PRIMA DELLA PREDICAZIONE DELLA PAROLA

Sbadiglio, occhi fissi verso il pavimento, sguardo da pesce lesso, occhi a semi - asta, sincope, colpi di sonno. Di chi stiamo parlando? Di alcuni credenti seduti al banco della Chiesa nel giorno di Domenica. Solo colpa del pastore? Se così fosse, tutto questo avverrebbe a metà predicazione, ma molto spesso, ahimè, tutto questo si verifica dopo dieci - quindici minuti dall'inizio del culto. Per questo parleremo del giusto atteggiamento da tenere prima dell'ascolto della Parola. 
È importante che ogni credente desideroso di ascoltare la predicazione della Parola di Dio, di norma debba seguire almeno quattro principi basilari, quali:

1. IL GIUSTO ATTEGGIAMENTO
La prima direttiva è questa: prima di ascoltare la predicazione, dobbiamo raccoglierci consapevolmente in noi stessi affinché la realizzazione che stiamo per porci di fronte alla Parola del Dio vivente sia rinnovata. Un tale esercizio spirituale non può essere compiuto inconsciamente, come avviene nel caso dell'atto di respirare. Nulla può realizzarsi in noi se non coltiviamo consapevolmente un certo atteggiamento interiore. In realtà, deve esserci un giusto atteggiamento prima ancora di arrivare al culto. Già prima di uscire di casa, dovremmo avere la mente rivolta al culto. Un'anziana credente, mentre si avviava in Chiesa diceva sempre: "Vado a fare il culto", intendendo che non voleva essere una spettatrice, ma una protagonista. Lei si preparava nel giusto modo ad ascoltare la Parola di Dio. Salomone che aveva ricevuto sapienza da Dio, aveva ben compreso come doveva essere il giusto atteggiamento alla presenza di Dio: "Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di Dio e avvicìnati per ascoltare, anziché per offrire il sacrificio degli stolti, i quali non sanno neppure che fanno male. Non essere precipitoso nel parlare e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio; perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche; poiché con le molte occupazioni vengono i sogni, e con le molte parole, i ragionamenti insensati. Quando hai fatto un voto a Dio, non indugiare ad adempierlo; perché egli non si compiace degli stolti; adempi il voto che hai fatto. Meglio è per te non far voti, che farne e poi non adempierli. Non permettere alla tua bocca di renderti colpevole; non dire davanti al messaggero di Dio: "É stato uno sbaglio". Dio dovrebbe forse adirarsi per le tue parole e distruggere l'opera delle tue mani? Infatti, se vi sono vanità nei molti sogni, ve ne sono anche nelle molte parole; perciò temi Dio!" (Ecclesiaste 5:1-7).
Se dobbiamo mettere in pratica il comandamento del Signore, stando attenti a come ascoltiamo, è necessario che prima ci raccogliamo consapevolmente in noi stessi, affinché possiamo realizzare nuovamente che stiamo per porci di fronte alla Parola del Dio vivente. La Bibbia, è la Parola di Dio. Anche se tramite essa il Signore non parla in modo udibile, la Scrittura è Parola di Dio come quella che egli annunciò anticamente tramite i profeti e gli apostoli: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio" (Matteo 4:4).
Cristo citò un passo da Deuteronomio. Domandiamoci: quali sono le parole che provengono dalla bocca di Dio se non quelle della Bibbia? Proprio in quest'occasione, Gesù cita la Scrittura. Non menziona qualcosa che il Padre comunicò oralmente durante la sua vita terrena, ma ciò che Dio annunciò tramite Mosé molti secoli prima. Questo significa che Gesù considerava ciò che si poteva leggere nelle Scritture dell'Antico Testamento come Parola di Dio: "Ogni Scrittura è ispirata da Dio" (2Timoteo 3:16).
L'apostolo Pietro descrive nella sua lettera l'ispirazione della Scrittura: "Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale, infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo" (2Pietro 1:20,21).

