LA PENA DI MORTE

  

    "Mia figlia è stata stuprata, seviziata e poi uccisa... forse dovrei perdonare chi le ha fatto questo? Potrei forse dimenticare e passare sopra un crimine così grande? Era ancora una bambina ..."

    Di fronte a fatti e ad affermazioni di questo tipo non esiste che una risposta: rispettoso silenzio. Silenzio per comprendere la sofferenza di coloro ai quali è stata strappata la vita in modo tanto crudele e barbaro, quanto ingiusto. È il silenzio di chi comprende, è il silenzio di chi non accetta questo sistema di cose, è silenzio che non giudica e non condanna, ma è vicino a chi è morto dentro. 

    No, non possiamo passare sotto silenzio certi crimini, certe atrocità, non possiamo fare finta di niente, non possiamo avallare atti così crudeli compiuti molto spesso per futili motivi. 
No, non possiamo accettare un "perdonismo" e un "buonismo" che non sanno di cristianesimo, ma solo di superficialità. 

    È da questo punto di vista e non da altri che dobbiamo far partire la nostra riflessione sull'istituzione della pena di morte se vogliamo comprendere i motivi per cui in ben 90 stati del mondo è ancora prevista. 

    Tuttavia, è necessario e indispensabile, sia da un punto di vista umano che biblico - cristiano, eliminarla e abolirla. 

 

Il caso Rocco Barnabei 

    Prendiamo come spunto iniziale il caso di Rocco Barnabei
L'inferno di Rocco comincia in una notte di settembre del 1993 quando, studente dell'università di Norfolk, lascia Sarah, che ha appena amato nella sua stanza per andare a controllare dormitori e ristoranti del college. Ma dopo averla baciata sulla porta di casa, Rocco vede due ragazzi scendere dalle scale. Uno di loro è "Stu" quello che durante un toga party, poche sere prima aveva molestato Sarah pesantemente. 
Quando Rocco torna la mattina dopo, la ragazza non c'è più. La troveranno morta con la testa fracassata dentro il lago vicino. Rocco è subito il suo assassino, almeno per i giudici. 

    Che cosa non torna nel caso Barnabei:

1. Rocco amava Sarah e non aveva alcun movente contro di lei. 

2. Nello stato della Virginia un condannato ha solo 21 giorni per presentare le prove della sua innocenza. 

3. Non sono state effettuate altre indagini, sul conto di nessun altro indagato! 

4. Le parole della madre, Jane: "Un colpevole non torna, non si mette fiducioso nelle mani della giustizia. A un certo punto gli hanno detto "Patteggia e ti salvi la vita. Basterà ammettere di essere colpevole di violenza aggravata". Ma lui non ha voluto. "Mamma non posso macchiarmi di una vergogna che non ho commesso", mi ha risposto. "Questo è un tribunale americano. Stai tranquilla. Vedrai andrà tutto bene". 

5. Le parole del fratello, Craig: "Ma se questi [Alan Dershiwitz e Barry Shack] avvocati lavorano gratis, i laboratori associati ai tribunali non lo fanno. Per salvare Rocco bisogna trovare denaro. Gli esami del dna costano migliaia di dollari. In questi processi è sempre una questione di denaro. E Rocco, come me, è povero, è italiano, è il colpevole ideale".

6. Ancora le parole di Craig: "Il giudice William Rutherford odiava gli italiani. Si era preso il processo a tutti i costi. Durante l'interrogatorio spiegavo le ragioni di Rocco, ma lui mi ha detto: "So che a voi italiani piace parlare, ma se continua così la sbatto in cella con suo fratello". Nostro padre ci diceva: "Pronunciate il vostro cognome all'americana, dimenticate la vostra terra. Un italiano qui è sempre in pericolo". 
La cavia di morte ha
sempre un colore, una razza e un portafoglio su misura. Chi è ricco non muore mai. Chi è nero o messicano o italiano è già morto. 

