ZACCARIA ED ELISABETTA

La partecipazione di questi coniugi, nell'avvento del Redentore, é davvero attiva e ravvicinata. In tale contesto, così ricco di personaggi originali e toccanti, la loro esperienza assume i tratti di una avventura che ci attrae e ci offre un notevole contributo d'insegnamenti sulla fede cristiana. Essi erano originari di Jutta, cittadina posta sopra le colline ad Est di Ebron, in Giudea, ed entrambi di stirpe sacerdotale. Zaccaria, secondo la rotazione dei turni, svolgeva servizio nel Tempio di Gerusalemme. Elisabetta discendeva dalla famiglia di Aaronne, il suo nome, significa “Dio ha giurato”.
In un’epoca di diffuso decadimento in Israele, essi restano fedeli alla pura religione ebraica. Il Signore li fa così emergere, chiamandoli ad una funzione particolarissima ed onorevole, premiando la loro disponibilità. Luca c’introduce alla scoperta del loro carattere e del loro ruolo con un grande senso di rispetto, definendoli: “Giusti nel cospetto di Dio”. Infatti, chi é giusto davanti agli uomini, non sempre é tale anche agli occhi di Dio, che non riguarda all'apparenza, ma al cuore. Essi sono dei Giudei dei quali “la lode procede, non dagli uomini, ma da Dio” (Romani 2:29). Retti nelle azioni, o erano pure nelle loro intenzioni, contrariamente a quanti “facevano suonare le trombe” per vanto prima di fare elemosine (Matteo 6:2). Dio voleva penetrare la tragica piaga d'Israele, mettere a nudo la sua “ingiustizia interiore”, la falsità e il bigottismo, che allontanava il giudeo da Dio e dal proprio simile. Zaccaria e la sua consorte, prima di obbedire agli aspetti pratici della Legge, assolvevano ai “precetti celesti”, cioè al “culto interiore” in essa celato, con sincerità di sentimenti. Dio trovò in loro gli strumenti adatti per adempiere i suoi piani.
Vogliamo adesso notare questi personaggi all'opera, seguendo la traccia della narrazione biblica.

UN SEGNO PER L'INCREDULITÀ (Luca 1:5-23)

Davide aveva ordinato il servizio al Tabernacolo, dividendo il numero dei sacerdoti in 24 mute, ciascuna delle quali doveva ministrare per l'arco di una settimana (1Cronache 24:4-19). Di queste, soltanto 24 ritornarono dall'esilio in Babilonia (Esdra 2:36-39) e furono suddivise in modo da ricostituire il numero originario, con a capo un presidente per ciascuna, che il N.T. chiama “Principale Sacerdote” per distinguerlo dal “Sommo Sacerdote”.
Nell'ordine della muta di Abia, Zaccaria stava offrendo il profumo nel Tempio, mentre il popolo, nei cortili di esso, era raccolto in preghiera. Ad un tratto, appare un angelo alla destra dell'altare. La Scrittura usa sistematicamente il verbo “apparire”, significando una manifestazione inattesa, repentina di ciò che é invisibile. Una vera e più efficace “Teofania” si stava preparando...
Dio onora qui, ancor prima della carica religiosa, l'animo di un uomo che offriva ogni giorno tutto se stesso a Dio, chiedendosi perché Egli non poggiasse la Sua benedizione sulla sua famiglia. Era pensiero comune che la sterilità fosse chiaro sintomo della disapprovazione divina. La prova fu mandata perché fosse maggiormente apprezzata la risposta divina; Giovanni, in Ebraico, significa, infatti “dono prezioso”. Dono che Dio volle fare a lui ed a molti altri, i quali desiderava strappare allo sviamento generale ed introdurre nel “residuo d'Israele”.
Abramo, benché quasi centenario, “dinanzi alla promessa di Dio, non vacillò per incredulità, ma fu fortificato per la sua fede dando gloria a Dio” (Romani 4:20,21). Zaccaria, invece, non credette alle parole dette da parte di Dio e domandò un segno. Il segno fu però per lui una punizione particolare: avrebbe perso per un tempo l'uso della parola e dell'udito (Luca 1:62). Meglio é non parlare delle cose di Dio, che farlo senza convinzione (1Tessalonicesi 1:5). Senza tale certezza, la proclamazione avrebbe sortito un effetto poco persuasivo, come ogni qual volta i credenti parlano delle realtà divine come se non fossero vere.
Fuori, il popolo attendeva con apprensione il sacerdote, che tardava ad uscire per dare la benedizione nel nome di Dio. Era noto che se Dio non avesse accettato l'offerta, il sacerdote sarebbe morto (Levitico 10:1,2). Sicuramente nulla offende Dio quanto l'incredulità; essa Lo sottovaluta, Lo giudica. Quando finalmente Zaccaria esce in pubblico, tutti si accorgono che egli ha avuto una visione speciale, comprendendo dal suo viso che Dio é tornato a manifestarsi potentemente. Pur muto, Zaccaria, é fortemente espressivo; il popolo inizia ad essere sensibilizzato alla presenza di Dio.
L'incredulità, solo momentanea in Zaccaria, era radicata nei cuori della popolazione. Dio mostra Zaccaria stesso quale innegabile segno che “l'angelo del Patto” é ormai alle porte. Di ciò il sacerdote non aveva dubitato; la sua diffidenza era rivolta all'esaudimento della sua sola richiesta personale. D'altronde il suo atteggiamento non é tutt'oggi raro; tendiamo sempre ad aver più fede per le cose altrui che per noi stessi. Risulterà invece inveterata la diffidenza delle classi religiose, che dimenticheranno tale esperienza, pretendendo segno dopo segno, per scacciare infine il Messia e provare soltanto la propria ostinata superbia.