Quando ci rivolgiamo alla Scrittura, incontriamo espressioni come "cosi dice il Signore", "Dio disse", "sta scritto", "la Scrittura dice". Questa terminologia c'insegna che sebbene la Bibbia sia un libro "comune", nondimeno ciò che leggiamo è la Parola del Dio vivente. 
Purtroppo, così presto ci abituiamo a questo libro, che inconsciamente e gradatamente perdiamo il senso di solennità e di meraviglia quando ci accostiamo alla Parola. Così quando leggiamo la Bibbia, non siamo consapevoli di essere sotto l'influenza della Parola del Dio vivente. Colui che è il nostro Creatore, che ci sostiene e davanti al quale, un giorno, dovremo comparire per essere giudicati. Ma se ci prepariamo all'ascolto della predicazione, coltivando questa sensibilità, avremo un'attitudine di riverenza e di fiduciosa sottomissione. Non è possibile riconoscere la stretta relazione tra la Parola di Dio e il Dio della Parola, senza sperimentare, in una certa misura, una santa riverenza: "Così parla il Signore: "Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi; quale casa potreste costruirmi? Quale potrebbe essere il luogo del mio riposo? Tutte queste cose le ha fatte la mia mano, e così sono tutte venute all'esistenza", dice il Signore" (Isaia 66:1).
In altre parole Dio sta dicendo: "Dove potreste costruire un luogo che possa darvi la certezza della mia presenza? Se il cielo è il mio trono e la terra lo sgabello dei miei piedi, quale luogo della terra potrà contenermi e sarà degno di me? La risposta è ovvia: nessuno! Ora se nessun luogo può assicurare la presenza di Dio, c'è qualche altra condizione o situazione che possa darci la certezza della Sua presenza? Il Signore risponde a questo quesito: "Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola" (Isaia 66:2).
Il Signore ha promesso di posare il Suo sguardo sull'uomo che riconosce la propria condizione di peccatore e che trema alla Sua Parola. Tale terrore scaturisce dal timore consapevole che il potente Creatore si abbassa a parlare alla creatura. Questo timore è della medesima natura di quello che provò il popolo quando Dio parlò dal monte Sinai, allorché i presenti udirono i tuoni, i lampi. gli squilli di tromba e la voce di Dio (Esodo 19:16). Tuttavia, è anche simile a quello di un bambino che aspetta all'aeroporto il ritorno del papà, che continua a guardare tremando per l'emozione e per l'impazienza di rivederlo. Il tremore che sperimentano i credenti è un sentimento di timore unito ad una santa aspettazione. Questa è la persona sulla quale Dio posa il suo sguardo: su colui che "trema alla sua Parola". Lasciate che vi ponga una domanda: avete mai sperimentato ciò che Isaia descrive? Quando ascoltate la predicazione della Parola, provate tale sentimento? Se prima di ascoltare la predicazione realizziamo profondamente che siamo di fronte alla Parola del Dio vivente, saremo anche disposti a sottometterci ad essa con fede. 

2. SBARAZZARSI DI OGNI IMPEDIMENTO
In secondo luogo, dobbiamo "sbarazzarci" coscienziosamente di tutto ciò che potrebbe impedirci di ricevere ed assimilare la Parola.
Questo principio è enunciato chiaramente nella prima lettera di Pietro, nella quale l'apostolo rammenta a quei credenti "dispersi" in varie nazioni la rigenerazione divina che hanno sperimentato: "Perché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, cioè mediante la Parola vivente e permanente di Dio. Infatti, "ogni carne è come l'erba, e ogni sua gloria come il fiore dell'erba. L'erba diventa secca e il fiore cade; ma la Parola del Signore rimane in eterno". E questa è la Parola che vi è stata annunziata" (1Pietro 1:23-25).

Avete notato la preminenza che Pietro accorda alla Parola? Ora il fine dell'apostolo è di esortare quei credenti a considerare che la vita che hanno ricevuto mediante la Parola, si sviluppa ed è sostenuta da quella medesima Parola, qualora sia assimilata con costanza. Infatti Pietro li incoraggia, come bambini appena nati, a desiderare "il puro latte della Parola", affinché per esso crescano nella salvezza: "Sbarazzandovi di ogni cattiveria, di ogni frode, dell'ipocrisia, delle invidie e di ogni maldicenza, come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza, se davvero avete gustato che il Signore è buono" (1Pietro 2:1-3).
