SANSONE 

Introduzione storica.

Il personaggio biblico in esame, s’incontra leggendo il libro dei Giudici, che descrive uno dei periodi più tristi per la storia d’Israele. Questo periodo va dalla conquista della terra promessa fino alla costituzione della monarchia con la nomina del primo re: Saul.

Com’era accaduto nella precedente generazione, nella quale, dopo Abramo l’amico di Dio, c’era stato Isacco il figlio della promessa che aveva vissuto il suo rapporto con Dio in modo lineare e onesto e a lui era seguito Giacobbe il “soppiantatore”, la stessa cosa avvenne successivamente. Dopo Mosè con il quale Dio aveva parlato faccia a faccia come si fa con un amico, era succeduto Giosuè, valido e fedele condottiero del popolo d’Israele, ma dopo di lui, il popolo dimenticò la legge di Dio dando inizio ad un periodo nel quale tutti si erano dimenticati dell’Eterno: Il popolo servì il Signore durante tutta la vita di Giosuè e durante tutta la vita degli anziani che sopravvissero a Giosuè, che avevano visto tutte le grandi opere che il Signore aveva fatte in favore d'Israele. Poi Giosuè, figlio di Nun e servo del Signore, morì all'età di centodieci anni e fu sepolto nel territorio che gli era toccato a Timnat-Cheres, nella regione montuosa di Efraim, a nord della montagna di Gaas. Anche tutta quella generazione fu riunita ai suoi padri; poi, dopo quella, vi fu un'altra generazione che non conosceva il Signore, né le opere che egli aveva compiute in favore d'Israele. I figli d'Israele fecero ciò che è male agli occhi del Signore e servirono gli idoli di Baal; abbandonarono il Signore, il Dio dei loro padri, che li aveva fatti uscire dal paese d'Egitto, e andarono dietro ad altri dèi, fra gli dèi dei popoli che li attorniavano; si prostrarono davanti a essi e provocarono l'ira del Signore; abbandonarono il Signore e servirono Baal e gli idoli di Astarte” (Giudici 2:7-13).

Era un periodo così tenebroso dal punto di vista spirituale che ognuno faceva quello che voleva:

ü      Giudici 17:6 “In quel tempo non vi era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio”.

ü      Giudici 21:25 “In quel tempo, non c'era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio”.

            Dio dunque abbandonò il Suo popolo, dopo essere stato da loro abbandonato e Israele dovette pagarne le conseguenze: “L'ira del Signore si accese contro Israele ed egli li diede in mano ai predoni, che li spogliarono; li vendette ai nemici che stavano loro intorno, in modo che non poterono più resistere di fronte ai loro nemici. Dovunque andavano, la mano del Signore era contro di loro a loro danno, come il Signore aveva detto, come il Signore aveva loro giurato; e la loro tribolazione fu molto grande” (Giudici 2:14-15).

Cominciò così il periodo dei giudici, nel quale Dio in risposta al grido d’Israele suscitava uomini e donne che li liberasse dalle angherie dei popoli vicini ma alla fine l’ufficio di giudice risultò essere per Israele, popolo dal collo duro, un fallimento: “Il Signore allora fece sorgere dei giudici, che li liberavano dalle mani di quelli che li spogliavano. Ma neppure ai loro giudici davano ascolto, anzi si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via percorsa dai loro padri, i quali avevano ubbidito ai comandamenti del Signore; ma essi non fecero così. Quando il Signore suscitava loro dei giudici, il Signore era con il giudice e li liberava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice; poiché il Signore aveva compassione dei loro gemiti a causa di quelli che li opprimevano e angariavano. Ma quando il giudice moriva, tornavano a corrompersi più dei loro padri, andando dietro ad altri dèi per servirli e prostrarsi davanti a loro; non rinunziavano affatto alle loro pratiche e alla loro caparbia condotta. Perciò l'ira del Signore si accese contro Israele, ed egli disse: «Poiché questa nazione ha violato il patto che avevo stabilito con i loro padri ed essi non hanno ubbidito alla mia voce, anch'io non scaccerò più davanti a loro nessuna delle nazioni che Giosuè lasciò quando morì; così, per mezzo di esse, metterò alla prova Israele per vedere se si atterranno alla via del Signore e cammineranno per essa come fecero i loro padri, o no» (Giudici 2:16-22).