UN INCONTRO DI CONFERME DIVINE (Luca 1:39-45)

Elisabetta viveva insieme al marito, sottomessa ai valori morali della Legge prima ancora che al cerimoniale. Tuttavia ella dovette soffrire l'“obbrobrio” della sterilità, anche se non appare rassegnata a tale sorte. Così, nel tempo stabilito, Dio esaudì anche le preghiere ferventi di questa donna. Mediante la sua miracolosa gravidanza, Dio volle confermare alla giovane Maria lo straordinario annuncio fattole dall'angelo, che, onestamente, avrebbe stupefatto ogni uomo.
Non é paradossale che una creatura umana sia chiamata a ratificare il messaggio di un angelo celeste. Nel Nuovo Patto, Dio sceglie gli uomini, non degli angeli, affinché proclamino ad altri uomini la Sua gloriosa Opera.
Maria non si recò dalla parente per sfiducia, ma perché spinta dalla medesima compassionevole mano divina. Entrambe avevano ricevuto un favore speciale; attraverso quest'incontro si fortificarono reciprocamente nella fede. Maria non mostra minimamente di essere in stato interessante e non aveva ancora informato la cugina del concepimento, iniziato solo da qualche giorno.
Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, riconosce già il proprio Signore nel grembo di Maria ed esulta insieme alla creatura che ormai da mesi porta nel seno. Altri adoreranno il Messia ancora in fasce, ma l'esperienza di questa pia giudea, la sua illuminazione, é unica. E' proprio la fede che fa realizzare l'invisibile, una virtù schietta che conforta la fede altrui. La sua dichiarazione é sentita, scevra di tentennamenti; simile esperienza, faranno, nei secoli appresso, tanti altri riconoscendo con esultanza il Signore vivente ed operante nel loro essere, senza vederLo fisicamente.
Forse la fede di Elisabetta era stata pure maturata dalla “disavventura” del marito ma, in fondo, la stessa natura femminile sembra essere portata ad afferrare con maggior slancio ed audacia le promesse divine (Giudici 4:6,7). Dio voleva poi dare una nuova conferma a Giuseppe, che aveva comunque dimostrato un'umile disponibilità di fronte ad una situazione più grande di lui. Le meravigliose parole proferite da Elisabetta, furono udite pure dalla scorta al seguito di Maria, che al ritorno avrebbe testimoniato all'uomo la piena innocenza della futura moglie, già rassicurato dall'angelo (Matteo 1:20,21). Era, infatti, sconveniente, secondo il costume giudaico, che una donna fidanzata viaggiasse da sola, per cui veniva fatta accompagnare da persone di fiducia.
Impariamo dunque dall'atteggiamento di Elisabetta una nobile lezione: rallegrarsi per i grandi doni, superiori ai nostri, che già altri hanno ricevuto, senza portare invidia, bensì largendo degli incoraggiamenti preziosi a chi é chiamato a svolgere un compito particolare ed oneroso.
Concludendo, qualcuno ha opinato che qui Cristo andò ad incoraggiare Giovanni in vista della sua missione, ma tale distensione spirituale del fatto pare un pò inusitata.