Osservate, però, che prima di esortarli in questo senso, egli li ammonisce tramite un precetto negativo, cioè di sbarazzarsi di almeno cinque cose:
I. DA OGNI CATTIVERIA. Può una persona che ha commesso delle cattiverie attendersi che Dio operi nella sua vita mediante la predicazione della Parola? 
II. DA OGNI FRODE. Impossibile frodare gli uomini e pensare anche di frodare Dio: "Chi salirà al monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? L'uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l'animo a vanità e non giura con il proposito di ingannare" (Salmo 24:3,4).
III. DALL'IPOCRISIA. È possibile per un uomo nascondersi, mimetizzarsi, apparire e non essere, ma Dio consoce ogni cosa che c'è nel cuore dell'uomo: "Ma il Signore disse a Samuele: "Non badare al suo aspetto né alla sua statura, perché io l'ho scartato; infatti il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma il Signore guarda al cuore" (1Samuele 16:7).
IV. DALL'INVIDIA. È un sentimento opposto all'amore: "L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia" (1Corinzi 13:4).
V. DA OGNI MALDICENZA. Se vogliamo che la Parola di Dio operi in noi, sbarazziamoci di tutte queste cose: "Sbarazzandovi di ogni cattiveria, di ogni frode, dell'ipocrisia, delle invidie e di ogni maldicenza" (1Pietro 2:1).

Solo rimovendo queste cose, appetiremo il puro latte spirituale. In altre parole, Pietro afferma che la crescita mediante l'assimilazione della Parola, come lo sviluppo fisico, è possibile grazie a due cose: il cibo nutriente ed un buon apparato digerente. Un individuo può avere un apparato gastrointestinale perfettamente funzionante, ma se non ha anche del cibo nutriente, non potrà crescere; anzi, in breve, anche l'apparato digerente non funzionerà più, perché ha bisogno di buon cibo! Viceversa, per colui il cui sistema gastrointestinale è malato, nemmeno i cibi più freschi, genuini e sostanziosi potranno essere trasformati in nutrimento per il corpo. Questo è esattamente ciò che Pietro sta dicendo. In questo passo l'apostolo definisce il cibo spirituale "puro latte". Il puro latte della Parola è un alimento nutriente e completo ed i credenti sono esortati ad assimilarlo, ma, afferma Pietro: "Assicuratevi che il vostro apparato digerente funzioni in modo appropriato. Sbarazzatevi di ciò che può ostacolare l'assimilazione delle sostanze nutritive: ogni cattiveria, ogni frode, l'ipocrisia, le invidie, la maldicenza e ricevete il latte puro e salutare della Parola di Dio". Se queste cose si trovano in noi, non potremo assimilare il puro latte della Parola e, di conseguenza, crescere nella grazia. Questa è la responsabilità che grava sui credenti. Infatti, l'apostolo rivolge quest'esortazione a tutti coloro che sono stati rigenerati dal seme divino. Quindi, se vogliamo obbedire a Cristo, dobbiamo sbarazzarci di tutto ciò che impedisce una giusta ricezione ed assimilazione della Parola. 

Nella lettera di Giacomo c'è un "testo parallelo" a quello dell'epistola di Pietro: "Egli ha voluto generarci secondo la sua volontà mediante la parola di verità, affinché in qualche modo siamo le primizie delle sue creature. Sappiate questo, fratelli miei carissimi: che ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all'ira; perché l'ira dell'uomo non compie la giustizia di Dio. Perciò, deposta ogni impurità e residuo di malizia, ricevete con dolcezza la parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre" (Giacomo 1:18-21).
