La Lettera di Ponzio Pilato
 Scritta in Greco per l'Imperatore Tiberio Cesare, ma parla degli
Ultimi tre anni di Gesù in Palestina. Il Rev. W.D. Mahan la trova nei
Volumi del vaticano e la traduce in inglese, e poi a beneficio nostro
Fu messa in lingua italiana dal fratello Girolamo Spallino. ----
Pilato  scrive
 A Tiberio Cesare Nobile Imperatore di Roma, Saluti.
Gli eventi che is sono svolti nella Mia provincia in quest'ultimi
Giorni, sono stati di un carattere tale, che darò dettagli
Minutamente, di tutto quello che è avvenuto. - Non MI sorprenderà se
Nel termine di qualche tempo tali eventi cambierebbero IL destino
Della nostra nazione, poiché pare che in questi ultimi tempi, tutti
Gli dèi hanno cessato di esserci propizi.
Io sono quasi pronto a maledire IL giorno in cui fui successore del
Valoroso Tlacio, nel governo Della Giudea, perché DA quel giorno la
Mia vita è stata continuamente in turbamento Ed in disdetta. Nel mio
Arrivo a Gerusalemme, pigliai possesso Della pretura, Ed ordinai una
Festa speciale Ed un banchetto, al quale invitai IL tetrarca Della
Galilea, Ed IL sommo sacerdote con I suoi ufficiali. Ma all'ora
Designata, quando tutto era pronto, gl'invitati non sono comparsi.
Questo lo considerai un insulto alla Mia dignità Ed a tutto IL governo
A cui ho fatto parte
Pochi giorni dopo, IL sommo sacerdote is degnò di farmi una visita. Il
Suo comportamento era grave Ed un pò falsificato. Pretendeva che la
Sua religione gli proibiva di attendere a tali banchetti, e di sedersi
A tavola coi Romani e d'offrire libagione, (spargere per terra vino Ed
Olio per sacrificio a qualche Deità), Ma questa fu soltanto
Un'apparenza santuario, perché IL suo contegno tradiva la sua
Ipocrisia; però pensai bene di accettare Le sue scuse. Dall'ora in poi
Fui convinto che questi conquistati, is son dichiarati loro stessi,
Essere nemici dei conquistatori, e che IO dovrei avvisare I Romani di
Guardarsi dai sommi sacerdoti di questa nazione.
   Questi tradirebbero la lor propria Madre pur d'avere un ufficio e
Procurarsi una vita di lusso. Mi pare che di tutte Le città
Conquistate, Gerusalemme sia stata la più difficile DA governare. Il
Popolo era così turbolente che IO viveva momenti di paura, pensando a
Qualche insurrezione, e non avevo neanche soldati abbastanza per
Poterli sopraffare. Avevo soltanto un centurione con cento soldati al
Mio comando. Allora chiesi rinforzo al prefetto Della Siria, IL quale
m'informò che possedeva scarse truppe e che erano insufficienti a
Difendere la propria provincia.
   L'insanabile sete di conquiste per estendere IL nostro impero,
Senza nessun mezzo di difesa, MI fa aver paura che sarà la causa Della
Caduta finale del nostro governo.  Io vissi nell'oscurità completa
Della massa del popolo, perché non sapevo come questi sacerdoti, Ed a
Qual punto potevano arrivare a istigare la popolazione.  Eppure ho
Cercato di accertarmi con molto studio, di poter arrivare alla
Conoscenza dei pensieri e alla mente di questo popolo. Fra I tanti
Rumori che son pervenuti alle mie orecchie, ce n'è stato uno che
Particolarmente attrasse la Mia attenzione.   Un giovane is diceva che
Appariva in Galilea, predicando con nobile unzione, una legge nuova
Nel Nome di Dio dal quale era stato mandato. In primo MI contristai
Pensando forse, che IL suo disegno era di eccitare IL popolo contro I
Romani ma di seguito questa paura is dileguò. Gesù di Nazaret parlava
più amichevolmente AI Romani, che AI Giudei.
   Un giorno mentre passavo per la contrada di Siloe, dove c'era un
Gran concorso di popolo, vidi nel mezzo di quel gruppo un giovane,
Appoggiato ad un albero, e che con molta grazia e calma , parlava alla
Moltitudine. Mi fu detto che costui era Gesù
   Facilmente potetti sospettare, perché così Grande era la differenza
Fra questo Gesù e coloro che l'ascoltavano.  I suoi capelli biondi e
La sua barba gli davano un'apparenza di un viso celestiale. Pareva di
Essere di circa trent'anni d'età. Mai in vita Mia vidi una continenza
così dolce e così serena.
 Era veramente un contrasto fra lui e I suoi ascoltanti con la loro
Barba nera e una complessione piuttosto oscura. Non volendolo
Interrompere con la Mia presenza, continuai a camminare avanti, però
Dissi al mio segretario di unirsi a quel gruppo Ed ascoltare. Questo
Mio segretario is chiamava Manlius, Ed era nipote del capo Della
Cospirazione, IL quale stava accampato in Etruria Ed aspettava
Catilina. Manlius era un vecchio abitante Della Giudea, meritevole
Della Mia fiducia.  Quando entrai nella pretura, trovai Manlius che MI
raccontò tutte Le parole che Gesù aveva pronunziato in Siloe.