 

DIECI MOTIVI UMANITARI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE 

 

PRIMO MOTIVO

    La pena di morte non serve come deterrente per i crimini. In Giappone, dove la pena di morte è prevista dalla legge, tra il novembre del 1989 ed il marzo del 1993 le esecuzioni vennero sospese perché i ministri di giustizia dell'epoca erano contrari alla pena di morte: durante la moratoria, il tasso di criminalità non aumentò, anzi diminuì. 
L'argomento della deterrenza è quello più frequentemente chiamato in causa: condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone dal commettere lo stesso reato. L'argomento della deterrenza non è però così valido, per diversi motivi. 
Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile affermare che tutti o gran parte degli omicidi siano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze. Molto spesso gli omicidi avvengono in momenti di particolare ira oppure sotto l'effetto di droghe o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In nessuno di questi casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da deterrente. 
Inoltre la tesi della deterrenza non è assolutamente confermata dai fatti. Se infatti la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con la morte e i paesi che mantengono la pena di morte dovrebbero avere un tasso di criminalità minore rispetto ai paesi abolizionisti. Nessuno studio è però mai riuscito a dimostrare queste affermazioni e a mettere in relazione la pena di morte con il tasso di criminalità. 

    Un'analisi delle percentuali di omicidi in paesi abolizionisti e mantenitori ha dimostrato che i paesi mantenitori hanno in genere una percentuale maggiore. Tale analisi prendeva in considerazione i cinque paesi abolizionisti ed i cinque paesi mantenitori con il maggior numero di omicidi. Confrontando i dati, l'analisi conferma che nei cinque paesi abolizionisti il tasso più alto di omicidi era 11.6 per 100.000 persone, mentre nei paesi mantenitori il tasso più elevato era 41.6 per 100.000 persone. 

    Vi sono inoltre dati sulla criminalità di vari paesi che dimostrano come l'abolizione della pena di morte non comporti alcun aumento della criminalità. 
In Giamaica, per esempio, durante una sospensione della pena di morte tra il 1976 ed il 1980, si verificarono poche variazioni nel tasso di omicidi. In Canada il tasso di omicidi per 100.000 persone scese da un massimo di 3.09 nel 1975, anno precedente l'abolizione, a 2.41 nel 1980 e da allora è rimasto relativamente stabile. Nel 1993, 17 anni dopo l'abolizione, il tasso di omicidi era 2.19 per 100.000 persone, vale a dire il 27% in meno rispetto al 1975. Un recente studio condotto in California ha dimostrato che nei 15 anni in cui la California eseguiva condanne a morte molto frequentemente (circa una ogni due mesi, dal 1952 al 1967) il numero di omicidi è aumentato di circa il 10% ogni anno. 
Tra il 1967 ed il 1991, periodo in cui non hanno avuto luogo esecuzioni, l'aumento medio annuale era del 4.8%. Lo stesso studio dimostra anche l'esistenza di ciò che viene denominato effetto brutalizzante della pena di morte: nei 4 mesi precedenti l'esecuzione di Robert Harris in California, avvenuta nel 1992, la media mensile di omicidi nello stato era 306 mentre nei 4 mesi successivi la stessa esecuzione tale numero salì a 333, registrando un aumento del 9%. Uno studio simile ha dimostrato che nello stato di New York, nel periodo in cui erano eseguite più condanne a morte che nel resto del paese, cioè tra il 1907 ed il 1963, si registravano in media due omicidi in più ogni mese immediatamente successivo ad un'esecuzione. 

    I molti studi effettuati sull'argomento hanno quindi dimostrato come sia impossibile affermare con chiarezza che la pena di morte abbia un potere deterrente. 
Lo studio più recente sulla relazione tra la pena di morte ed il tasso di omicidi, condotto per le Nazioni Unite nel 1988, ha concluso che "questa ricerca non ha fornito alcuna prova scientifica del fatto che le esecuzioni abbiano un effetto deterrente maggiore rispetto all'ergastolo. È improbabile che si ottenga mai questa prova scientifica. Lo studio non fornisce alcun fondamento alla tesi della deterrenza".

