LA CHIESA DI LAODICEA

"All'angelo della chiesa di Laodicea scrivi: Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio: Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca. Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!" Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese".

INTRODUZIONE
Siamo giunti all'ultima delle sette Chiese dell'Apocalisse, le quali avrebbero dovuto splendere sulla terra, come splendeva, con una luce perfetta, il candelabro a sette lampade nel luogo santo in Gerusalemme e rendere testimonianza a Dio. Tutto questo non è avvenuto e le conseguenze per la Chiesa formale e nominale, sono state e soprattutto saranno tragiche 

LA CITTÀ
Non meno di sei città, portavano il nome di Laodicea. Quella menzionata nel testo, si chiama Laodicea sul Lido, perché era sulle rive dell'affluente del Meandro. Si trovava a 65 chilometri a sud-est di Filadelfia ed era vicina a Colosse e Ierapoli, sicché era posta su un'importante arteria commerciale che univa la principale via dell'interno con le due maggiori vie della costa: quella diretta verso Efeso ad est e quella che andava verso nord-ovest e conduceva a Pergamo.

Fu fondata verso il 250 a. C. da Antioco II, re di Siria e la città portò il nome della sua terribile moglie Laodice. 
Un gigantesco ippodromo e tre lussuosi teatri, uno dei quali era grande una volta e mezzo il campo di calcio, era l'orgoglio della città. Le sue ricchezze ci sono descritte dallo storico romano Tacito.

La disponibilità finanziaria, permetteva, agli abitanti, di non dipendere da nessuno, difatti, era tanto ricca che nel 60 d.C. fu distrutta da un terremoto e durante l'impero di Tiberio e di Nerone venne restaurata ed abbellita senza alcuna sovvenzione da parte dello stato. 
Vi sono almeno tre cose che possono essere ricordate come fonti di risorse economiche:

1) Laodicea era celebre per le sue operazioni bancarie, ed a quel tempo tutte le transazioni avvenivano direttamente con l'oro. Questo creava un'atmosfera di sicurezza economica.

2) Laodicea era conosciuta per la sua fiorente industria tessile. Si producevano tappeti e vestiti pregiati confezionati con lana di Frigia, il cui principale prodotto era una specie di soprabito senza cuciture chiamato "mantello" (2 Timoteo 4:13).

3) Laodicea era la sede di una scuola medica rinomata non solo per la presenza di acque termali nella vicina Ierapoli, ma perché si curavano i problemi della vista con un collirio fabbricato con una polvere chiamata balsamo di Frigia. 

A nessuna delle Chiese, alle quali Cristo rivolge il Suo messaggio, sono fatti cenni così insistenti alla sua economia e alla sua condizione sociale, come per Laodicea, ma tutte queste notizie sono importanti, perché ci aiutano a capire meglio certe allusioni e riferimenti contenuti in questa lettera.

Laodicea fu distrutta completamente, come la città di Efeso, dal brutale esercito di Tamerlano, conquistatore Tartaro, nell'anno 1402. Il suo luogo é oggi un cumulo di macerie, chiamato Eski-Hissar che significa vecchio castello che è tutto quel che rimane della fiorente città di un tempo, dopo il giudizio di Dio caduto su lei.
Il nome Laodicea significa "come piace al popolo". Come per le altre Chiese dell'Asia Minore, il suo nome definisce lo stato di cose in Laodicea. 

È plausibile che sia stato Epafra a fondare la Comunità: "Epafra, che è dei vostri ed è servo di Cristo Gesù, vi saluta. Egli lotta sempre per voi nelle sue preghiere perché stiate saldi, come uomini fatti, completamente disposti a far la volontà di Dio. Infatti gli rendo testimonianza che si dà molta pena per voi, per quelli di Laodicea e per quelli di Ierapoli" (Colossesi 4:12,13).

Per la comunione fraterna esistente fra i Colossesi e i Laodicesi è detto che dovevano scambiarsi le lettere dell'apostolo. La missiva a Laodicea però, andò perduta: "Quando questa lettera sarà stata letta da voi, fate che sia letta anche nella Chiesa dei Laodicesi e leggete anche voi quella che vi sarà mandata da Laodicea" (Colossesi 4:16).

I credenti Laodicesi, si riunivano in casa di un certo Ninfa: "Salutate i fratelli che sono a Laodicea, Ninfa e la Chiesa che è in casa sua" (Colossesi 4:15).
Paolo, ebbe sempre grande premura per il loro bene spirituale, nonostante non fu mai presente fra loro: "Desidero infatti che sappiate quale arduo combattimento sostengo per voi, per quelli di Laodicea e per tutti quelli che non mi hanno mai visto di persona" (Colossesi 2:1).

Purtroppo, la comunità cristiana di Laodicea, come spesso accade, si era lasciata influenzare e contaminare dal mondo esterno. Per mancanza di vigilanza, nel giro di pochi decenni, si era completamente mondanizzata tanto da perdere le sue caratteristiche ed avere il triste primato di Chiesa peggiore dell'Asia. 
Nonostante questa brutta situazione, Dio, nella sua grazia, parla ancora per offrire la sua salvezza a chi é sensibile alla Sua voce.