L'ammonimento di Giacomo è chiaro: bisogna deporre, sbarazzarsi d'ogni impurità e malvagità prima di ricevere con mansuetudine "la Parola che è stata piantata in noi e che può salvare le anime nostre". In altri termini, quando volontariamente tratteniamo il peccato, non è possibile trarre profitto dalla predicazione della Parola. In un caso del genere, è difficile comprendere la predicazione ed è spiritualmente impossibile riceverla con profitto. Perché? Per la semplice ragione che la verità di Dio è sempre in guerra col peccato!
Quando nel cuore c'è la volontà di nascondere qualche peccato, automaticamente ci si allontana dalla luce della verità di Dio, la mente respinge la comprensione e la volontà rifiuta l'ubbidienza. In questo caso, l'attaccamento ad un certo peccato impedisce di vedere una certa verità. In realtà tale impedimento è volontario, in quanto, per scusare un particolare peccato, si afferma di non vedere proprio quella verità che ci costringerebbe ad abbandonare quel peccato. Non era questo il problema dei farisei? "Non riusciamo a comprendere come costui possa essere il Messia", esclamavano. Essi erano testimoni dei segni miracolosi che Gesù compiva, ma asserivano di non poter comprendere! Perché? Perché amavano la gloria che veniva dagli uomini, amavano il peccato e l'ipocrisia! Per questo non potevano vedere! Non è forse questo il motivo per cui alcuni credenti non vedono alcuni peccati che sono ovvi persino per un bambino? A volte non riusciamo a ricevere una qualche verità e ci chiediamo perché! La risposta è che non ci siamo sbarazzati della cattiveria, dell'ipocrisia, delle invidie e della maldicenza! Ecco perché alcuni, pur comprendendo in parte la verità, non sono influenzati praticamente da essa! Questa è una posizione pericolosissima, in quanto è il primo passo verso l'apostasia.

Molti non comprendono la gravità di quest'atteggiamento e si comportano come Acan, certi che non saranno mai scoperti. Invece il peccato impedisce alla Parola di essere vittoriosa in noi: "Ma i figli d'Israele commisero un'infedeltà circa l'interdetto; poiché Acan, figlio di Carmi, figlio di Zabdi, figlio di Zerac, della tribù di Giuda, prese dell'interdetto, e l'ira del Signore s'accese contro i figli d'Israele. Giosuè mandò degli uomini da Gerico ad Ai, che è vicina a Bet-Aven, a oriente di Betel, e disse loro: "Salite ed esplorate il paese". E quelli salirono ed esplorarono Ai. Poi tornarono da Giosuè e gli dissero: "Non occorre che salga tutto il popolo; ma salgano due o tremila uomini, e sconfiggeranno Ai; non stancare tutto il popolo mandandolo là, perché quelli sono in pochi". Così vi salirono del popolo circa tremila uomini, i quali si diedero alla fuga davanti alla gente di Ai. E la gente di Ai ne uccise circa trentasei, li inseguì dalla porta fino a Sebarim, li mise in rotta nella discesa; e il cuore del popolo venne meno e si sciolse come acqua. Giosuè si stracciò le vesti e si gettò con il viso a terra davanti all'arca del Signore; stette così fino alla sera, egli con gli anziani d'Israele, e si gettarono della polvere sul capo. Giosuè disse: "Ahi, Signore DIO, perché hai fatto attraversare il Giordano a questo popolo, per darci in mano agli Amorei e farci perire? Oh, ci fossimo pur accontentati di rimanere di là dal Giordano! Ahimé, Signore, che dovrò dire, ora che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici? I Cananei e tutti gli abitanti del paese lo verranno a sapere, ci accerchieranno e faranno sparire il nostro nome dalla terra; e tu che farai per il tuo gran nome?" Il Signore disse a Giosuè: "Alzati! Perché te ne stai così prostrato con la faccia a terra? Israele ha peccato; essi hanno trasgredito il patto che avevo loro comandato d'osservare; hanno perfino preso dell'interdetto, lo hanno rubato, hanno mentito, e lo hanno messo fra i loro oggetti. Perciò i figli d'Israele non potranno