SECONDO MOTIVO

    L'applicazione delle norme giuridiche è spesso soggetta a errori umani dolosi o involontari. 
La pena di morte non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più spesso di quanto si immagini, persone innocenti. 
Uno studio dello Stanford Law Review ha documentato in questo secolo 350 casi di condannati a morte negli Stati Uniti, in seguito riconosciuti innocenti. Di questi 25 erano già stati giustiziati, mentre altri avevano già trascorso decenni in prigione. 55 dei 350 casi risalgono agli anni '70, 20 risalgono agli anni compresi tra il 1980 ed il 1985. 
In Giappone, Sakae Menda fu condannato a morte nel 1950 per un omicidio commesso nel 1948. 33 anni dopo egli fu riconosciuto innocente e rilasciato, dopo aver vissuto per oltre trent'anni nell'attesa dell'esecuzione. 
A Taiwan nel febbraio 1982 fu riconosciuto innocente e rilasciato un uomo di 74 anni, condannato per un omicidio commesso nel 1972. 
Numerosi sono anche i casi in cui incompetenza e corruzione hanno causato condanne a morte di innocenti. Tra questi il caso di Vladimir Toisev, abitante di un villaggio della Repubblica di Bielorussia, condannato a morte per omicidio nel 1970. Passò diciotto mesi prima di ricevere la commutazione della condanna, ma fu rilasciato solo nel 1987. Nel 1987 l'organo di stampa Znamya Yunosti affermò che gli investigatori avevano strappato una confessione a Toisev nel corso di interrogatori notturni e avevano picchiato suo fratello per poter ottenere prove false che avvalorassero la confessione. Quando fu scoperto il vero colpevole, gli investigatori tennero segrete le informazioni per nascondere l'errore commesso. 

 

TERZO MOTIVO

    La pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi sbagliati. Può essere sfruttata dal governo per eliminare personaggi politicamente o religiosamente scomodi, alterando persino il concetto di gravità di certi atti. È quello che sta attualmente accadendo in Cina dove si muore non solo per aver commesso crimini gravi, ma anche per il semplice fatto di opporsi al regime. Nel 1993 il 63% delle esecuzioni mondiali sono avvenute proprio in territorio cinese. 

    I reati capitali sono 68, tra cui omicidio, stupro, rapina, furto, traffico di droga, prostituzione, evasione delle tasse e, addirittura, stampa o esposizione di materiale pornografico. Particolarmente raccapricciante è il fatto che spesso le esecuzioni sono fatte in luoghi pubblici e i condannati sono costretti a tenere al collo un cartello con il loro nome ed il reato per il quale sono giustiziati. 

    Amnesty International, inoltre, denuncia il fatto che spesso ai condannati, una volta giustiziati, vengono espiantati gli organi senza il loro permesso; proprio per questo motivo, si ritiene che alcune condanne siano eseguite in quanto sono richiesti organi per i trapianti. 

 

QUARTO MOTIVO

    L'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di sistemi preventivi. 
Quando viene applicata la pena di morte, la gente prova quasi un sentimento di soddisfazione, quasi che in questo modo il crimine commesso fosse ripagato, espiato, dimenticando in realtà che la vittima ha subito un'ingiustizia che non potrà mai essere ripagata. Tuttavia la gente è come soddisfatta. Lo Stato si mostra così "giusto" ed efficiente contro il crimine. In questo modo si corre il rischio che lo Stato possa, in qualche modo sentirsi dispensato dal ricercare una soluzione che prevenga il crimine stesso. 
In primo luogo le strade sono troppo spesso troppo poco sorvegliate, la polizia non è mai sufficientemente presente sul territorio per mancanza di personale o per incapacità organizzativa. 

    Inoltre, lo Stato non dovrebbe, forse, contribuire rimuovendo le situazioni di indigenza estrema, promuovendo la dignità umana, eliminando conflitti razziali troppo spesso causati da leggi poco democratiche? Lo Stato non dovrebbe promuovere una migliore umanizzazione della società, combattendo il diffondersi di una mentalità lassista e immorale? Come si comporta lo Stato nei confronti dello sfruttamento minorile, della pornografia, della facile vendita di armi? 
Il fatto è che lo Stato è troppo spesso vittima della sua economia che gli impedisce di combattere la battaglia della prevenzione fino in fondo. E in fondo sono proprio le multinazionali che producono e vendono armi, che producono pornografia, che diffondono una mentalità in cui il potere, il denaro e il libertinaggio (non la libertà) sono il bene supremo. Lo Stato, quindi, legato dall'economia, può soddisfare la società solo ricorrendo ad un ulteriore crimine. 