IL DESTINATARIO
È sempre il responsabile della Comunità locale, come per tutte le sette lettere. Quale grossa responsabilità è sulle sue spalle come su quelle di ogni pastore: "All'angelo della Chiesa di Laodicea scrivi:..." (Apocalisse 3:14).

È l'ultima lettera, l'ultimo invito ad ascoltare attentamente la Parola del Signore. L'ascolteremo o la rifiuteremo? La nostra condotta, testimonierà della nostra scelta e il Signore verso di noi opererà di conseguenza: "Fino a quando, stolti, amerete la stoltezza? Fino a quando i beffardi prenderanno gusto a schernire e gli stolti avranno in odio la scienza? Volgetevi ad ascoltare la mia riprensione; ecco, io farò sgorgare su di voi il mio spirito, vi farò conoscere le mie parole. Poiché, quand'ho chiamato avete rifiutato d'ascoltare, quand'ho steso la mano nessuno vi ha badato, anzi avete respinto ogni mio consiglio e della mia correzione non ne avete voluto sapere, anch'io riderò delle vostre sventure, mi farò beffe quando lo spavento vi piomberà addosso; quando lo spavento vi piomberà addosso come una tempesta, quando la sventura v'investirà come un uragano e vi cadranno addosso l'afflizione e l'angoscia. Allora mi chiameranno, ma io non risponderò; mi cercheranno con premura ma non mi troveranno. Poiché hanno odiato la scienza, non hanno scelto il timore del Signore, non hanno voluto sapere i miei consigli e hanno disprezzato ogni mia riprensione, si pasceranno del frutto della loro condotta e saranno saziati dei loro propri consigli. Infatti il pervertimento degli insensati li uccide e lo sviarsi degli stolti li fa perire; ma chi mi ascolta starà al sicuro, vivrà tranquillo, senza paura di nessun male" (Proverbi 1:22-33).

LA DESCRIZIONE DI CRISTO
I titoli che il Signore Gesù Cristo si attribuisce al principio di ogni lettera caratterizzano, come il nome della Chiesa stessa, lo stato interno di quest'ultima "Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio" (Apocalisse 3:14).

Egli si presenta qui come:
1. L'"AMEN"
Gesù è il compitore di tutte le promesse di Dio: "Queste cose dice l'Amen..." (Apocalisse 3:14).
Essa riprende uno dei titoli divini dell'Antico Testamento, dove il Signore si presenta come il "Dio di verità": "Chi si augurerà di essere benedetto nel paese, lo farà per il Dio di verità e colui che giurerà nel paese, lo farà per il Dio di verità" (Isaia 65:16).
Amen è un aggettivo ebraico che significa "fermo, saldo" e usato come avverbio significa: "così avvenga, così sia fatto, in verità" e sotto la forma "amen, amen", lo si incontra 25 volte nel Vangelo di Giovanni. 

L'Amen, garantiva la verità del patto e delle promesse di Dio, promesse che erano ancora valide per i credenti di Laodicea. Le promesse di Dio non sono mai "Si" e "No" oppure "forse". Gesù Cristo é il grande "Amen" di tutto quel che Iddio ci ha promesso e ci vuol dare. Tutte le promesse hanno in Lui il loro "si": "Perché il Figlio di Dio, Cristo Gesù, che è stato da noi predicato fra voi, cioè da me, da Silvano e da Timoteo, non è stato "sì" e "no"; ma è sempre stato "sì" in lui. Infatti tutte le promesse di Dio hanno il loro "sì" in lui; perciò pure per mezzo di lui noi pronunciamo l'Amen alla gloria di Dio" (2Corinzi 1:19,20).

2. "IL TESTIMONE FEDELE E VERITIERO"
Gesù é il fedele e verace testimone, per cui Egli non rinnega mai sulle Sue parole: "Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero..." (Apocalisse 3:14).
Quale testimone fedele e verace, Egli testifica le cose in verità e può testimoniare esattamente su ognuno di noi, parla con verità. Ciò che afferma lo mantiene e lo realizza: "Riconosci dunque che il Signore, il tuo Dio, è Dio: il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua bontà fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti" (Deuteronomio 7:9).

3. "IL PRINCIPIO DELLA CREAZIONE DI DIO"
Gesù usa in questa lettera per se stesso un nome che non appare in nessun altro luogo delle Scritture: "Queste cose dice l'Amen, il testimone fedele e veritiero, il principio della creazione di Dio" (Apocalisse 3:14).
Egli é il principio della creazione di Dio, in altre parole Colui per mezzo di Lui, tutte le cose hanno avuto il loro principio e per mezzo di Lui, sarà portato a termine il piano divino.