resistere ai loro nemici e volteranno le spalle davanti a loro, perché son diventati essi stessi interdetto. Io non sarò più con voi, se non distruggete l'interdetto in mezzo a voi. Alzati, santifica il popolo e digli: "Santificatevi per domani, perché così ha detto il Signore, il Dio d'Israele: O Israele, c'è dell'interdetto in mezzo a te! Tu non potrai resistere ai tuoi nemici, finché non abbiate tolto l'interdetto di mezzo a voi. Domattina dunque vi accosterete tribù per tribù; e la tribù che il Signore designerà, si accosterà famiglia per famiglia; e la famiglia che il Signore designerà, si accosterà casa per casa; e la casa che il Signore designerà, si accosterà persona per persona. E colui che sarà designato per aver preso dell'interdetto sarà dato alle fiamme con tutto quello che gli appartiene, perché ha trasgredito il patto del Signore e ha commesso un'infamia in Israele"". Giosuè dunque si alzò presto la mattina, e fece accostare Israele tribù per tribù; e la tribù di Giuda fu designata. Poi fece accostare le famiglie di Giuda, e la famiglia degli Zerachiti fu designata. Poi fece accostare la famiglia degli Zerachiti persona per persona, e Zabdi fu designato. Poi fece accostare la casa di Zabdi persona per persona, e fu designato Acan, figlio di Carmi, figlio di Zabdi, figlio di Zerac, della tribù di Giuda. Allora Giosuè disse ad Acan: "Figlio mio, dà gloria al Signore, al Dio d'Israele, rendigli omaggio, e dimmi quello che hai fatto; non me lo nascondere". Acan rispose a Giosuè e disse: "É vero; ho peccato contro il Signore, il Dio d'Israele; ed ecco precisamente quello che ho fatto. Ho visto fra le spoglie un bel mantello di Scinear, duecento sicli d'argento e una sbarra d'oro del peso di cinquanta sicli; ho desiderato quelle cose e le ho prese; ecco, sono nascoste in terra in mezzo alla mia tenda; e l'argento è sotto". Allora Giosuè mandò dei messaggeri, i quali corsero alla tenda; ed ecco che il mantello vi era nascosto; e l'argento stava sotto. Essi presero quelle cose di mezzo alla tenda e le portarono a Giosuè e a tutti i figli d'Israele e le deposero davanti al Signore. Giosuè e tutto Israele con lui presero Acan, figlio di Zerac, l'argento, il mantello, la sbarra d'oro, i suoi figli e le sue figlie, i suoi buoi, i suoi asini, le sue pecore, la sua tenda e tutto quello che gli apparteneva, e li fecero salire nella valle di Acor. E Giosuè disse: "Così come ci hai causato una sventura, il Signore causerà una sventura a te in questo giorno!" E tutto Israele lo lapidò; e dopo aver lapidato gli altri, diedero tutti alle fiamme. Poi ammassarono sopra Acan un gran mucchio di pietre, che dura fino ad oggi. E Il Signore cessò dalla sua ira tremenda. Perciò quel luogo è stato chiamato fino ad oggi Valle di Acor" (Giosuè 7:1-26).
È l'amore del peccato che acceca gli occhi e paralizza la volontà. L'ascolto della Parola di Dio implica una solenne responsabilità, in quanto dobbiamo ascoltarla nel modo giusto. Perciò, ricordiamoci: se vogliamo prepararci ad ascoltare la predicazione come si conviene, oltre a considerare seriamente che ci stiamo ponendo di fronte alla Parola del Dio vivente, dobbiamo sbarazzarci di tutto ciò che può impedirci di riceverla ed assimilarla.

3. L'ILLUMINAZIONE DELLO SPIRITO
In terzo luogo, dobbiamo riconoscere il bisogno che abbiamo dell'illuminazione dello Spirito Santo.
Nel 1647 fu stilato un elenco di domande ai credenti che avevano già una certa conoscenza biblica. Quest'elenco era conosciuto come: "Catechismo Maggiore", mentre il Catechismo minore era per i giovani nella fede. La domanda 157 del Catechismo Maggiore dice testualmente: "In che modo deve essere letta la Parola di Dio?" La risposta è la seguente: "Le sacre Scritture devono essere lette con rispetto riverente e profondo, con una ferma persuasione che esse sono vera Parola di Dio e che Lui solo può aiutarci a comprenderle...". 
