
dovizia di particolari; un esempio è l'undicesima tavoletta del poema epico su Gilgamesh, che descrive accuratamente gli eventi secondo lo
schema biblico.
La scoperta dell'archivio di Ebla, nel nord della Siria, verso la fine degli anni 1970
ha dimostrato che il racconto biblico che riguarda i Patriarchi è attendibile.
I documenti scritti su tavole di creta a partire dal 2300 a.C. circa confermano
che diversi nomi di persone e di luoghi nella narrativa della Genesi sono
autentici. Ad esempio, era in uso ad Ebla il nome
"Canaan", che un tempo i critici
dichiaravano non usato in quell'epoca e quindi
adoperato a sproposito nei primi capitoli della Bibbia. Si affermava che la
parola "tehom" ("l'abisso") in
Genesi 1:2 fosse una parola tardiva e quindi una prova della tarda composizione
del racconto della Creazione. Ma "tehom"
faceva parte del vocabolario in uso ad Ebla, circa
800 anni prima del tempo di Mosè! I costumi antichi
riflessi nelle narrative dei Patriarchi sono stati confermati anche da tavole
di creta rinvenute a Nuzi e a Mari.
Le "cinque città della pianura",
citate nella Bibbia, fra cui Sodoma e Gomorra (il cui nome attuale è Bab
edh-Dhra e Numeira) e altre
città della valle di Siddim, erano iscritte su una
tavoletta dell'archivio del palazzo di Ebla
addirittura nella stesso ordine di Genesi 14:2. "La distruzione
catastrofica di Sodoma e Gomorra
avvenne verosimilmente intorno al 1900 a.C."
- scrive nel 1951 lo scienziato americano Jack Finegan.
"Un minuzioso esame dei documenti letterari, geologici ed archeologici
porta alla conclusione che la scomparsa terra di quella regione (Genesi 19:29)
era situata nel territorio attualmente sommerso sotto le acque che vanno
lentamente crescendo nella parte meridionale del Mar Morto, e che la causa
della distruzione fu un grande terremoto, probabilmente accompagnato da
esplosioni e da fulmini, dallo sprigionamento di gas e da fenomeni ignei".
Intorno al 1900 a.C.: l'epoca di Abramo!
Inoltre, nel settembre del 1977 in un numero
di "Scientific American" apparve un
articolo delle scoperte fatte ad Ebla. Vi si legge: "La
lista delle "cinque città della pianura", Sodoma,
Gomorra, Adma, Tseboim e Bela (cfr. Genesi
14:2), è ripetuta in un testo di Ebla e i nomi
appaiono nello stesso ordine". Due mesi dopo, in una conferenza, il
prof. Noel Freedman,
direttore dell'Istituto di Ricerca Archeologica di Gerusalemme W.F. Albright, confermò la
notizia. Fu reso noto perfino il numero della tavoletta (n° 1860) che menziona
le cinque città nello stesso ordine di Genesi cap. 14. Nelle tavolette era
anche menzionato anche il re Birsha, lo stesso nome
che il re di Gomorra aveva nel tempo di Abrahamo (Genesi 14:2). Si potrebbe dire molto di più su
questa sensazionale scoperta che, via via che le
tavolette sono lette dall'epigrafista, fornisce costantemente nuove rivelazioni
(le tavolette ritrovate nelle rovine del palazzo di Ebla
che nel 1975 erano circa 15.000, salirono poi a circa 20.000 durante gli scavi
del 1976-77).
Gli Hittiti (o
Ittiti, o Hittei) una volta si pensava fossero una
leggenda biblica, fino a quando nel 1906 la loro capitale e i loro archivi
furono scoperti a Bogazkoy in Turchia.
Ancora, molti pensavano che le descrizioni bibliche delle ricchezze di Salomone
fossero fortemente esagerati. Ma i documenti recuperati da epoche remote
mostrano che ai tempi antichi, la ricchezza era concentrata in mano ai re, e
che la ricchezza di Salomone era perfettamente verosimile.
Una volta, si pretendeva che non fosse mai esistito un re assiro
di nome Sargon, come riferito in Isaia 20:1, perché
tale nome non era noto da nessun'altra fonte. Poi il
palazzo di Sargon fu scoperto a Khorsabad
nell'Iraq. Proprio lo stesso evento menzionato in Isaia cap. 20, cioè la sua
conquista di Asdod (Ashdod),
veniva ricordato sulle pareti del palazzo! Inoltre, frammenti di una stele che
commemorava la vittoria furono rinvenuti ad Asdod
stessa.
Gli scavi della biblica Sichem
presentarono nel 1960 nuove prove a favore di una data per il regno del re Abimelec, il figlio del giudeo Gedeone.
Quando si scavò il tempio di Baalberith a Sichem, menzionato in Giudici cap. 9, gli archeologi furono
in grado di datare la distruzione di quel tempio da parte di Abimelec. Tale data era in accordo con quella del breve
regno di tre anni di Abimelec a cui si era già
arrivati esclusivamente sulla base dei dati cronologici trovati nella Bibbia.
Un altro re la cui esistenza era stato messo
in dubbio era Baldassar (o Belshatsar),
re di Babilonia, nominato in Daniele cap. 5. Secondo gli storiografi, l'ultimo
re di Babilonia era stato Nabonide. Poi furono
ritrovate delle tavole che mostravano che Baldassar
fu il figlio di Nabonide e che regnò come suo co-reggente a Babilonia. Così, Baldassar
poté offrire di costituire Daniele "terzo signore del regno" (Dan. 5:16), la posizione più elevata a disposizione, per
essere riuscito a leggere il testo scritto sulla parete. Qui risalta la natura
di "testimonianza oculare" del testo biblico, come tante volte viene
messo in evidenza dalle scoperte archeologiche.