In un quadro desolante e triste, nel quale Israele si era ritirato da Dio, più volte nel libro dei Giudici compare una frase molto sintomatica: “I figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore”:

Ø      Giudici 3:12 “I figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore; così il Signore rese forte Eglon, re di Moab, contro Israele, perché essi avevano fatto ciò che è male agli occhi del Signore”.

Ø      Giudici 4:1 “Morto Eud, i figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore”.

Ø      Giudici 10:6 “I figli d'Israele continuarono a fare ciò che è male agli occhi del Signore e servirono gli idoli di Baal e di Astarte, gli dèi della Siria, gli dèi di Sidon, gli dèi di Moab, gli dèi degli Ammoniti e gli dèi dei Filistei; abbandonarono il Signore e non lo servirono più”.

Ø      Giudici 13:1 “I figli d'Israele continuarono a fare ciò che era male agli occhi del Signore e il Signore li diede nelle mani dei Filistei per quarant'anni”.

In questo triste contesto Dio suscitò un giudice: Sansone il cui nome significa: “Piccolo sole” o: “Simile al sole”. Egli nacque sotto i migliori auspici in quanto la sua nascita, come quella di Giovanni battista e quella di Gesù, fu un vero miracolo di Dio: C'era un uomo di Sorea, della famiglia dei Daniti, di nome Manoà; sua moglie era sterile e non aveva figli. L'angelo del Signore apparve alla donna, e le disse: «Ecco, tu sei sterile e non hai figli; ma concepirai e partorirai un figlio. Ora guardati dunque dal bere vino o bevanda alcolica e non mangiare nulla di impuro. Poiché ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, sulla testa del quale non passerà rasoio, giacché il bambino sarà un nazireo, consacrato a Dio dal seno di sua madre, e sarà lui che comincerà a liberare Israele dalle mani dei Filistei». La donna andò a dire a suo marito: «Un uomo di Dio è venuto da me; aveva l'aspetto di un angelo di Dio: un aspetto davvero tremendo. Io non gli ho domandato da dove veniva, ed egli non mi ha detto il suo nome; ma mi ha detto: "Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere né vino né bevanda alcolica e non mangiare niente di impuro, perché il bambino sarà un nazireo, consacrato a Dio dal seno di sua madre e fino al giorno della sua morte"». Allora Manoà supplicò il Signore e disse: «Signore, ti prego che l'uomo di Dio che ci avevi mandato torni di nuovo a noi e ci insegni quello che dobbiamo fare per il bambino che nascerà». Dio esaudì la preghiera di Manoà; e l'angelo di Dio tornò ancora dalla donna, che era seduta nel campo; ma Manoà, suo marito, non era con lei. La donna corse in fretta a informare suo marito e gli disse: «Ecco, quell'uomo che venne da me l'altro giorno mi è apparso». Manoà si alzò, andò dietro a sua moglie e, raggiunto quell'uomo, gli disse: «Sei tu che parlasti a questa donna?» E quegli rispose: «Sono io». E Manoà: «Quando la tua parola si sarà avverata, quale norma si dovrà seguire per il bambino? Che cosa si dovrà fare per lui?» L'angelo del Signore rispose a Manoà: «Si astenga la donna da tutto quello che le ho detto. Non mangi nessun prodotto della vigna, né beva vino o bevanda alcolica, e non mangi niente d'impuro; osservi tutto quello che le ho comandato». Manoà disse all'angelo del Signore: «Ti prego, permettici di trattenerti e di prepararti un capretto!» L'angelo del Signore rispose a Manoà: «Anche se tu mi trattenessi non mangerei del tuo cibo; ma, se vuoi fare un olocausto, offrilo al Signore». Manoà non sapeva che quello fosse l'angelo del Signore. Poi Manoà disse all'angelo del Signore: «Qual è il tuo nome, affinché, quando si saranno adempiute le tue parole, noi ti rendiamo onore?» L'angelo del Signore gli rispose: «Perché mi chiedi il mio nome? Esso è meraviglioso». Manoà prese il capretto e l'oblazione e li offrì al Signore su una roccia. Allora avvenne una cosa prodigiosa: Manoà e sua moglie stavano guardando, e mentre la fiamma saliva dall'altare al cielo, l'angelo del Signore salì con la fiamma dell'altare. Manoà e sua moglie, vedendo questo, caddero con la faccia a terra. L'angelo del Signore non apparve più né a Manoà né a sua moglie. Allora Manoà riconobbe che quello era l'angelo del Signore e disse a sua moglie: «Noi moriremo sicuramente, perché abbiamo visto Dio». Ma sua moglie gli disse: «Se il Signore avesse voluto farci morire, non avrebbe accettato dalle nostre mani l'olocausto e l'oblazione; non ci avrebbe fatto vedere tutte queste cose e non ci avrebbe fatto udire proprio ora delle cose come queste». Poi la donna partorì un figlio, a cui pose nome Sansone. Il bambino crebbe e il Signore lo benedisse. Lo spirito del Signore cominciò ad agitarlo quando era a Maane-Dan, fra Sorea ed Estaol” (Giudici 13:2-25).