   Non MI ricordo d'aver mai letto nel lavoro dei filosofi, una cosa
Tale DA potersi uguagliare con la sapienza di questo Gesù.  Uno dei
Ribelli Giudeo, così numerosi in Gerusalemme, is accostò domandandogli
Se era lecito di pagare IL tributo a Cesare e Gesù gli rispose:
"Rendete a Cesare tutto ciò che appartiene a Cesare, ma a Dio ciò che
è di Dio.  Fu appunto a cagione di questo suo parlare sapientemente
che io accordai a questo nazareno cotanta libertà,  Anzi, tutto era in
mio potere arrestarlo ed esiliarlo a Pontus, però questo sarebbe stato
contrario alla giustizia che è sempre stata ugualmente a tutti gli
uomini in tutto l'impero Romano.
Questo Gesù non era ribelle e neanche sedizioso, cosicché gli estesi
la mia protezione a sua insaputa.  Lui aveva la libertà di parlare,
riunire assemblee e predicare al popolo. Poteva ancora eleggere i suoi
discepoli, senza essere ristretto da nessun mandato pretoriale, se
così potesse succedere.
   Vorrebbero gli dèi prevenire le cose future se così dovrà avvenire,
che la religione dei nostri padri dovrà essere supplementata dalla
religione di Gesù, sarà allora una tollerazione nobile per la quale
Roma sarà debitrice d'una premeditata reverenza. Mentre io misero e
deprecabile ho dovuto essere lo strumento del quale i Giudei chiamano
provvidenza, ma che noi chiamiamo destino.
Questa libertà accordata a Gesù ha provocato i Giudei, non i poveri,
ma i ricchi e potenti. E' però vero che Gesù ultimamente è stato
severo e questo è stato nella mia opinione una ragione politica onde
limitare la libertà che gli era stata accordata. Agli Scribi e Farisei
ha detto: Voi siete una progenie di vipere, mi sembrate tanti sepolcri
e comparite bene agli uomini, ma voi siete molto vicino alla morte.
Altre volte si beffava delle offerte dei ricchi, dicendo che il
quattrino della vedova era molto più prezioso nel cospetto di Dio.
Nuovi rapporti venivano fatti giornalmente alla pretura, contro
l'insolenza di Gesù.  Fui avvisato che qualche disgrazia gli potrebbe
avvenire.  Non era la prima volta che Gerusalemme ha lapidato coloro
che si chiamavano profeti, e se il Pretore si ricusava di condannarli,
veniva fatto un appello a Cesare. In ogni modo la mia condotta
parziale fu approvata dal senato e mi fu promesso un rinforzo alla
fine della guerra.  Cosicché, essendo scarso di truppe ed inabile di
poter atterrare sedizioni, adottai un mezzo per stabilire la
tranquillità di questa città, senza bisogno di sottomettere la pretura
ad una concessione umiliante, io scrissi a Gesù chiedendogli un
colloquio  nel palazzo della pretura.  Lui è venuto. Tu sai che nelle
mie vene scorre quel sangue mescolato Spagnolo e Romano, incapace di
paura e di nessuna emozione.  Quando questo Gesù apparve, io
passeggiavo nella mia basilica, (stanza reale) e i miei piedi li
sentii come inchiodati su quel pavimento di marmo e tremai in tutta la
mia persona come un colpevole di un delitto.  Eppure Gesù era calmo,
ed apparve veramente in una calma innocente.  Quando giunse a me si
fermò e con qualche segno pareva dirmi: Ecco, sono qui, sebbene non
spiegò nessuna parola.
Per un momento contemplai con ammirazione questo straordinario tipo di
persona, sconosciutissimo fra i numerosi artisti e pittori, i quali
hanno dato forma e figura a tutti gli dèi ed eroi.  Nulla si vedeva in
Lui che poteva indietreggiare nel suo carattere; eppure sentivo paura
e tremavo nell'accostarmi a Lui.  Poi con voce tremante gli dissi:
Gesù di Nazaret, per tre anni di continuo ti ho dato autorità e
libertà di parlare, e non ne sono pentito.  Le tue parole sono di
sapienza e di uomini filosofi. Non so se hai udito parlare di Socrate
o di Platone. Ma questo io vedo che nei tuoi discorsi vi è una
eccellente semplicità che attira come una calamita, e che ti eleva
sopra tutti i filosofi.

                                   terza parte della lettera di P. Pilato
  L'Imperatore è stato informato di tutto ciò, ed io suo umile
rappresentante di questa provincia sono molto contento d'averti dato
codesta libertà, conoscendo i tuoi meriti. Nondimeno, non posso
celarti di dirti che i tuoi discorsi ti hanno creato potenti nemici.
Nemmeno questo mi sorprende; Socrate ebbe i suoi nemici ed è stato
vittima di loro.  I tuoi nemici son doppiamente irritati contro di te,
perché tu hai parlato troppo severamente contro la loro condotta, e
son contro di me a cagione della libertà che io ti ho concesso.  Mi
hanno accusato di essere stato in diretta alleanza con te, onde
privare gli Ebrei delle poche facoltà civile lasciate a loro da Roma.
La mia domanda (Non dico il mio comando) è che tu sia un pò più
prudente e moderato nei tuoi discorsi, per non destare l'ira e
l'arroganza dei tuoi nemici che possono eccitare la stupida
popolazione contro te, costringendomi poi ad usare gli strumenti della
legge.
Gesù rispose calmamente: Principe della terra, le tue parole non
procedono dalla verità, né da alcuna sapienza.  Parla tu ai torrenti
di fermarsi in mezzo ai monti, e di non sradicare gli alberi della
valle, e vedi che i torrenti ti risponderanno che devono obbedire alla
legge della natura e del Creatore.  Solo Dio sa dove scorrerà l'acqua
dei torrenti.  In verità io ti dico, che prima che fioriscono le rose
di Saron sarà sparso il sangue del giusto.