Coerenti con la narrazione biblica sono anche
un antico elenco di re Sumeri (il prisma Weld-Blundell, composto da molti frammenti il primo dei
quali fu scoperto nel 1906 a Nippur, in Iraq), e una
tavoletta sumera che descrive la confusione
risultante dall'evento della Torre di Babele, attribuendola al "dio della
sapienza".
Nel secolo scorso scavi hanno portato alla
luce i resti di una grande città. Lo storico W. Keller riepiloga così i risultati: "Nel 1899 la
Società Orientale Tedesca inviò una grossa spedizione sotto la direzione del
Professor Robert Koldewey,
per esaminare i famosi resti di Babil. Gli scavi
richiesero molto più tempo del previsto. Durante un periodo di 18 anni, fu
portata alla luce la più famosa metropoli del mondo antico, il regno di Nabucodonosor, e al tempo stesso, una delle Sette
Meraviglie del Mondo, i Giardini Pensili, e "E-temen-an-ki",
la leggendaria Torre di Babele. Nel palazzo di Nabucodonosor
e sul Cancello di Ishtar, che si trovava dietro di
esso, furono scoperte innumerevoli iscrizioni" (W.
Keller, The Bible as History, 1980, p. 302).
La cattività di Ioiachin,
re di Giuda, in Babilonia (2 Re 24:15-16) è riportata in alcune tavolette in
cuneiforme contenenti la cronaca dei primi anni di regno di Nabucodonosor.
Esse si riferiscono alla presa di Gerusalemme, alla sua cattività e
all'intronamento di Sedekia, l'ultimo re di Giuda, il
16/17 marzo del 697 a.C. (riferito al nostro calendario).
La dinastia del re Davide è confermata dalle
iscrizioni in aramaico su una tavoletta commemorativa
rinvenuta a Tel Dan (a nord di Israele), datata IX
secolo a.C., probabilmente parte di un monumento ad Hazael, re di Aram. La tavoletta
cita diversi eventi registrati nel primo libro dei Re.
La campagna del faraone Shishak
contro Israele (1 Re 14:25-26) è riportata sulle mura del Tempio di Amun a Tebe, in Egitto.
La rivolta di Moab
contro Israele (2 Re 1:1; 3:4-27) è descritta nell'iscrizione di Mesha.
La caduta di Samaria
(2 Re 17:3-6, 24; 18:9-11) per mano di Sargon II, re
d'Assiria, è descritta sulle mura del suo palazzo.
La sconfitta di Ashdod
per mano di Sargon II (Isaia 20:1) è descritta sulle
mura del suo palazzo.
La campagna del re assiro
Sennacherib contro Giuda (2 Re cap. 18 e 19; 2
Cronache 32; Isaia 37) è riportata dal prisma Taylor,
e nelle diverse stele biografiche di Tirhaka in
Nubia.
L'assedio di Lachish
da parte di Sennacherib (2 Re 18:14,17) è descritto
nei bassorilievi di Lachish.
L'assassinio di Sennacherib
per mano dei suoi stessi figli (2 Re 19:37) è descritto negli annali di suo
figlio Esarhaddon.
La caduta di Ninive
predetta dai profeti Nahum e Sofonia
(2:13-15) è riportata sulla tavoletta di Nabopolasar.
La caduta di Gerusalemme per mano di Nabucodonosor, re di Babilonia (2 Re 24:10-14) è riportata
nelle cronache Babilonesi.
La caduta di Babilonia sotto i Medi e i
Persiani (Daniele 5:30-31) è riportata sul cilindro di Ciro.
La narrazione biblica sul profeta Balaam è confermata dalle iscrizioni su 119 frammenti
rinvenuti a Deir 'Alla.
Nel 1868 fu rinvenuta una tavoletta Moabita. Clearmon-Ganneau ne
prese l'impronta prima che gli arabi la rompessero in più parti per venderla.
L'iscrizione convalida il contenuto del capitolo 16 del primo libro dei Re e
del capitolo 3 del secondo libro dei Re. Essa cita anche il nome con cui Dio si
fece conoscere a Israele (Yahweh).
La liberazione degli schiavi in Babilonia per
mano di Ciro il Grande (Esra 1:1-4; 6:3-4) è
riportata sul cilindro di Ciro.
L'obbligo di lasciare Roma per tutti i Giudei
durante il regno di Claudio (41-54 d.C.) è riportato da Svetonio.
La scoperta di un grosso altare di pietra
fornito di corna, negli scavi di Beer-Seba nel 1973
fece luce su due versetti del libro del profeta Amos (5:5 e 8:14) che
sembravano suggerire che in quella città esistesse un santuario.
La distruzione di Tiro, famoso porto fenicio
dell'antichità noto per il culto orgiastico e crudele di Baal,
fu profetizzata nei minimi dettagli (Ezechiele 26:3-14) dal profeta Ezechiele
nel 586 a.C., l'anno che precedette la sua caduta.
L'esistenza di Gesù
Cristo è riportata anche dal Talmud Babilonese e da diversi autori non
cristiani, tra cui Giuseppe Flavio, Svetonio, Plinio
il Giovane, Luciano, e altri, che confermano anche eventi come quello della
crocifissione e la vita dei primi cristiani.