La Chiesa cattolica: centro, periferie e scismi

cattolicesimoAnche chi sottolinea il carattere ormai “laico” e i risultati irreversibili del processo di secolarizzazione ammette, in genere, che la società italiana è segnata in modo profondo e irrinunciabile dalla presenza della Chiesa cattolica in tutti i suoi aspetti: dall’arte alla letteratura, dalla politica all’atteggiamento più generale nei confronti della vita, dell’etica, delle relazioni interpersonali. Nonostante la presenza crescente di forme cristiane diverse dal cattolicesimo, molti italiani ancora oggi identificano nel linguaggio comune “la Chiesa” con la Chiesa cattolica e “i cristiani” con “i cattolici”.

Dal punto di vista statistico, la Chiesa cattolica - guidata dal 19 aprile 2005 da Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger, nato a Marktl am Inn, in Germania, il 16 aprile 1927, già docente di teologia dogmatica e fondamentale e storia del dogma, dal 1977 arcivescovo di Monaco e Frisinga, dal 1981 Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Presidente della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale) - è la maggiore denominazione religiosa organizzata del mondo, e le stime aggiornate al 2000 le attribuiscono 1 miliardo e 56 milioni di fedeli secondo l’esperto di statistiche religiose statunitense David Barrett, 1 miliardo e 86 milioni secondo i dati aggiornati al 31 gennaio 2005 e diffusi dalla Santa Sede, dei quali – stando a quest’ultima fonte – il 49,8% nel continente americano, il 25,8% in Europa, il 13,2% in Africa, il 10,4%  in Asia e lo 0,8% in Oceania (nel mondo i sacerdoti sono 405.450 e, a partire dal 2004, sono stati nominati 171 nuovi vescovi oltre i 4.449 già esistenti). Storicamente, il protestantesimo e l’ortodossia possono essere considerati come branche diverse e separate del cristianesimo. Per “scismi” della Chiesa cattolica intendiamo qui fenomeni di origine più recente e certamente non protestanti, che si sono prodotti contestando alcuni aspetti particolari del cattolicesimo.

Di origine giansenista e settecentesco, il movimento vetero-cattolico dell’Unione di Utrecht si è organizzato intorno al rifiuto del Concilio Vaticano I, e in particolare del dogma dell’infallibilità del Papa, proclamato nel dicembre 1869. Vi hanno via via aderito “Chiese nazionali” che hanno inteso affermare anche una loro specificità nazionale ed etnica, rifiutando la direzione centralizzata e internazionale della Santa Sede. Le principali denominazioni di questo secondo tipo sono la Chiesa Nazionale Cattolica Polacca – fondata tra i polacchi degli Stati Uniti (che contestavano la prevalenza del clero e dei vescovi di origine irlandese) da Francis Hodur (1866-1953), nel 1898, e oggi diffusa anche in Polonia – e la Chiesa Filippina Indipendente, creata da Gregorio Aglipay (1860-1940) nel contesto della lotta per l’indipendenza delle Filippine, che la gerarchia cattolica era accusata di non sostenere.

Se l’Unione di Utrecht rifiuta il Concilio Vaticano I, un altro gruppo di scismi rifiuta il Concilio Ecumenico Vaticano II. Storicamente, un’attività scismatica di carattere anti-moderno e “reazionario” inizia con le vicende della Petite Église, nome attribuito a un gruppo di movimenti che rifiutano il concordato fra la Santa Sede e Napoleone I (1769-1821) del 1801 e la conseguente riorganizzazione delle Diocesi francesi. Dopo il 1801 nascono una quindicina di petites églises indipendenti in Francia e in Belgio; la maggioranza è successivamente riassorbita dalla Chiesa cattolica e oggi rimangono solo le branche di Lione (trecento fedeli), Borgogna (trecento), Belgio (centocinquanta “stevenisti”, dal nome del vicario generale della Diocesi di Namur, Corneille o Cornelius Stévens, 1747-1828, che si trova alle origini del movimento) e soprattutto Poitou (tremila). Contrariamente a un’opinione diffusa, questi “dissidenti” oggi non hanno in maggioranza idee politiche monarchiche, e rimangono nelle rispettive petites églises – nonostante periodici tentativi di riconciliazione promossi dalla gerarchia cattolica – per ragioni di fedeltà a una tradizione familiare, che li porta (non avendo voluto alcuna petite église cercare ordinazioni sacerdotali illecite) a vivere la loro fede in semplici riti officiati da laici incentrati sulla preghiera e la “comunione spirituale”.