Egli é il creatore d'ogni cosa. L'espressione "il principio della creazione" non va inteso come inizio (Ariani ieri, testimoni di Geova oggi) o capolavoro di Dio (razionalisti). È invece l'Originatore, la causa efficiente, anteriore alla creazione. Poiché egli ha partecipato alla creazione del mondo egli è realmente all'origine di ogni cosa cioè della vita stessa: "Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio e la Parola era Dio. Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta" (Giovanni 1:1-3).

Se Cristo fosse una semplice creatura, come mai sarebbe l'Amen, come possederebbe l'onniscienza presupposta nel "conosco le tue opere", come sarebbe la fonte di ogni bene spirituale (v.18), come sarebbe presente quale educatore e gioia di ogni fedele (v.20), come loro giudice (v.16), come partecipe della potenza divina del Padre? Se fosse una semplice creatura, come sarebbe Egli l'Alfa e l'Omega, il principio e la fine, il primo e l'ultimo e come sarebbe adorato da tutte le creature? Se invece intendiamo la parola "principio" in senso attivo, viene a significare che Cristo è anteriore alla creazione e ne è l'originatore, la causa efficiente o, per dirla con Giovanni, era Colui che era nel principio con Dio, era Dio e per Suo mezzo ogni cosa è stata fatta.

L'apostolo Paolo riafferma questo concetto in una delle sue lettere: "Egli è l'immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura; poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; è lui il principio, il primogenito dai morti, affinché in ogni cosa abbia il primato" (Colossesi 1:15-18). 

L'ELOGIO
Per questa Chiesa spiritualmente decaduta, disposta ai compromessi, apostata, il Signore non ha una sola parola di lode. Si sarebbe potuto pensare che Gesù trovasse qualcosa da elogiare in Laodicea, ma Egli odia il compromesso e l'indifferenza spirituale in modo così intenso, da non voler incoraggiare in nessun modo una tale specie di cristiani. La condotta alla quale quei credenti si erano abbandonati richiedeva un trattamento energico. 

IL RIMPROVERO
La lettera a Laodicea per la sua maggior parte é un rimprovero divino: "Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca" (Apocalisse 3:15,16).

Il rimprovero del Signore sembra essere progressivamente duro. Egli comincia innanzitutto parlando della Sua onniscienza a conferma che il Suo giudizio è perfetto: "Io conosco le tue opere" (Apocalisse 3:15).

Al Signore non sfugge nulla, proprio nulla. Siamo sinceri o insinceri, mossi da buoni o cattivi sentimenti, desiderosi o non desiderosi di fare la Sua volontà, semplici o astuti, il Signore tuona dicendo: "IO CONOSCO": "Dove potrei andarmene lontano dal tuo spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là. Se prendo le ali dell'alba e vado ad abitare all'estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra. Se dico: "Certo le tenebre mi nasconderanno e la luce diventerà notte intorno a me", le tenebre stesse non possono nasconderti nulla e la notte per te è chiara come il giorno; le tenebre e la luce ti sono uguali" (Salmo 139:7-12).

Cosa conosce il signore di questa Chiesa:

A. LA SUA TIEPIDEZZA: "Tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente! Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca" (Apocalisse 3:15-16).

Prima della salvezza, tali credenti erano stati dei freddi; quando avevano accettato Cristo erano divenuti ferventi e zelanti seguaci del Signore. Poi, però, erano caduti in uno stato di assoluta apatia, in una condizione di "tiepidezza". Non erano freddi, al punto da rendersi conto del loro bisogno spirituale e non erano caldi abbastanza da piacere al Signore. In questo modo non c'era niente che si potesse fare per loro. Il Signore non può tollerare persone che non può né usare né benedire. Egli, perciò, rigetta un tale genere di persone. 

Perché Cristo preferisce che un'anima sia "fredda" piuttosto che "tiepida"? Alcuni studiosi della Scrittura, hanno offerto dei suggerimenti sul perché un credente "freddo" potrebbe essere preferito a quello "tiepido". 

- Essere freddo è lo stato dell'uomo naturale, inconvertito, estraneo alla vita dello Spirito di Dio. Essere fervente è l'essere penetrato interamente dal fuoco dello Spirito di Dio. Il tiepido è colui che conosce il Vangelo, ma che i mezzi di grazia, l'amore infinito del Salvatore non è riuscito a strapparlo al mondo e a se stesso.

- Uno stato di freddezza, è più schietto, più sincero. Non c'è inganno, non c'è simulazione, non c'è pretesa. La persona tiepida, invece, é quasi sempre ipocrita. 

- Un tale stato é anche onorevole. L'individuo freddo o indifferente é qualcuno che, pur nel suo errato modo di ragionare, ha deciso di rigettare Cristo. Chi professa un'idea e poi non vive in conformità ad essa, é una persona disgustosa e anche imprevedibile. Lo stesso scrittore classifica Giuda una persona spiritualmente tiepida. Egli, sebbene legato direttamente a Cristo con una pubblica professione di fedeltà, mai si era dato davvero al Signore, per questo alla fine, la sua esperienza cristiana fu un terribile fallimento. Diverso, invece, fu il caso di Saulo da Tarso: questi era ferocemente avverso al cristianesimo, ma quando si trovò di fronte alla verità, l'accettò con la massima apertura di mente.