DEI GENITORI PRESCELTI (Luca 1:57-66)

Questa é la parte “indiretta”, ma di certo non meno importante del ruolo di Zaccaria ed Elisabetta nell'avvento di Gesù Cristo. Dio “aveva magnificato la Sua misericordia” verso di loro, concedendogli un figlio che doveva preparare la via del Messia, il quale col Suo sangue avrebbe riconciliato l'umanità a Dio. Il Signore stava per rivolgersi indistintamente a tutto il popolo, per toccarne la coscienza e disporlo alla venuta del Suo Unto.
Giovanni sarà la “lampada” che ravviverà l'anelito alla luce spirituale, Gesù sarà la luce divina che sazierà tale ricerca (Giovanni 1:7-9). Giovanni sarà “la voce” (Isaia 40:3), Gesù la Parola (Giovanni 1:1), che dovrà compiere ciò che altrimenti sarebbe rimasto il vuoto suono d'un grido.
Prestando fiducia nel figlio di Zaccaria, il popolo doveva essere “educato” a credere in Cristo, poiché il precursore avrebbe camminato contro la finzione ed il peccato dei suoi connazionali, e non contro l'ignoranza religiosa degli invasori stranieri. Zaccaria ed Elisabetta avevano vissuto al servizio di Dio; il loro figlio renderà un enorme servigio, a prezzo della stessa sua vita, al fine, di svegliare a penitenza gli induriti cuori degli Ebrei. Un messaggio così penetrante, mirava anche ad allineare un popolo dilaniato dalle fazioni religiose acremente opposte fra loro. Bisognava riportare i costumi, la dottrina, all'originaria purezza, dopo la corruzione causata dall'intromissione delle superstizioni pagane e dell'epicureismo. Un progetto di non semplice attuazione; in esso Zaccaria sembra dover preparare la strada al precursore terreno del Messia.

L'INNO DI UN “REVIVALISTA” (Luca 1:67-79)