Dopo il Vaticano II, l’episodio più rilevante, su scala mondiale, è stato lo scisma del vescovo Marcel Lefebvre (1905-1991), che si è consumato nel 1988. Oltre monsignor Lefebvre – nella radicalità della rottura con Roma – si spingono altri gruppi “integralisti” o “sedevacantisti”, i quali (con spiegazioni teologiche piuttosto diverse fra loro) considerano la sede di Roma almeno formalmente e talora anche materialmente “vacante”, non riconoscendo la validità dei pontefici che avrebbero perduto la loro legittimità (o non l’avrebbero mai avuta) accettando riforme inammissibili e allontanandosi dalla verità cattolica. È possibile ancora un passo ulteriore: se la sede di Roma è “vacante”, occorre nominare un nuovo Papa, o radunando i rappresentanti del popolo cattolico “ancora fedele” ovvero seguendo una designazione “spirituale” per via di rivelazioni private che vengono direttamente dal Cielo. Non mancano così, dall’inizio del Concilio Vaticano II a oggi, un certo numero di personaggi che affermano di essere il “vero” Pontefice (e per i quali, collettivamente, si può resuscitare l’appellativo – frequente in epoche passate – di “antipapi”).

Per la verità, fenomeni di questo genere – se pure hanno avuto una recrudescenza negli anni successivi al Vaticano II – non sono mai mancati nella storia della Chiesa. Per limitarci all’Italia, si possono citare nel XIX secolo (a partire dal 1842) il caso del parroco piemontese Francesco Antonio Grignaschi (1810-1883) – descritto nel romanzo di Lorenzo Mondo Il Messia è stanco (Garzanti, Milano 2000) – che dalla Valle Anzasca al Monferrato, circondato da diverse veggenti, si proclama messia e nuovo Cristo; e nel XX secolo la “Chiesa di Voltago”, sorta dopo la condanna nel 1950 di un’apparizione mariana e di una spiritualità mariano-millenaristica nata nell’Arcidiocesi di Milano, e dotatasi nel corso della sua effimera esistenza (una decina di anni) di incarnazioni del Cristo, della Madonna e anche di un pontefice (cfr. Bruno Maria Bosatra, “Millenarismo mitigato a Milano. Una falsa spiritualità sconfessata da Schuster”, in Studi in onore di Mons. Angelo Maio per il suo 70° compleanno [Archivo Ambrosiano, LXXII], a cura di Fausto Ruggeri, NED, Milano 1996, pp. 95-114).

Il fenomeno delle rivelazioni private e delle apparizioni della Madonna, di Gesù e dei santi, è cresciuto considerevolmente grazie ad alcuni fattori che ne hanno favorito la diffusione: l’enfatizzazione dei mass media, l’aumento esponenziale delle pubblicazioni destinate a raccogliere le rivelazioni private e le testimonianze di miracoli, la fondazione di associazioni, enti e istituti religiosi finalizzati alla diffusione dei messaggi, l’itineranza dei veggenti che si spostano continuamente lungo la penisola. Quest’ultimo elemento può produrre effetti diversi: una sorta di “collegamento spirituale” fra diversi veggenti o, al contrario, la contrapposizione di veggenti che rivendicano unilateralmente l’“autenticità” dei messaggi ricevuti. Non è raro, inoltre, che sacerdoti cattolici accompagnino e sostengano pubblicamente l’autenticità dei messaggi prima che l’autorità ecclesiastica si sia pronunciata. Le rivelazioni private e le apparizioni della Madonna o di Gesù Cristo non riconosciute dall’autorità ecclesiastica sono numerosissime. Il mancato riconoscimento porta nella maggior parte dei casi a una semplice disobbedienza: si continua a frequentare il veggente o il luogo di apparizione non riconosciuto, nonostante gli ammonimenti ecclesiastici, ma non ci si separa formalmente da Roma né si introducono nuove dottrine.

Qualche volta la rottura va oltre e nascono i fenomeni del cosiddetto “cattolicesimo di frangia”. In questi casi, in genere – ma non mancano eccezioni – i fedeli si considerano soggettivamente cattolici ancora in comunione con la Chiesa di Roma, ma quest’ultima – nelle sue varie articolazioni – mette in dubbio il permanere di tale comunione. Si osserva talora che lo studioso, in quanto tale, non può semplicemente accettare il giudizio della gerarchia ecclesiastica. Certamente non spetta agli studiosi offrire conclusioni di carattere squisitamente teologico; tuttavia, quando la gerarchia ecclesiastica pronuncia un giudizio in modo ufficiale, questa presa di posizione – a prescindere da qualunque sua valutazione teologica – diventa un fatto rilevante anche dal punto di vista sociologico. Il giudizio, in quanto fatto, ha una sua oggettiva efficacia e crea una separazione o almeno un principio di separazione, provvisorio o definitivo. Si tratta qui, evidentemente, di giudizi che riguardano la sostanza di un’identità dottrinale, non semplici divergenze di carattere disciplinare o politico.

Spesso è difficile dire se le realtà “cattoliche di frangia” siano ancora unite alla Chiesa di Roma, pienamente separate ovvero a metà di un guado. Alcuni casi sono chiari: altri si situano in una “zona grigia” difficile da valutare, tanto più in un’opera come questa che – ancora una volta – non ha l’intenzione di formulare giudizi teologici. L’inclusione di una realtà in questa sede nella parte dedicata al “cattolicesimo di frangia” non comporta, quindi, alcun giudizio di valore: si limita a prendere atto – a titolo di dato di fatto – di circostanze oggettive che mettono almeno in dubbio il permanere di una piena comunione fra ciascuna realtà e la gerarchia cattolica, giustificando così una trattazione specifica in questa sede che ha un semplice carattere informativo. Diverso invece è il caso in cui nuove dottrine e pratiche non permettano un inquadramento nel cattolicesimo, neppure di frangia, e si debba invece parlare di realtà del tutto diverse: è il caso, per esempio, di Anima Universale, che pertanto non troverà posto in questa sezione.