- Nel caso di completa freddezza, c'è maggiore speranza di conversione e di salvezza, perché una persona indifferente e fredda ha ragionato sulla sua posizione ed è abbastanza abituata a pensare con mente aperta e ad accogliere ed applicare a se stessa la verità quando riesce a vederla.

- Lo stato di tiepidezza non va dal freddo al caldo, ma percorre il cammino inverso. 

- Nel tiepido non vi è né zelo, né entusiasmo nel suo cristianesimo. Non è contrario alla religione ma non è neppure acceso di ardore per la verità, di amore per Dio e per i suoi simili. Si adagia alla mediocrità di un cuore diviso.

Quelli di Laodicea avevano conosciuto la verità ed avevano manifestato una fede piena di zelo, poi si erano progressivamente allontanati da tutto questo. Come l'acqua tiepida é disgustosa e nauseante da ingerire, così la tiepidezza spirituale é nauseante per un Dio santo. L'unico modo per godere il favore di Dio é quello di essere "ferventi nello Spirito", servendo Dio con fede e con zelo: "Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore" (Romani 12:11).

B. IL SUO ORGOGLIO
Emerge in modo chiaro ed evidente l'orgoglio di questa Chiesa: "Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!" Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo" (Apocalisse 3:17).

L'economia della città di Laodicea era molto florida ed evidentemente i cristiani del luogo partecipavano a tale prosperità. Poiché tutti, in quel luoghi, accumulavano ricchezze, nessuno considerava il benessere dei cristiani come una minaccia agli interessi degli altri. Giudei e Gentili erano così indaffarati nell'amministrazione dei beni materiali, che non pensavano affatto ad infastidire o perseguitare i seguaci di Cristo. 

A Laodicea non c'erano neppure false dottrine che infastidissero la Chiesa, perché i falsi maestri capitati in città si erano dati da fare per arricchirsi, dimenticando qualsiasi altra cosa.

La Bibbia non condanna il danaro o le ricchezze in genere. Il danaro é potenza e, a parità di condizioni spirituali, un credente ricco, consacrato a Dio, può rendere un servizio obbiettivamente migliore di quello reso da un credente povero. Un credente ricco é sicuramente un grande beneficio all'opera di Dio, mentre un ricco egoista ed avido é solo di grave danno a tutti. 

La Chiesa di Laodicea, in realtà, era nella più squallida miseria perché ricca unicamente di beni materiali. Data la facilità di procurarsi comodità e ricchezze, i cristiani di Laodicea arrivarono a sentirsi completamente soddisfatti. Il danaro e le cose che con esso ci si poteva procurare li fecero cessare di desiderare le cose spirituali. 
Paolo aveva imparato a vivere nella miseria e nell'abbondanza. Egli, cioè, sapeva sopportare la persecuzione e la perdita di ogni bene, senza amareggiarsi troppo o sentirsi per questo dimenticato da Dio. 

Quando aveva in abbondanza tutto quel che gli occorreva, non pensava di averlo meritato e non si lasciava prendere dal materialismo fino ai punto di perdere il suo ardore per la diffusione dell'Evangelo: "Non lo dico perché mi trovi nel bisogno, poiché io ho imparato ad accontentarmi dello stato in cui mi trovo. So vivere nella povertà e anche nell'abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato a essere saziato e ad aver fame; a essere nell'abbondanza e nell'indigenza. Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica" (Filippesi 4:11-13).

Purtroppo, i cristiani di Laodicea non avevano imparato questo semplice segreto. La cosa più triste era che ormai essi non si rendevano nemmeno conto di avere dei bisogni spirituali. Avendo perduto il desiderio di acquisire beni spirituali, di conoscere meglio la Parola di Dio, di essere appieno forniti della potenza dello Spirito Santo, di godere maggiormente la presenza di Gesù, non si rendevano conto di aver fatto naufragio e di essere in miserabile condizione. 

Vivevano in case bellissime, indossavano vesti eleganti, possedevano carri lussuosi per spostarsi, ma tutto questo non era che superficiale apparenza. Cristo vedeva sotto la vernice, dietro la maschera e li vedeva quali essi erano agli occhi di Dio. I loro successi e la loro prosperità materiale non Lo impressionavano. 
Il Signore considerava quei soddisfatti credenti come persone che ingannavano se stessi. 

Quando diventiamo schiavi della nostra presunzione e del nostro orgoglio allora si possono pronunciare le peggiori sciocchezze ed affermare: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!"
Queste parole fanno pensare al ricco stolto della parabola. Aveva fatto tutti i suoi piani: nuovi granai, scorte sufficienti, si sentiva al sicuro, ma il Signore gli disse: "Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata". Cosi avveniva per la Chiesa di Laodicea. 