 

QUINTO MOTIVO

Il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società. 

    Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo - il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società - così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto dall'emozione del momento, e in quanto garante della giustizia, non deve mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: l'omicidio. 

    Così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla legge stessa, mentre essa è stata creata proprio per la tutela dei diritti umani e quindi per quello della vita. 

 

SESTO MOTIVO

    Lo stato si comporterebbe in modo criminale come il criminale stesso. 
Le leggi, infatti, moderatrici della condotta degli uomini e espressioni della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commetterebbero uno esse medesime e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinerebbero un pubblico assassinio. 

 

SETTIMO MOTIVO

    La pena di morte è discriminatoria. La pena di morte è spesso usata in maniera discriminatoria nei confronti di minoranze razziali, di persone povere e scarsamente istruite e in alcuni casi può essere usata come arma contro oppositori politici. 
Un esempio di come la pena di morte sia usata in maniera iniqua nei confronti delle minoranze si ha negli Stati Uniti. Uno studio del 1987 sulle condanne a morte comminate dallo stato del New Jersey ha dimostrato che l'accusa ha chiesto la pena di morte nel 50% dei casi in cui l'accusato era nero e la vittima bianca e solo nel 28% dei casi in cui sia l'accusato che la vittima erano neri. 

    In Georgia, delle 20 esecuzioni registrate dal 1976 a oggi, 12 sono state compiute nei confronti di afro-americani che, nel 90% dei casi, avevano ucciso un bianco; tutti i 46 procuratori distrettuali della Georgia sono bianchi. Delle dodici condanne a morte eseguite, la metà sono state emesse da giurie composte da soli giurati bianchi. Secondo alcuni dati, la pubblica accusa chiede la pena di morte nel 40% dei processi per omicidio in cui l'imputato è un nero e la vittima un bianco, nel 32% dei casi in cui sia l'imputato che la vittima sono bianchi e nel 6% dei casi in cui sia l'imputato che la vittima sono neri. Non c'è mai stata una richiesta di condanna a morte nei confronti di un bianco che aveva ucciso un nero. 
Gli Afro-Americani rappresentano il 12% della popolazione degli Stati Uniti ed il 50% delle persone giustiziate dal 1930. 

    È inoltre dimostrato che la stragrande maggioranza di coloro che hanno subito la pena di morte, era gente povera. Il ricco non subirà mai la pena di morte. Il ricco può pagarsi qualsiasi avvocato, può pagare la propria libertà. 

 

OTTAVO MOTIVO

    La pena di morte non ristabilisce alcun equilibrio. 
Per quanto autori e filosofi illustri quali Kant ed Hegel giungano a giustificare, anzi ritengono necessaria la pena di morte su basi retributive, ci pare che agli effetti i parenti, gli amici e i conoscenti della/e vittime non si sentano sufficientemente ripagati dalla morte dell'assassino. Lo sarebbero se ciò servisse a riportare in vita la vittima, se la morte dell'assassino servisse veramente a ristabilire una situazione di equità. 
In realtà se il ladro commette il furto, la restituzione del denaro può servire a ristabilire una situazione di equità e il carcere avrebbe la funzione sia come deterrente, sia per la riabilitazione stessa del ladro. Purtroppo l'omicidio, qualunque siano le motivazioni, è talmente grave proprio perché innesca un meccanismo di non ritorno. Nessun atto potrà mai riportare indietro una persona morta, solo un miracolo. 

 

NONO MOTIVO

    Lo Stato è corresponsabile dei crimini commessi. "La responsabilità penale è personale. L'imputato è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla medicazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra" (articolo27 della Costituzione Italiana)

    Consideriamo il fatto che la personalità di ogni individuo è profondamente segnata dall'ambiente circostante, dagli eventi che si trova costretto ad affrontare e dagli eventuali disturbi mentali che lo affliggono. Come può quindi la società ritenere la sua morte indispensabile pur essendo, in un certo senso, corresponsabile di ciò che egli ha compiuto? Si arriva davvero al paradosso. 

