Quanto dista Sibiu da Atene? La distanza tra queste due città europee è
poco meno di 700 km. In aereo si può coprirli in non più di un paio di ore; in auto, ne servono otto o nove, forse. Quando però tra due città non esistono collegamenti diretti,
le distanze diventano incolmabili. Eppure le città di Sibiu
in Romania e di Atene in Grecia sono molto più
distanti tra loro di quanto si possa immaginare. Ciò che le separa non è tanto
una distanza geografica, quanto piuttosto una distanza spirituale: Sibiu è stata la cittadina rumena dove si è tenuta la terza
Assemblea Ecumenica Europea lo scorso settembre, mentre nelle vicinanze di Atene siè da poco conclusa
lAssemblea Generale dellAlleanza Evangelica Europea. Due assemblee con punti
di partenza diversi e obiettivi diversi. A Sibiu si
cercava di costruire lunità cristiana, ad Atene la si
apprezzava; in Romania si mirava alla comprensione, in Grecia rimaneva centrale
levangelizzazione.
Da un lato, un Cristianesimo
timido, accomodante, a rimorchio delle tendenze del tempo; dallaltro, un
Cristianesimo determinato a proclamare la signoria di Cristo a
ogni lingua e nazione. Difficile immaginare una distanza più grande, eppure i
rischi di contagio restano. Resta la tentazione di annacquare la verità in
nome della modernità o, meglio, della post-modernità,
e di cedere alle sirene della cultura che ci circonda, con il suo carico di
relativismo. Noi protestanti non siamo indenni da questi rischi. Si tratta dei
rischi legati al confronto con laltro. Qual è dunque lalternativa?
Per i liberali, la strada è semplice: occorre rincorrere le mode culturali, con
il rischio di essere ingoiati nella pancia della postmodernità,
dove ogni colore si smorza.
Anzi, se
rimane un colore, è il grigio. Nessuno ha più il diritto di ribadire
ciò cheè vero, perché non esiste più una sola Verità,
ma esiste la mia verità, latua verità
o forse nessuna verità! Anche nel mondo le cose non vanno molto diversamente. Cè
chi prende a calci la politica dalle piazze, e cè chi in piazza ci va per
fondare nuovi partiti, la cui parola dordine è sempre la stessa: unità. Ma è
ununità ridotta ai minimi termini e il meno declinata
possibile. Si cerca lunità a tutti i costi, ma si ha molto pudore verso
uneventuale verità. Per gli evangelicali, la strada
è forse più complessa. Si tratta di vivere nel tempo, senza però farsene
risucchiare. Coltivare la memoria, senza diventare nostalgici. Guardare in
avanti, senza diventare utopisti.Questanno lAEI ha
ricordato due figure centrali della Riforma, in occasione della Domenica della
memoria: Altusio e Diodati.
Importante politico, il primo; traduttore della Bibbia, il
secondo. Anche oggi, come allora, noi protestanti dobbiamo avere il
coraggio di ribadire la centralità delle Scritture,
come appunto fece Diodati, e impegnarci per un
rinnovamento anche strutturale della società, come fece Altusio.
Soltanto in questo modo potremmo veramente dire di lavorare per il Regno di Dio
e non semplicemente intorno a qualche progetto umano.
Anche in occasioni come queste,
linformazione ha dimostrato la sua sensibilità. Di Sibiu
si è parlato molto poco, di Atene per niente! Intorno
ad alcuni personaggi si parla molto; di Altusio e Diodati, poco o nulla.
Osserviamo la mancanza di libertà del nostro Paese per il silenzio su certe
informazioni; rileviamo il bavaglio messo agli evangelicali
nel campo dei mass-media e preghiamo per i nostri fratelli perseguitati in
altri Paesi... Ma non ci scoraggiamo: continuiamo ad
andare avanti nellassimilazione della ricca identità evangelicale.
Anche questanno lAEI è
rimasta impegnata a 180 gradi per proclamare la grandezza del messaggio di
Cristo alla società italiana. La strada è ancora lunga, ma chi lavora
nellAlleanza evangelica sa che non tutte le strade portano per forza a Roma (o
a Sibiu): alcune portano ancora ad Atene.
D.B.