C. LA SUA POVERTÀ
Erano spiritualmente poverI: "Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo" (Apocalisse 3:17).
Notiamo il contrasto fra quello che l'uomo pensa e quello che Dio realmente sa: 
- "TU DICI: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!"
- "TU NON SAI, INVECE che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo".
Siamo di fronte ad un richiamo molto solenne. Il credente di Laodicea era:
a. INFELICE FRA TUTTI. Il fatto stesso che erano spinti ad accumulare ricchezze, ci fa comprendere la loro profonda insoddisfazione. Quando il cuore dell'uomo non riceve Dio è come un pozzo profondo che non si riempie mai.
b. MISERABILE. Solo il Signore libera dalla miseria e dona una vera sicurezza. 
c. POVERO. Nonostante le grandi ricchezze possedute, è spiritualmente povero: "Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d'animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo" (1Timoteo 6:17).
d. CIECO. Privo della salvezza che ancora credeva di avere. Le realtà spirituali sono a lui nascoste.
e. NUDO. Essere nudi nella Scrittura è sinonimo di sconfitta ed umiliazione: 
2Samuele 10:4: "Allora Canun prese i servitori di Davide, fece loro radere la metà della barba e tagliare la metà delle vesti fino alle natiche, poi li rimandò".
Isaia 20:3,4: "Il Signore disse: "Come il mio servo Isaia è andato seminudo e scalzo, segno e presagio, per tre anni, contro l'Egitto e contro l'Etiopia, così il re d'Assiria condurrà via i prigionieri dall'Egitto e i deportati dall'Etiopia, giovani e vecchi, seminudi e scalzi, con le natiche scoperte, a vergogna dell'Egitto".

Esaminiamoci quindi e se vi sono tracce d'indifferenza o di orgoglio, significa che siamo fuori strada.

L'ESORTAZIONE
Meglio di un buon padre terreno, il Signore, oltre al rimprovero, fa anche delle esortazioni: "Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me" (Apocalisse 3:18-20).

I rimproveri di Dio non sono mai fini a se stessi. Dio non scarta nessuno, non butta via chi non gli serve, ma continua a sperare in lui. Egli fa cinque esortazioni:

PRIMA ESORTAZIONE: "Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti" (Apocalisse 3:18).
Il suggerimento divino nasceva dal fatto che Laodicea era un importante centro bancario e perciò quei credenti erano prosperi finanziariamente. Il comprare sembrerebbe insegnare una salvezza per opere ma l'intento di Dio è che bisogna ottemperare alle Sue condizioni morali: "O voi tutti che siete assetati, venite alle acque; voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte! Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia? Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, gusterete cibi succulenti!" (Isaia 55:1-2).

Se vogliono la vera ricchezza, devono avere dal Signore dell'oro affinato: "Getta l'oro nella polvere, l'oro di Ofir tra i ciottoli del fiume e l'Onnipotente sarà il tuo oro" (Giobbe 22:24,25).

La Scrittura lascia pensare che in questo caso l'oro rappresenti la fede provata che deve essere scevra da ogni impurità e che ci introduce e ci fa partecipi della vita divina: "Affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell'oro che perisce e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo" (1Pietro 1:7).
Gesù vuole che la sua Chiesa raggiunga lo stesso fine: la purificazione.

SECONDA ESORTAZIONE: "Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità" (Apocalisse 3:18).

Nella città di Laodicea, città confezionavano vesti di lucente lana nera e quindi si voleva offrire a chi era spiritualmente nudo delle vesti per ricoprirsi. La "sicurezza" di questi credenti che pensano di essere vestiti e lo erano solo esteriormente, mi ricorda la celebre favola del nuovo vestito di un re. Questi fu ingannato da due sarti bricconi che lo indussero ad acquistare un vestito nuovo, bello e costoso, che essi affermavano, fosse invisibile agli sciocchi e agli incompetenti. Il re andò pavoneggiandosi per le vie della sua capitale, affinché tutti potessero vedere com'egli appariva maestoso nel suo vestito nuovo; ma in realtà, egli era... nudo! Tutto il popolo ammirava il "presunto vestito" del re, immaginandoselo ed apprezzandolo. Ma un bambino, nella sua semplicità esclamò: "Ma il re, è nudo".

Questo avveniva nella Chiesa di Laodicea. Quei credenti avevano bisogno delle vesti bianche della giustizia del Cristo, che il Signore dà generosamente a chiunque lo riceve come Redentore: "Le è stato dato di vestirsi di lino fino, risplendente e puro; poiché il lino fino sono le opere giuste dei santi" (Apocalisse 19:8).

Altra allusione è certamente la gloria dei vincitori "Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli" (Apocalisse 3:5).

TERZA ESORTAZIONE: "Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere" (Apocalisse 3:18).
Laodicea ospitava una scuola di medicina famosa per la "polvere di frigia". Vi era prodotto un famoso unguento da applicare sugli occhi. 