Se è necessario essere persuasi che le sacre Scritture sono la Parola di Dio, è altrettanto necessario credere che solo il Dio che ha parlato, può darci la capacità di comprendere ciò che egli stesso ha rivelato! Nel momento in cui il credente si dispone all'ascolto della Parola, alla sua meditazione, il Signore stesso apre la sua mente: "Poi disse loro: "Queste sono le cose che io vi dicevo quand'ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi". Allora aprì loro la mente per capire le Scritture e disse loro: "Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Voi siete testimoni di queste cose" (Luca 24:44-48).
Cos'era dunque, che faceva comprendere alla gente la Parola di Cristo? Cosa faceva la differenza? Colui che pronunciò quelle parole, si applicò a compiere un'opera nelle loro menti, affinché potessero afferrare la verità.
Questo è quanto accade anche a noi! È possibile leggere ed ascoltare la Parola, ma se il Signore non ci apre gli occhi e le orecchie mediante l'opera efficace dello Spirito Santo, la Scrittura rimarrà incomprensibile, come lo fu anticamente per quelle persone. Per questa ragione, prima di recarci al culto per ascoltare la predicazione della Parola è una buona abitudine pregare per se stessi, per gli altri ed anche per il predicatore. Confidiamo che il pastore non abbia speso vanamente il proprio tempo, passeggiando o guardando il televisore, ma che abbia "faticato nella Parola e nella dottrina" per cibare il gregge del Signore con il puro latte spirituale: "Gli anziani che tengono bene la presidenza, siano reputati degni di doppio onore, specialmente quelli che si affaticano nella predicazione e nell'insegnamento" (1Timoteo 5:17).
Dobbiamo pregare, affinché nei nostri cuori sia seminato il seme incorruttibile della Parola, tuttavia, non dimentichiamoci che dobbiamo anche chiedere al Signore di illuminare il nostro spirito e di aprire la nostra mente.
Affinché possiamo rispondere positivamente al messaggio della Parola, deve esserci un ulteriore intervento oltre a quello del predicatore! La consapevolezza di questa realtà renderà preziosa ed utile la preghiera di Davide: "Apri i miei occhi, e contemplerò le meraviglie della tua legge" (Salmi 119:18).
Davide chiede a Dio di togliere il velo che è davanti ai suoi occhi, perché il problema non è nella Parola di Dio. Certo in essa "ci sono alcune cose difficili a capirsi", ma fondamentalmente l'impedimento è in noi, cosicché non vediamo. Se riconosceremo il nostro bisogno di ricevere luce in virtù dell'opera dello Spirito Santo, prima di andare al culto e mentre stiamo ascoltando la predicazione, ci abitueremo a pregare, chiedendo a Dio di illuminarci: "O Signore, apri i miei occhi, e contemplerò le meraviglie della tua legge".

Forse conoscete l'episodio accaduto durante il periodo della Riforma. Uno dei Riformatori disputava con un oppositore della chiesa Cattolico-Romana e mentre quest'ultimo parlava, il Riformatore scriveva in continuazione. Le persone che assistevano alla disputa, cominciarono a domandarsi cosa stesse scrivendo; magari alcuni immaginarono che egli scrivesse una risposta schiacciante ed irresistibile alle tesi del suo avversario. Ma in seguito si scoprì che su quel foglio il Riformatore non aveva fatto altro che scrivere ripetutamente due parole: "Più luce, più luce, più luce!" Avete comunione con Cristo prima della predicazione? Lo invocate, chiedendogli di darvi più luce? Mentre seguite l'esposizione del sermone, chiedete a Dio di darvi luce, consapevoli che, nonostante la più eccellente delle esposizioni, solo il Signore può accompagnare quella Parola con potenza? La supplica a Dio affinché il suo Spirito apra la nostra mente, sarà sempre accompagnata dalla preghiera che lo Spirito sostenga lo strumento che Dio ha scelto per benedirci. Perciò, consideriamo seriamente il bisogno vitale che lo Spirito di Dio illumini i nostri cuori.