L’inizio della vita di quest’uomo appariva dunque promettente anche in considerazione del fatto che lo Spirito di Dio spesso lo investiva: “Poi Sansone scese con suo padre e sua madre a Timna; e quando giunsero alle vigne di Timna, ecco un leoncello venirgli incontro ruggendo. Lo spirito del Signore investì Sansone, che, senza aver niente in mano, squartò la belva, come uno squarta un capretto” (Giudici 14:5,6).

Tutti noi sappiamo come e in che modo questo “piccolo sole” fu oscurato da nuvole tenebrose. Quali furono le cause che condussero quest’uomo alla rovina della fede? Innanzi tutto:

1. La cupidigia.

Sansone non seppe in alcun modo vincere le passioni che si agitavano in lui. Le donne straniere rappresentarono per lui delle trappole mortali e la sua sensualità lo portò lontano da Dio. Il suo tracollo spirituale affonda qui le radici. La prima donna fu una Filistea: “Sansone scese a Timna e vide là una donna tra le figlie dei Filistei. Tornato a casa, ne parlò a suo padre e a sua madre, e disse: «Ho visto a Timna una donna tra le figlie dei Filistei; prendetemela dunque per moglie». Suo padre e sua madre gli dissero: «Non c'è tra le figlie dei tuoi fratelli in tutto il nostro popolo una donna per te? Devi andare a prenderti una moglie tra i Filistei incirconcisi?» Sansone rispose a suo padre: «Prendimi quella perché mi piace» (Giudici 14:1-3).

            Poi prese una meretrice di Gaza: “Sansone andò a Gaza, vide là una prostituta ed entrò da lei” (Giudici 16:1).

Infine si unì ad un’altra Filistea, Dalila, che lo condurrà alla catastrofe spirituale: “Dopo questo s’innamorò di una donna della valle di Sorec, che si chiamava Dalila. I prìncipi dei Filistei salirono da lei e le dissero: «Tentalo, e vedi da dove viene quella sua gran forza, e come potremmo prevalere contro di lui per giungere a legarlo e a domarlo; e ti daremo ciascuno millecento sicli d'argento» (Giudici 16:4-5).