Zaccaria dovette trascorrere ben nove mesi assorto nel silenzio, senza poter parlare né udire a motivo della sua durezza dinanzi alla “sovrannaturale novità” affermata da parte di Dio. Egli poté meditare intensamente su quei momenti, quel discorso, davanti all'altare dei profumi.
Indubbiamente l'avvenimento suscitò vasta impressione e fiduciosa riverenza per le potenti meraviglie del Signore, avvalorando enormemente le parole che il sacerdote dirà dopo la nascita del figlio, tese ad attrarre l'attenzione sul ruolo chiave che quest'ultimo sarà chiamato a svolgere.
Erano trascorsi circa quattrocento anni, dal Tempo di Malachia, nei quali la “voce” della profezia era rimasta muta. Adesso Dio parla attraverso un uomo che é stato quasi per un anno sordomuto, dimostrando che il Suo orecchio é sempre stato inclinato verso Israele, malgrado l'incapacità di esso ad invocarLo. “Dio si é ricordato” (questo é l'emblematico corrispondente ebraico del nome Zaccaria) del Suo popolo e del Suo servitore privo di prole. La gratitudine, la lode di quest'uomo, tornato miracolosamente a parlare, sgorga, nell'afflato dell'ispirazione divina, come un fiume in piena. La sua fede ringiovanita si esprime con assoluta “certezza di cose che si sperano” usando i verbi al presente, in riferimento ad eventi così prossimi, ma ancora futuri. Egli benedice Dio “perché ha visitato e riscattato il suo popolo”.
I Giudei dividevano il tempo in due ere: dalla creazione alla venuta del Messia; dall'età messianica alla fine dei tempi. Con l'esclamazione: “I santi profeti che sono stati d'ogni secolo”, viene qui preannunciata l'introduzione alla nuova era. Ma pochi accetteranno l'idea che Dio volesse regnare nel cuore purificato del Suo popolo, e l'avvicendamento dispensazionale per tutti gli altri non avverrà. Tuttavia i benefici della salvezza si estenderanno retroattivamente a tutti coloro che in passato erano morti nella sincera fede in un Salvatore perfetto, che sarebbe venuto ad espiare i loro peccati, accordando l'accesso alla presenza divina. Questi versetti fanno rilevare che la più grande benedizione promessa ad Abramo non fu il potere temporale dei suoi discendenti, ma la loro liberazione dai nemici spirituali, dalla potenza avvolgente del peccato.
Infatti, oltre ad indicare la libertà e la sicurezza della redenzione, viene precisato lo scopo di essa: “perché gli servissimo senza paura in santità e giustizia nel Suo cospetto”. Ben potevano uscire, queste parole, dalle labbra di un uomo che aveva vissuto in modo coerente e consacrato al volere divino. Cristo é il tema del suo cantico, presentato quale manifestazione gloriosa della misericordia e della fedeltà di Dio, e poi come proclamato dal Suo profeta e precursore.
Stupisce la maniera in cui Zaccaria parla di Giovanni senza alcuna auto-esaltazione di padre. Non “figlio mio”, ma un umile e distaccato “tu, o piccolo fanciullo”, quasi che il legame fra il bambino ed il Messia avesse assorbito quello filiale che univa il sacerdote al figlio.
Il titolo: “l'Altissimo”, applicato nella Scrittura soltanto all'Eterno Dio, é qui adoperato dallo Spirito Santo in riferimento a Gesù Cristo per indicarne la divinità. Le parole conclusive di Zaccaria aprono uno spiraglio al disegno di Dio circa la venuta del Suo Unto. Il verso 79 denota un chiaro aggancio ad antiche profezie (Isaia 9:1; 40:1,2) descriventi il Salvatore come la Luce del mondo lontano da Dio, perduto nel buio spirituale. Il messaggio raggiunge una sublimazione che trascende la stessa comprensione di questo Giudeo, e si rivolge oltre i confini della sua patria. Come il sole sorge sovrano ed imparziale coprendo tutte le frontiere, così il Redentore avrebbe arrecato la Sua luce ad ogni uomo. Chi non vorrà riceverla dovrà volontariamente chiudere gli occhi...
Purtroppo fu proprio Israele, la terra scelta per il sorgere di questa divina aurora, ad ostinarsi entro una visione limitata del raggio d'azione del Messia, precludendosi da se il “giorno” del Liberatore.
Nell'esprimere il suo accorato tributo di lode a Dio, Zaccaria porge pure un invito ad onorare Dio per le Sue “viscerali” infinite compassioni, e per aver mantenuto la promessa fatta al Suo popolo. Questo riteneva che, come Mosè aveva condotto Israele fuori dall'Egitto, così Il Messia avrebbe portato i dominatori romani fuori d'Israele. Le parole di Zaccaria sono invece finalizzate ad avvicinare Israele, ormai sviato, a Dio, liberandolo dall'ipocrisia e dal settarismo. Egli stesso non era personalmente dotato di una tale apertura spirituale. Infatti, il Messia non viene presentato nella Sua profonda natura sconosciuta a delle menti ottuse e carnali, ma viene sensibilizzato lo spirito dei suoi compatrioti a qualcosa di radicalmente nuovo, all'approssimarsi di un Redentore al quale é dovuta una calda adorazione non più formalistica ed arida. Altri, dopo di lui, saranno usati da Dio per porre in luce la natura vera della redenzione. Particolarmente il figlio Giovanni dovrà “far conoscere” la salvezza in relazione ai più arcani bisogni interiori dell'uomo.
Riepilogando, Zaccaria ed Elisabetta appaiono un uomo ed una donna esemplari, aventi, pur con i loro difetti umani, un'alta rilevanza nell'avvento. Non é un caso, dunque, che Luca abbia loro dedicato ampio spazio nella stesura della narrazione dei fatti concernenti la nascita del Signore.