 

DECIMO MOTIVO

    Pena di morte = risparmio ? Una delle argomentazioni a favore della pena di morte si basa sul fatto che è meno costoso uccidere i colpevoli piuttosto che tenerli in carcere. Tuttavia, alcuni studi svolti in Canada e negli Stati Uniti dimostrano che l'applicazione della pena di morte è più costosa del carcere a vita. 

    Uno studio realizzato nel 1982 nello stato di New York ha rilevato che in media il giudizio capitale e gli appelli di primo grado costerebbero ai contribuenti circa 1.8 milioni di dollari, due volte di più di quanto costi mantenere una persona in carcere a vita. 
Uno studio condotto in Florida nel 1988 sosteneva che i contribuenti pagano oltre 3.1 milioni di dollari per ogni esecuzione. 

 

DIECI MOTIVI BIBLICI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE

PRIMO MOTIVO: Non uccidere 

    I 10 comandamenti sono la forma legislativa più alta e più "normale" che l'uomo abbia mai avuto. Più alta perché proveniente da Dio stesso. Più normale, perché se mettiamo a nudo la nostra coscienza, ci rendiamo conto che questa legge fa parte di noi, del nostro essere interiore. È una legge positiva che è parte integrante dell'uomo, e quando dico uomo non mi riferisco solo al singolo individuo, ma anche all'umanità nel suo complesso, e quindi alla società. Quando Dio parla all'uomo, non parla solo al singolo individuo, ma all'uomo nelle sue forme politiche organizzate. 

    La scrittura "Non rubare" si riferisce tanto al singolo quanto al governo, che in quanto governo non è dispensato da questa legge. Anzi al contrario, proprio il governo, che dovrebbe far rispettare questa norma, dovrebbe essere il primo ad essere coerente con essa. 

    Perché per la scrittura "Non uccidere", dovremmo fare diversamente? Perché il singolo non è autorizzato, ma lo può essere il governo ? 

    Gesù è venuto a portare la Verità. Egli ci ha detto di essere la Verità. Non ha parlato di relativismo, non ha detto che ognuno può avere la sua verità. Dunque, esiste una sola verità, ma l'uomo vuole stabilire da solo, con la propria razionalità, che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato. Forse le leggi di Dio sono troppo alte per noi? Sembra che sia così, dal momento che accanto ad ogni norma poniamo sempre dei "però" e dei "ma", come dire: "Si la legge di per sarebbe giusta però in questo caso ..." 

    In Esodo 20,13 leggiamo: " Non uccidere. ". La frase è lapidaria, non è giustificata. Dio non aggiunge alcun perché e nessuna condizione. Segno che la vita dovrebbe essere rispettata sotto ogni forma di esistenza, senza deroghe. 

 

SECONDO MOTIVO: Solo Dio dona e toglie la vita. 

    In Giobbe 1,21 leggiamo: "Nudo uscii dal seno di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore." 
Di Giobbe ne conosciamo a migliaia, di persone cioè che sono state messe dalla vita a dura prova, che hanno dovuto affrontare sofferenze anche disumane (pensiamo ai lager). Chi di noi non si sarebbe ribellato? Chi di noi non avrebbe alzato il suo pugno verso il Cielo? Anche Giobbe lo ha fatto. Anche Giobbe, definito giusto, ad un certo punto non ha retto. 
Ma la sofferenza ha scavato in Giobbe una profondità che prima non riusciva a raggiungere. "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto", tutto proviene dal Signore. Ovviamente tutto ciò che è intorno a noi, ma non certamente le conseguenze dei nostri atti egoistici e vandalici. Il male non proviene dal Signore. Ma Giobbe ci insegna che la vita è dono, non è solo una reazione chimica. La vita è dono che proviene da Dio. Questa vita ci è stata data perché possiamo imparare a conoscerLo, ad amarLo e a lodarLo. E tutto ciò non può non passare attraverso l'uomo. Non possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo il nostro "fratello" che vediamo. 