Diverso rispetto agli “scismi” di origine cattolica e al “cattolicesimo di frangia” è anche il fenomeno dei “vescovi vaganti” e delle “piccole Chiese”, che non nascono – nella maggior parte dei casi – da un dissenso teologico (o “politico”) chiaramente riconoscibile nella sua cornice dottrinale, ma piuttosto dalla ricerca di un episcopato “autonomo” da parte di singoli personaggi che riescono in genere a radunare un numero piuttosto modesto di seguaci, e che del resto vanno a cercare la loro legittimità non solo nel mondo cattolico, ma anche in quello ortodosso ovvero anglicano. Lo strano fenomeno dei “vaganti” nasce dalla dottrina prevalente nel mondo cattolico secondo cui un vescovo, anche separato dalla comunione con Roma, conserva la potestà di consacrare vescovi e ordinare sacerdoti. Tali vescovi e sacerdoti saranno consacrati e ordinati illecitamente, ma validamente; e ciascun vescovo consacrato illecitamente potrà a sua volta validamente (e illecitamente) consacrare altri vescovi e ordinare altri sacerdoti.

I “vaganti”, come documentato da diversi specialisti, sono nel mondo diverse migliaia. Alcune catene risalgono al secolo scorso, altre sono di origine più recente. È difficile, naturalmente, dire con certezza se un “vagante” odierno, che si situa al termine di una di queste catene, sia stato consacrato validamente (dal punto di vista della teologia cattolica prevalente): è necessaria, infatti, la validità di ogni singolo passaggio della catena, e nel mondo dei “vaganti” non mancano irregolarità tali da escludere tale validità, come consacrazioni “per posta” e consacrazioni episcopali di donne (per definizione non solo illecite, ma anche invalide dal punto di vista cattolico). Quello che è certo è che per i “vaganti” la validità – potenzialmente suscettibile di essere riconosciuta dalla teologia cattolica – della loro consacrazione è un punto d’onore sostenuto con zelo e con calore. Dal punto di vista sociologico, i “vaganti” sono molto diversi fra loro. Alcuni sono semplici avventurieri, pronti a sfruttare la confusione del pubblico (che normalmente non distingue fra un “vagante” e un vescovo cattolico in comunione con Roma) a fini talora meramente utilitaristici (alcuni “vaganti” fanno commercio di ordinazioni sacerdotali, e talora anche di titoli cavallereschi e di diplomi universitari senza valore legale; due attività che sono diventate tipiche di una parte di questo mondo e che in alcuni paesi sono illegali, così che si legge talora che la polizia ha semplicemente arrestato un “falso vescovo”, anche se quando ci si trova di fronte a un “vagante” le cose sono in realtà più complesse). In altri casi, i “vaganti” sono figure romantiche che sognano di ricreare forme antiche e perdute di cristianesimo, spesso in perfetta buona fede. Di rado i “vaganti” danno luogo a veri e propri movimenti (in genere sono figure isolate) e quindi una loro catalogazione esula dagli scopi che qui ci si prefigge, salvo i casi – rari – in cui i “vaganti” riescono a radunare un effettivo seppur modesto seguito. Separatamente, sono trattate in altre sezioni del presente progetto le Chiese gnostiche e altri fenomeni, come la Chiesa cattolica liberale, segnata dal suo incontro con la Teosofia, e in cui predominano, almeno storicamente, elementi di tipo esoterico o neo-orientale.

B.: Sulle varie forme di marginalità alla periferia della Chiesa cattolica, cfr. Massimo Introvigne, “La stigmatisation de certains groupes comme sectes au sein du catholicisme”, in Françoise Champion - Martine Cohen (a cura di), Sectes et démocratie, Éditions du Seuil, Parigi 1999, pp. 277-289. Sui “vaganti”, in generale, si vedano: Peter F. Anson, Bishops at Large, Faber & Faber, Londra 1964; Karl Prutter - J. Gordon Melton, The Old Catholic Sourcebook, Garland, New York-Londra 1983; cfr. pure i fascicoli periodicamente pubblicati in Francia da Bernard Vignot con il titolo Répertoire des petites églises catholiques non romaines et orthodoxes non canoniques (presso l’autore, Notre-Dame-de-Bondeville); l’annuario di Alain Bain, Bishops Irregular, presso l’autore, Bristol 1985; e Gary L. Ward - Bertil Persson - A. Bain (a cura di), Independent Bishops: An International Directory, Apogee Books, Detroit 1990. Sulle petites églises cfr. da ultimo, in generale e in breve, Guy Janssen, La Petite Église en 30 questions, Geste Éditions, La Crèche 1999.