4. UNO SPIRITO PRONTO AD ESSERE AMMAESTRATO
Infine il quarto consiglio è questo: impegnatevi a coltivare uno spirito pronto ad essere ammaestrato. Un passo importante a questo riguardo è quello in cui Luca parla dei Bereani: "Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così" (Atti 17:11).
I Bereani erano coscienti di avere molto da imparare e di dover crescere nella grazia e nella conoscenza di Dio. Per questa ragione il loro spirito era pronto ad essere ammaestrato. Non avevano assunto un atteggiamento critico e prevenuto nei confronti di colui che predicava. Purtroppo molte persone si recano al culto con un atteggiamento difensivo e in questo modo non possono ricevere la Parola. Certo, costoro ascoltano, magari con attenzione, ma interiormente non sono disposti ad accogliere la predicazione. I Bereani erano di sentimenti nobili, "perché ricevettero la Parola con ogni premura". Questo è un esempio di cosa significa impegnarsi a coltivare uno spirito pronto ad essere ammaestrato. Questi credenti erano pronti a seguire qualunque sentiero lo Spirito indicasse loro, anche se questo significava rinunciare ad una convinzione radicata in loro da molto tempo, oppure "far morire" una qualche concupiscienza, in cui erano soliti dilettarsi in modo speciale. 
Di contro, non avevano quest'attitudine coloro che frequentavano l'areopago: "Presolo con sé, lo condussero su nell'Areòpago, dicendo: "Potremmo sapere quale sia questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu ci fai sentire cose strane. Noi vorremmo dunque sapere che cosa vogliono dire queste cose". Or tutti gli Ateniesi e i residenti stranieri non passavano il loro tempo in altro modo che a dire o ad ascoltare novità. E Paolo, stando in piedi in mezzo all'Areòpago, disse: "Ateniesi, vedo che sotto ogni aspetto siete estremamente religiosi. Poiché, passando, e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: Al dio sconosciuto. Orbene, ciò che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo; e non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui, che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa. Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo, come a tastoni, benché egli non sia lontano da ciascuno di noi. Difatti, in lui viviamo, ci moviamo, e siamo, come anche alcuni vostri poeti hanno detto: "Poiché siamo anche sua discendenza". Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana. Dio dunque, passando sopra i tempi dell'ignoranza, ora comanda agli uomini che tutti, in ogni luogo, si ravvedano, perché ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo ch'egli ha stabilito, e ne ha dato sicura prova a tutti, risuscitandolo dai morti". Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni se ne beffavano; e altri dicevano: "Su questo ti ascolteremo un'altra volta" (Atti 17:19-32).
Non è raro incontrare persone che affermano: "Io ho la Bibbia e lo Spirito Santo come il predicatore, perciò penso e seguo ciò che credo sia giusto!"
Ora questo non significa essere "creduloni". I Bereani ricevettero la Parola con premura ed esaminavano le Scritture, ma attenzione, il loro scopo non era quello di provare che Paolo avesse sbagliato in qualcosa. Essi non erano come i farisei, i quali erano continuamente alla ricerca di qualche Scrittura per dimostrare che Gesù non era il Cristo e così facendo, chiudevano volontariamente gli occhi di fronte alla palese verità delle Scritture. I cristiani possono commettere lo stesso errore. Non vi è mai capitato di discutere cordialmente con qualcuno che, ad un certo punto, ha esclamato: "... ma ho sentito che voi credete alla salvezza per grazia..."? Allora voi avete risposto umilmente, cercando di spiegare che questo è ciò che la Bibbia insegna.