    Certo, questa vita non ci è stata data per compiere ogni sorta di nefandezze. Ma questa vita appartiene comunque a Dio, Lui solo ha il potere di dare e togliere la vita. Lui solo ha questo potere e questa autorità. Tuttavia sono secoli che l'uomo cerca, con ogni mezzo, di sostituirsi a Dio, cerca di fare di se stesso un dio. Ma Dio ci dice: "Io do, io tolgo". Non l'uomo. 

    Ancora in 1Corinzi 6,19: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi?" Si, secondo il pensiero biblico, non siamo neanche padroni di noi stessi, perché siamo stati comprati con il sangue di Gesù Cristo, morto al posto nostro per annullare il peccato insito in noi, e permetterci di avere la Vita Eterna. Dio ci ha amato fino a questo punto, fino al punto di "comprarci" alla morte eterna, alla quale saremmo stati destinati. Non apparteniamo dunque a noi stessi, non abbiamo quindi alcun diritto, come singoli, come stato di decidere della vita altrui, fosse anche quella del peggior criminale della terra. 

 

TERZO MOTIVO: Dio ha tollerato la pena di morte solo nel Vecchio Testamento 

    In Matteo 19,8, Gesù parla alla folla: "Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?". Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.". 
Gesù non è venuto per annullare il Vecchio Testamento (Matteo 5,17) ma per dare compimento. Che cosa significa "dare compimento" ? 
Significa 2 cose: 
a. Gesù, come Messia, realizza tutte le profezie annunciate nell'Antico Testamento.
b. Gesù, come Maestro, ci spiega il vero senso delle scritture dell'Antico Testamento ristabilendo un giusto equilibrio nell'interpretazione di certe affermazioni. 
In Matteo 19,8 Gesù parla del ripudio, ammesso da Mosè sotto determinate condizioni "per la durezza" del cuore degli Israeliti. Forse gli Israeliti avevano il cuore duro solo verso le loro mogli? E' possibile affermare con certezza che solo questo precetto fosse dato per la durezza del loro cuore? 

    La Bibbia è stata scritta da uomini sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. Nelle Scritture si amalgamano, quindi, pensieri superiori con pensieri frutto della cultura dello scrittore, del luogo di provenienza e dell'epoca. 

    Riteniamo che anche nei casi in cui la Bibbia ammette la pena di morte vi sia più parte dell'uomo che non di Dio, il quale ha permesso, in certi casi, la pena di morte, affinché fosse chiaro agli ebrei, e a tutto il mondo, che determinati crimini erano talmente gravi da richiedere la morte stessa del loro autore. 

    Durante l'Antico Testamento Dio ha agito in modo pedagogico: non ha rivelato la verità tutta insieme, ma ha fatto crescere il suo popolo poco a poco, fino ad arrivare a Gesù. Così Dio appare molto duro in alcuni precetti, mentre è molto "largo" in altre situazioni (ad esempio non condanna Giacobbe che aveva più mogli, e neanche Abramo, il padre dei giusti, che ha lasciato sua moglie tra le braccia del re Abimèlech, facendola passare per sua sorella ). 

    Ma in Gesù la morale è definitiva e la pena di morte non è più ammessa. 

 

QUARTO MOTIVO: Chi è senza peccato scagli la prima pietra.

    In Giovanni 8 leggiamo che gli scribi e i farisei condussero a Gesù una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dissero: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. 

    Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed essa rispose: "Nessuno, Signore". 
E Gesù le disse: "Neanche io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più." 
Gesù non condivide il comportamento della donna; infatti, le dice "non peccare più".
Per i canoni dell'epoca, il comportamento della donna era meritevole di morte. Gesù stronca in pieno le intenzioni di quegli uomini, pronti a lapidare la donna. Non dice loro di perdonare, perché in fondo non aveva fatto cose gravi. Non dice loro che devono essere buoni e che quindi devono perdonare quella donna. Dice loro che sono ipocriti e malvagi. 
Ipocriti in primo luogo, perché se la donna era stata sorpresa in flagrante adulterio, dov'era l'uomo che stava con lei? Forse solo la donna meritava la morte? E l'uomo? Ancora discriminazione. 