Tutte queste donne, essendo straniere e per di più una anche prostituta, erano assolutamente vietate ai giovani Israeliti (Deuteronomio 7:3-4; Proverbi 6:24-25; Levitico 21:7).  Sansone, pur conoscendo queste proibizioni, non seppe resistere alla cupidigia e le sue conseguenze furono tragiche. Il suo peccato ci mette in guardia contro ogni desiderio o inclinazione, interesse, piacere, attrazione verso persone o cose che manifestamente ci conducono a disubbidire a Dio. Non è facile rinunciare a qualcosa che ci attira terribilmente, anche quando sappiamo che ciò costituisce un pericolo, ma sicuramente possiamo attingere le forze dal Signore come fece Giosafat: “Noi siamo senza forza, di fronte a questa gran moltitudine che avanza contro di noi; e non sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te!” (2Cronache 20:12).

Gli attacchi di Satana sono forti e talvolta ci appaiono irresistibili tanto da investirci con tutta la loro forza, ma se resistiamo nella fede, avremo la vittoria: “Così si temerà il nome del Signore dall'occidente, e la sua gloria dall'oriente; quando l'avversario verrà come una fiumana, lo spirito del Signore lo metterà in fuga” (Isaia 59:19).

2. L’ILLUSIONE.

Sansone ci appare troppo sicuro di sé. È convinto che nonostante la sua disubbidienza, la sua ribellione a Dio ed alla Sua Parola, lo Spirito di Dio continuerà ad investirlo a dargli forza e vittoria. Questo suo pensiero è dimostrato sia dal suo continuo atteggiamento, sia dall’affermazione che le sue labbra proferiscono: “Allora lei gli disse: «Sansone, i Filistei ti sono addosso!» Egli, svegliatosi dal sonno, disse: «Io ne uscirò come le altre volte, e mi libererò». Ma non sapeva che il Signore si era ritirato da lui. I Filistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con catene di bronzo. Ed egli girava la macina nella prigione” (Giudici 16:20-21).

Fratelli e sorelle, non illudiamo noi stessi: “Quello che l’uomo semina quello pure raccoglie”. Non scherziamo con lo Spirito Santo, egli è Spirito di Santità e la santità di Dio è uno degli attributi maggiormente citati nella Scrittura. Il nostro Dio è santo e nessuno di noi può avere la pretesa di giocare con il fuoco senza sapere che c’è il rischio molto alto, di bruciarsi. Non contristiamo lo Spirito che è Santo: “Non rattristate lo Spirito Santo di Dio con il quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione” (Efesini 4:30).

Se continuiamo a contristare con le nostre azioni e con i nostri pensieri, lo Spirito Santo che è in noi, prima o poi lo costringeremo a lasciare la nostra casa vuota, spazzata e adorna. Non spegniamo come Sansone lo Spirito Santo: “Non spegnete lo Spirito” (1Tessalonicesi 5:19).

Quando ciò accade all’uomo resta la stessa illusione di Sansone: “Dio è con me” quando invece lo Spirito Santo ci ha lasciato: “Mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi” (Giacomo 1:22).

3. LA SUPERFICIALITÀ.

Sansone aveva avuto da Dio una forza straordinaria. Con le mani aveva ucciso un giovane leone, squartandolo come se era un capretto. Aveva ucciso con una mascella d’asino, mille Filistei, divenendo per questi il loro terrore. Queste ed altre azioni caratterizzarono la vita di Sansone ma egli non considerò con attenzione ciò che da Dio aveva ricevuto. Si divertiva a sfidare i suoi nemici con un enigma, oppure a sguinzagliare fra i campi pronti per la mietitura, trecento sciacalli con la coda in fiamme, o a farsi legare in vari modi con corde diverse, per fare vedere che era capace di liberarsi con estrema facilità. Così egli disattese le intenzioni di Dio che miravano a liberare Israele dai Filistei mediante la forza che in dono aveva da Lui ricevuto. Anche noi credenti abbiamo ricevuto dei doni da Dio. I talenti e le mine che abbiamo avuto dal Signore, non dobbiamo sotterrarli o considerarli in modo superficiale, ma applicarci del continuo per farli fruttare alla gloria di Dio, perché dovremo renderGli conto del nostro operato: “Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: "Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo”. Il suo padrone gli rispose: "Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti” (Matteo 25:24-30).