Così, avete cominciato ad esporre la semplice verità che Dio, dall'eternità, ha amato un popolo, non per qualche merito o una qualsiasi altra ragione che fosse in quelle persone, ma gratuitamente e secondo la Sua volontà sovrana. Ma non appena avete iniziato a citare quei passi della Scrittura che insegnano questa verità, il vostro interlocutore ha ribattuto immediatamente: "... e allora questo versetto?... ma in un altro passo la Scrittura dice che... come rispondi a questa obiezione, perché Dio rimprovera ancora?... chi può resistere alla sua volontà?..". Sapete perché queste persone rispondono così? Perché in realtà non vogliono comprendere che la Parola di Dio insegna davvero la dottrina della grazia! Mentre parlano con voi, l'unico loro pensiero è che qualsiasi cosa la Bibbia insegni, non può insegnare la grazia!
Non era forse questo l'atteggiamento dei farisei? In riferimento a Cristo, essi affermavano: "Tu non puoi essere il Messia, perché noi sappiamo che il Messia deve venire cavalcando un cavallo bianco per stabilire un regno potente che schiaccerà tutti gli altri regni". Essi avevano determinato in loro stessi ciò che avrebbe dovuto accadere e nulla poteva far loro cambiare idea! Anche quando il Signore li mise a tacere più volte con le Scritture, essi non credettero, ma tramarono qualcos'altro per raggiungere i loro empi scopi. Che cosa terribile! 
A volte i discepoli mostrarono uno spirito desideroso di essere ammaestrati: "I suoi discepoli gli domandarono che cosa volesse dire questa parabola. Ed egli disse: "A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio; ma agli altri se ne parla in parabole, affinché vedendo non vedano, e udendo non comprendano" (Luca 8:9,10).
Leggiamo cosa dissero alcuni padri della Chiesa intorno alla Scrittura per comprendere che in loro vi era uno spirito pronto ad essere ammaestrato:
GIUSTINO MARTIRE: "Non abbiamo nessun comandamento di Cristo che ci faccia obbligo di credere alle tradizioni e alle dottrine umane, ma soltanto a quelle che i beati profeti hanno promulgate e che Cristo stesso ha insegnate e io ho cura di riferire ogni cosa alle Scritture e chiedere ad esse i miei argomenti e le mie dimostrazioni" (Dialogo con Trifole).
SANT'ATANASIO: "Le Sacre Scritture divinamente ispirate bastano da sole a farci conoscere la verità". (Oraz. cont. Gent. Oper. volume I, pag. 1).

SANT'IRENEO: "Le Scritture sono perfette, perché sono le parole di Dio dettate dal suo Spirito; esse sole sono la tradizione apostolica manifestata al mondo intero e la quale, nella Chiesa, s'indirizza chiaramente a chiunque vuole intendere la verità" (Adv. Haer. III).
SAN GIOVANNI CRISOSTOMO: "Quando l'eresia s'impadronirà della Chiesa, sappiate che non vi sarà prova di vera fede e di cristianità se non con le Sacre Scritture, perché quelli che si volgeranno altrove periranno" (In Mattheum, Homelia 49).
SANT'AGOSTINO: "Io mi sottometto all'autorità dei libri canonici e a nessun altra . Tutto ciò che é necessario alla fede e alla condotta della vita si trova nelle dichiarazioni chiare della Scrittura" (De Doctr. Christ. 137).
SAN GIROLAMO: "Se volete chiarire le cose in dubbio, andate alla legge e alla testimonianza della Scrittura, fuori di lì siete nella notte dell'errore. Noi ammettiamo tutto ciò che é scritto, rigettiamo tutto ciò che non lo é. Le cose che s'inventano sotto il nome di tradizione apostolica senza l'autorità della Scrittura sono colpite dalla spada di Dio" (In Apo.1).

Conclusione
Credo che questi quattro doveri, discipline o esercizi, se benedetti dallo Spirito Santo, possono esserci di aiuto nell'ubbidire al comandamento del nostro Signore, di badare a come ascoltiamo la Parola per poter essere come il piccolo Samuele, che ben comprese come disporsi ad ascoltare la Parola di Dio: "Il Signore venne, si fermò accanto a lui e chiamò come le altre volte: "Samuele, Samuele!" E Samuele rispose: "Parla, poiché il tuo servo ascolta" (1Samuele 3:10).