    Malvagi, perché non provavano alcun segno di terrore nel compiere un atto barbaro come quello della lapidazione. Malvagi perché questo sembrava farli star bene, mettere in risalto il loro alto senso della giustizia, la loro giustizia. Abbassando quella donna loro si innalzavano. 
Certo, Gesù con la frase: "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra" non voleva appiattire la differenza tra i reati. Indubbiamente esistono reati più gravi e reati che lo sono meno. Ma ogni peccato, è una ferita contro se stessi e contro l'umanità, una ferita che se non è curata può dare origine a qualcosa di più grave. Nessuno di noi è esente da colpa, quindi nessuno di noi può giudicare e condannare. 

    Allora, si dirà, se non possiamo giudicare, dobbiamo abolire i tribunali? Assolutamente no! L'istituzione del tribunale è di per cosa buona. Gesù non abolisce la Legge. Non ha mai affermato che possiamo fare a meno della legge, di qualunque legge si tratti. Perché la legge regola e disciplina i rapporti umani, dipana le dispute, agisce come deterrente. Ma la legge umana non è sempre così vicina alla legge di Dio, è spesso imperfetta, è spesso maschilista e razzista (come nel caso riportato sopra). Ancora peggiore, spesso, ne è l'applicazione. 

    Gesù non afferma che quella donna (e l'uomo con il quale ha peccato) non fossero colpevoli. Gesù condanna qui, apertamente la pena di morte. Dobbiamo ricordarci, infatti, che nella mentalità dell'epoca l'atto compiuto dai due era gravissimo e quindi meritevole di morte. Ora ogni epoca e ogni cultura ha la sua scala di valori. Affermare il principio della legalità della pena di morte significa lasciare in balia della cultura e della scala di valori del governo vigente la possibilità di uccidere uomini e donne su basi molto discutibili (è ciò che sta accadendo nei paesi asiatici quali Cina e Giappone). 

 

QUINTO MOTIVO: Gesù non fonda la sua dottrina sulla "meritocrazia" 

    Marco 10,46-52: "E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: "Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!". Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". 

    Allora Gesù si fermò e disse: "Chiamatelo!". E chiamarono il cieco dicendogli: "Coraggio! Alzati, ti chiama!". Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: "Che vuoi che io ti faccia?". E il cieco a lui: "Rabbunì, che io riabbia la vista!". E Gesù gli disse: "Và, la tua fede ti ha salvato". E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada." 

    Quando Gesù guarisce un essere umano, non chiede il certificato di buona condotta. Il cristianesimo è fondato su una giustificazione che non dipende dalle buone opere dell'uomo, ma sulla misericordia e sulla gratuità di Dio. La salvezza è sempre un dono, mai un merito. Un dono che si accetta per fede. È la salvezza stessa, poi, che produce l'uomo nuovo, capace di amare e liberare. 

 

SESTO MOTIVO: Nessuno tocchi Caino 

    In Genesi 14,15 leggiamo: "Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere". Ma il Signore gli disse: "Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!". Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato." 

    Si, Caino aveva inaugurato il primo omicidio della storia. La storia di Caino ci dice che fin dagli inizi, dopo un periodo di pace "paradisiaca", l'uomo è stato un ribelle alla vita. 
Perché Dio non ha sterminato Caino? Perché ha permesso che Caino sopravvivesse? Non avrebbe potuto fermare questa catena di male fin dall'inizio? 
Anzi, non solo risparmia Caino, ma pone in lui un segno perché "non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato". Dio quindi non ammette in alcun modo la vendetta dell'uomo, la legge del taglione. 

    Nessuno tocchi Caino. Non perché Caino se lo meriti. Ma nessuno tocchi caino. 

 

SETTIMO MOTIVO: Dio si serve anche di assassini (pentiti) 

    La pena di morte pone fine ad ogni possibilità di pentimento. Appurato il crimine. Appurate le responsabilità del colpevole. Perché condannarlo alla morte eterna? Perché non lasciargli questa possibilità di redenzione interiore? 
Può essere ammissibile da uno stato ateo e non confessionale
. Ma che addirittura la Chiesa di Cristo possa ammettere (ufficialmente) la pena di morte è inammissibile. 
Eppure la "storia della salvezza" è costellata da uomini e donne malvagie scelti da Dio per portare avanti il suo piano. 