Conoscendo questa realtà, il Signore esorta i credenti di Laodicea a comprare da Lui un collirio particolare che aprirà gli occhi della fede. Certamente ci si riferisce all'unzione dello Spirito Santo che apre i nostri occhi facendoci contemplare la gloria di Cristo. Abbiamo bisogno di questo collirio per vedere realtà che altrimenti ci sarebbero nascoste, come accadde al servo di Eliseo: "Ed Eliseo pregò e disse: "Signore, ti prego, aprigli gli occhi, perché veda!" E il Signore aprì gli occhi del servo, che vide a un tratto il monte pieno di cavalli e di carri di fuoco intorno a Eliseo" (2Re 6:17).

Purtroppo le malattie agli occhi fra i credenti sono molto diffuse. Vediamone alcune:
- LA PRESBIOPIA: si vede bene quel che è lontano. Vi sono cristiani che guardano al ritorno del Signore, alla gloria futura, ma ignorano le esigenze della testimonianza quotidiana. 
- LA MIOPIA: si vede solo quel che é vicino, le cose materiali e si perde di vista la speranza. 
- L'ASTIGMATISMO: si vede solo una confusa delle cose, non c'è il senso della realtà, manca discernimento. 
- LO STRABISMO: non si é capaci di guardare diritto. Si ha un occhio rivolto al cielo e l'altro alla terra con l'unico risultato di avere un'esistenza vacillante, senza fermezza. 

Perciò l'insieme di questi consigli sono più che mai urgenti per la Chiesa di oggi. Il Signore è l'unico che può operare anche nella nostra vista spirituale per poter guardare del continuo verso una sola direzione: "Fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta" (Ebrei 12:12).

Nonostante la tiepidezza e l'orgoglio di questa Chiesa, il Signore le rivolge parole d'esortazione piene di grazia. 
Dio rimane fedele, nonostante la rovina generale della cristianità professante e incoraggia la fede individuale che vi scorge. Questo però non modifica per nulla la sentenza pronunciata su questo corpo senza vita: "lo vomiterà dalla sua bocca".. 

QUARTA ESORTAZIONE: "Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti" (Apocalisse 3:19).
Il Signore attraverso questa serie di esortazioni, mostra il Suo grande amore per la Sua creatura cercando in tutti i modi di farle comprendere il suo reale stato spirituale. 

La Sua disciplina fa parte della Sua perfezione. L'amore non è mai crudele, ma può essere severo: "Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama e punisce tutti coloro che riconosce come figli". Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga? Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli" (Ebrei 12:5-8).

Il riprendere è presentare a chi sbaglia, il suo torto in modo da convincerlo. Ai cristiani di Laodicea, che erano divenuti tiepidi nei loro rapporti con Dio, Cristo rivela la necessità di scuotersi, di essere zelanti. 
La parola greca "zelotes", tradotta in italiano "zelanti", é sinonimo d'assoluta decisione per una causa. Lo zelo non ammette sentimenti incerti o deduzioni a metà.
Questo stesso termine, al tempo di Cristo, designava i patrioti estremisti che combattevano con violenza tutti quelli che si opponevano alla grandezza e alla libertà del giudaismo. I Romani subirono spesso l'influenza degli zeloti e più tardi la Chiesa stessa soffrì a causa loro. 

Oltre a mostrare zelo, dovevano ravvedersi dimostrando un profondo interesse per un radicale cambiamento della loro vita e dei loro pensieri. Se avessero continuato nella loro tiepidezza o indifferenza, nonostante tutto il Suo amore, Cristo li avrebbe rigettati dalla Sua bocca. Benedizione completa o totale rigetto: questa era la scelta che essi avevano davanti e non c'era una via di mezzo

QUINTA ESORTAZIONE: "Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me" (Apocalisse 3:20)
Notiamo una cosa triste: Gesù è fuori della porta. Queste ultime parole che Cristo rivolge alla Chiesa di Laodicea ci offrono un'altra dimostrazione, non solo del Suo amore ma anche della Sua infinita pazienza. Per tutto il tempo in cui la Chiesa si era mostrata tiepida ed indifferente, se n'era stato fuori della porta e bussava. Gli avevano chiusa la porta in faccia. 
Lo stesso Gesù che abbassò se stesso e si fece obbediente fino alla morte e alla morte della croce per la salvezza, continua ad umiliarsi con una sposa che dovrebbe amarlo e invece lo ha scacciato di fatto.

É vero, Gesù ha promesso di stare in mezzo ai credenti, quando anche "due o tre si radunano nel Suo nome", ma "il Suo nome" significa la Sua persona, la Sua natura per cui essere "riuniti nel Suo nome", significa essere riuniti col desiderio di rassomigliare a Lui, di operare come Lui, di compiere la Sua volontà e questo in modo umile, disposti al sacrificio così come Egli fu disposto per portare avanti l'opera del Padre Suo. 

Gesù, con tutta umiltà, era ancora fuori della porta, in attesa che qualcuno, messa da parte la propria superbia, si umiliasse, si ravvedesse e Gli aprisse. Egli sarebbe entrato e avrebbe cenato con lui! In tal modo quel credente sarebbe entrato in una nuova relazione con Gesù. Egli offre pienezza, abbondanza, comunione, infatti, la cena è un momento di scambio e di benedizione reciproca, segno d'amicizia e quindi di comunione. 