            Facciamo attenzione a non agire con superficialità come fece Sansone: “Guardate dunque con diligenza a come vi comportate; non da stolti, ma da saggi; ricuperando il tempo perché i giorni sono malvagi. Perciò non agite con leggerezza, ma cercate di ben capire quale sia la volontà del Signore” (Efesini 5:15-17).

4. LA TRASCURATEZZA.

Una persona può fare le cose con superficialità ma quando a questa si aggiunge la trascuratezza, i risultati non possono che essere molto disastrosi. Questo avvenne nella vita di Sansone: “Trascurò la sua fede, il suo rapporto con Dio”. Pur appartenendo ad una famiglia di credenti, pur essendo un nazireo, pur avendo più volte sperimentato la potenza di Dio nella sua vita, gli mancava la consacrazione interiore a Dio. Se i segni esteriori li aveva conservati almeno fino a quando non confessò a Dalila il segreto della sua forza, tuttavia non si era mai curato della sua consacrazione interiore, non si era mai chiesto che cosa doveva fare per piacere a Dio e come doveva camminare in modo degno. La consacrazione e la santificazione rappresentano le basi del cristiano. Senza di esse, si vive solo una vuota religiosità: “Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore” (Ebrei 12:14).

CONCLUSIONE.

La fine dolorosa e triste di Sansone, è a noi tutti nota. Fu accecato dai suoi nemici, imprigionato e ridotto in misero stato a spingere tutto il giorno la macina. Saltuariamente veniva condotto davanti ad una platea che lo beffeggiava ed era costretto, suo malgrado, a divertirla con le sue buffonerie. Il suo comportamento oltre che condurlo in condizioni pietose e vergognose, avevano causato un enorme danno alla testimonianza che avrebbe dovuto rendere a Dio. I Filistei, infatti, attribuivano al loro dio il merito di averglielo dato nelle loro mani: “Quando il popolo lo vide, cominciò a lodare il suo dio e a dire: «Il nostro dio ci ha dato nelle mani il nostro nemico, colui che ci devastava il paese e che ha ucciso tanti di noi» (Giudici 16:24).

            In un ultimo gesto di fede, Sansone si ricordò di Dio e fece quello che avrebbe dovuto fare del continuo nel momento della tentazione: “Invocò il Suo aiuto ed il Suo intervento e Dio, che è ricco in benignità, lo ascoltò: “Allora Sansone invocò il Signore e disse: «Signore mio Dio, ti prego, ricordati di me! Dammi forza per questa volta soltanto, o Dio, perché io mi vendichi in un colpo solo dei Filistei, per la perdita dei miei due occhi». Sansone tastò le due colonne di mezzo, che sostenevano la casa; si appoggiò a esse: all'una con la destra, all'altra con la sinistra e disse:  «Che io muoia insieme con i Filistei!» Si curvò con tutta la sua forza e la casa crollò addosso ai prìncipi e a tutto il popolo che c'era dentro; così quelli che uccise mentre moriva furono di più di quanti ne aveva uccisi durante la sua vita. Poi i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre scesero e lo portarono via; quindi risalirono e lo seppellirono fra Sorea ed Estaol, nel sepolcro di Manoà, suo padre. Egli era stato giudice d'Israele per venti anni” (Giudici 16:28-31).

La storia di Sansone è molto triste, perché ci parla della rovina della fede. Fu un uomo di grandi contraddizioni perché sebbene dotato da Dio di una grande forza fisica, era debole di fronte alle tentazioni. La storia di Sansone c’insegna che la nostra fede è esposta alle tentazioni continuamente e dobbiamo rimanere costantemente in guardia contro le passioni che si agitano in noi: “Da dove vengono le guerre e le contese tra di voi? Non derivano forse dalle passioni che si agitano nelle vostre membra?” (Giacomo 4:1).

Ricordiamoci che queste cose sono scritte perché per noi rappresentino un esempio su come fare meglio la volontà di Dio e non cadere in grossolani errori come fece Sansone: “Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche. Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione vi ha colti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscirne, affinché la possiate sopportare” (1Corinzi 10:11-13).