Qualcuno vede in questo brano, l'indicazione di come anche un solo credente possa divenire la chiave per il risveglio spirituale di un'intera comunità.
Inoltre, dal contesto di tutti questi messaggi rivolti da Gesù alle Chiese, si ricava l'insegnamento che solo chi cena con Cristo prenderà parte alla grande cena nuziale dell'Agnello. È questa un'interpretazione assolutamente esatta, in quanto l'essenza dell'essere cristiani consiste appunto nell'avere "Cristo in noi, speranza di gloria".
Notiamo un'altra cosa: "Se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui". Non si tratta più nemmeno di "due o tre", ossia del piccolo numero di credenti nel mezzo dei quali il Signore ha promesso la sua presenza, ma ora il Signore si rivolge al singolo. Vi sono Chiese in cui il Signore e Salvatore non trova più nemmeno i "due o tre" che lo conoscono come Figlio di Dio e loro Salvatore e che gli appartengono. 
C'è da chiedersi: "É possibile restare insensibili"? 

Il Signore sta per ritornare ed allora la situazione cambierà radicalmente: "Ma, mentre quelle andavano a comprarne, arrivò lo sposo; e quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze e la porta fu chiusa. Più tardi vennero anche le altre vergini, dicendo: "Signore, Signore, aprici!" Ma egli rispose: "Io vi dico in verità: Non vi conosco". Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora" (Matteo 25:10-13).

In quel giorno, molti che pur professando d'essere cristiani ma sono spiritualmente morti, chiederanno di entrare; busseranno alla porta ma invano. Egli, che oggi bussa alla porta dei cuori desiderando entrare, non aprirà più a quelli che, durante il giorno della salvezza, non hanno voluto aprirgli il loro cuore!

LA PROMESSA
Anche per la tiepida, orgogliosa, povera, cieca e nuda Chiesa di Laodicea ci può essere la realizzazione della promessa a patto però che si ravveda: "A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono posto a sedere col Padre mio sul suo trono" (Apocalisse 3:21).

Le sette lettere sono accomunate da promesse che realizzeranno solo coloro che vinceranno. La promessa consiste nel partecipare alla gloria del Re, alla potestà regale ed alla gloria celeste del Figlio di Dio: "Certa è quest'affermazione: se siamo morti con lui, con lui anche vivremo; se abbiamo costanza, con lui anche regneremo" (2Timoteo 2:11,12).
Quale privilegio ed offerta di grazia Gesù promise: "Or voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io dispongo che vi sia dato un regno, come il Padre mio ha disposto che fosse dato a me, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno e sediate su troni per giudicare le dodici tribù d'Israele" (Luca 22:28-30).

Come le altre lettere anche questa termina con: "Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese". Il segreto per ricevere tutto questo sta nell'ascolto, essendo questo il mezzo per realizzare la vera fede. Saremo noi attenti alla voce del Signore? Beati coloro che ascoltano "Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!" (Apocalisse 1:3).
Sono queste le ultime parole di Gesù alle sette Chiese. D'ora innanzi nel libro dell'Apocalisse, non si parlerà più della sua Chiesa sulla terra.

L'APPLICAZIONE PROFETICA: LA CHIESA APOSTATA CHE NON PARTECIPERÀ AL RAPIMENTO
Quanti sono assertori delle sette lettere come altrettante descrizioni della storia della Chiesa negli anni, ritengono ch'essa rappresenti la Chiesa che precede il ritorno di Cristo, che non veglia abbastanza e che non farà parte del rapimento: "Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono a incontrare lo sposo. Cinque di loro erano stolte e cinque avvedute; le stolte, nel prendere le loro lampade, non avevano preso con sé dell'olio; mentre le avvedute, insieme con le loro lampade, avevano preso dell'olio nei vasi. Siccome lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentarono" (Matteo 25:1-5).

La Chiesa cristiana ci é presentata nella sua fase finale. É la Chiesa futura come il mondo la desidera, "come piace agli inconvertiti", che non si lascia dirigere e giudicare dalla Parola di Dio e dal suo Spirito, una Chiesa dunque che é "giusta per il popolo", dove compromesso, apostasia (anche se non dichiarata apertamente), orgoglio, amore per il mondo e per le cose del mondo hanno trionfato sulla fede semplice e sincera. 

È la Chiesa d'oggi, la Chiesa della nostra generazione che mai ha conosciuto una tiepidezza come quella che stiamo vivendo. Dove sono i missionari, dove sono le consacrazioni, dov'è l'amore per Dio, per la Sua opera, per la Sua Parola? Dov'è il timore di Dio che è principio di sapienza? Soprattutto, dov'è lo zelo per l'opera di Dio? TIEPIDEZZA, ecco quello che c'è e il risultato sarà uno solo: "Io ti vomiterò dalla mia bocca". La Chiesa di Laodicea é ormai divenuta quel "sale insipido che non è più buono a nulla se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini".

CONCLUSIONE
L'ultima delle sette lettere inviate alle Chiese dell'Asia minore, ha in sé qualcosa di solenne. In un certo senso contiene l'ultimo richiamo. Questo particolare ci ricorda che viene il momento in cui Dio pone un termine alla Sua attesa, come accadde durante il diluvio.

Superato un certo limite, é troppo tardi. Questo concetto è spesso evidenziato dalla Parola di Dio. Lo vediamo nella storia del ricco epulone e nelle vicende degli abitanti di Gerusalemme ai quali Gesù dirà: "Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora é nascosto ai tuoi occhi". 

Sebbene il giudizio non fosse ancora giunto, i giudei avevano superato il limite della pazienza divina, per cui non c'era più speranza. Tutto questo deve far riflettere. 
L'esame di questa lettera. deve provocare un profondo senso di umiliazione da parte nostra. La superficialità con cui sono trattati i richiami divini, non rimane senza conseguenze. Il rifiuto di ascoltare e credere nella Parola del Signore attira il giudizio divino. Come disse Gesù agli abitanti di Gerusalemme: "Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto". Nello stesso modo anche qui, attraverso le diverse lettere, noi assistiamo ad un crescendo di richiami da parte del Signore. 

Inoltre, non solo questi richiami rimangono inascoltati, ma vi é un peggioramento nella situazione morale. Pochi sono quelli che mostrano sensibilità. In queste sette Chiese abbiamo un panorama che descrive dettagliatamente la storia della cristianità nel corso dei secoli e la divaricazione sempre più evidente fra cristiani fedeli e cristiani nominali.
Perciò, non v'è nulla d'esagerato nell'affermare che la lettera alla Chiesa di Laodicea, oltre a descrivere lo stato morale della Chiesa situata in Asia al tempo di Giovanni, illustra anche la condizione della cristianità degli ultimi tempi, che si crede ancora Chiesa, ma che in realtà non conosce più Gesù Cristo. Tramite Laodicea, Dio vuole avvertire noi: "Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere" (1Corinzi 10:12).
Che ognuno di noi sia vigilante, affinché possiamo essere protetti contro questo stato di spirito fatto di indifferenza e di formalismo religioso senza vita.

Desidero, a conclusione di questo studio, riportare la traduzione tratta dalla Living Bible (una Parola, una vita), che rende meglio l'idea sulla Chiesa di Laodicea:
"SCRIVI QUESTA LETTERA AL RESPONSABILE DELLA CHIESA DI LAODICEA. "QUESTO È IL MESSAGGIO DEL SIGNORE, CHE È SEMPRE LO STESSO, IL TESTIMONE FEDELE E VERACE (TUTTO CIÒ CHE È, CHE ERA E SEMPRE SARÀ), LA PRIMA FONTE DELLA CREAZIONE DI DIO. IO VI CONOSCO BENE, NON SIETE NÉ CALDI, NÉ FREDDI. QUANTO VORREI CHE FOSTE UNA COSA O L'ALTRA! MA POICHÉ SIETE SOLTANTO TIEPIDI E NON SIETE NÉ FREDDI NÉ FERVENTI, VI SPUTERÒ DALLA MIA BOCCA! VOI DITE: "SIAMO RICCHI, ABBIAMO TUTTO CIÒ CHE VOGLIAMO E NON ABBIAMO BISOGNO DI NIENTE!" E NON SAPETE CHE SPIRITUALMENTE SIETE DEGLI INFELICI, POVERI, MISERABILI, CIECHI E NUDI. VI CONSIGLIO DI COMPRARE DA ME DELL'ORO RAFFINATO COL FUOCO, SOLTANTO COSÌ SARETE REALMENTE RICCHI! E DELLE VESTI BIANCHE E PULITE DA INDOSSARE, COSÌ NON VI VERGOGNERETE PIÙ DI ESSERE NUDI E DI PRENDERE DA ME IL COLLIRIO PER GUARIRVI GLI OCCHI E RIACQUISTARE LA VISTA. IO RIMPROVERO E CASTIGO TUTTI QUELLI CHE AMO, PERCIÒ DEVO PUNIRVI, A MENO CHE NON RINUNCIATE ALLA VOSTRA INDIFFERENZA E RIACQUISTIATE ENTUSIASMO PER IL SIGNORE. ECCO, IO STO ALLA PORTA E CONTINUO A BUSSARE. SE UNO SENTE LA MIA VOCE E MI APRE, IO ENTRERÒ E CENEREMO INSIEME, IO CON LUI E LUI CON ME. VICINO A ME, SUL TRONO, FARÒ SEDERE I VINCITORI, COME ANCH'IO HO VINTO E MI SONO SEDUTO INSIEME COL PADRE SUL SUO TRONO. CHI PUÒ UDIRE, ASCOLTI CIÒ CHE LO SPIRITO DICE ALLE CHIESE".