    Davide si comportò in maniera veramente aberrante. Invaghitosi di una donna sposata, essendo re di Israele, abusò del suo potere per far andare il marito della donna in guerra e là farlo morire. Dopo il funerale prese la donna con , mostrandosi oltretutto, nobile d'animo per la prodigalità con cui aiutava questa donna rimasta sola. 
Dio non approvò il suo comportamento e gli inflisse una grave punizione prendendo con se suo figlio, appena nato. 

    Tuttavia, Dio non ripudiò Davide, che nel frattempo era entrato in una profonda crisi, una crisi che lo spaccava dentro, aprendo gli occhi sul male che aveva compiuto. Davide non riusciva a perdonare se stesso. 

    Davide era cambiato e Dio continuò a servirsi di Davide (2Samuele 11-12). 
Che dire poi di Paolo (Atti,55-60; Atti 8,1; Atti 9,1-2), che un tempo era Saulo e che si propugnava come obiettivo lo sterminio di tutti i cristiani? Proprio lui costituirebbe la giustificazione per la pena di morte? Lui, che di morti sulla coscienza ne deve aver avuti probabilmente, tanti. È mai possibile che Paolo consideri davvero giusta la pena di morte quando parla ai romani (Romani 13)? 

    Certo, Paolo non era un "mostro", uccideva solo per ideologia. È ciò che è stato fatto nelle Fosse Ardeatine o peggio ancora nei Lager nazisti o quanto accadeva in Siberia. I suoi crimini sono forse più leggeri di altri? Al contrario, erano premeditati ed eseguiti a sangue freddo. 

    Eppure Dio ne fa uno dei suoi più grandi evangelizzatori e portatori della Sua Buona Novella. 

    Dio condanna il crimine, ma lascia spazio per la conversione. Vogliamo essere più giusti di Dio? 

 

OTTAVO MOTIVO: L'uomo, immagine di Dio. 

    Genesi 1,26: "E Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". 
Certo, si dirà, certi delinquenti dimostrano tutto fuorché di essere immagine di un Dio-Amore. Dimostrano anche di aver perso ogni senso di coscienza. 
Nonostante ciò crediamo che in ogni uomo permanga una luce, seppure impercettibile, non tanto di bontà, quanto di quell'immagine che Dio ha impresso nell'anima di ciascuno di noi. È una realtà spirituale, non morale. L'anima umana non può essere toccata dall'uomo, perché non è in suo potere. L'uomo può comportarsi da animale, ma non diventerà mai, fisicamente, un animale. Forse, proprio per questo è maggiormente condannabile. 
Tuttavia il diritto alla vita non deriva dalle nostre azioni ma solo dal fatto di essere stati voluti da Dio. È la sua immagine impressa nella nostra anima il marchio che ci legittima alla vita. 
Relativizzare la sacralità della vita potrebbe essere molto pericoloso. 

 

NONO MOTIVO: Il pensiero di Dio

    Molte volte l'uomo tende a strafare, dimenticando che solo da Dio dipende la vita; l'uomo così arbitrariamente vuole innalzarsi al di sopra di Colui che siede nei cieli. La Bibbia afferma che la vita è un dono di Dio: "Lo spirito di Dio mi ha creato, e il soffio dell'Onnipotente mi dà la vita" (Giobbe 33:4) 

In modo inequivocabile la Scrittura afferma che: 
A) Dio è la fonte della vita: "Dio non è servito dalle mani dell'uomo, come se avesse bisogno di qualcosa; lui che dà a tutti la vita, il respiro e ogni cosa" (Atti 17:25). 
B) La vita è un atto creativo di Dio: "Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l' uomo divenne un 'anima vivente" (Genesi 2:7). 
C) Dio è l'unico padrone e governatore della vita: "Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore" (Giobbe 1:21). 
D) L'ampiezza della vita dell'uomo dipende da Dio: "Lo sazierò di lunga vita e gli farò vedere la mia salvezza" (Salmo 91:16). 
E) La vita degli uomini è nelle mani di Dio: "Che Egli tiene in mano l'anima di tutto quel che vive, e lo spirito di ogni carne umana" (Giobbe 12:10). 
F) Dio vieta all'uomo di togliere o di togliersi la vita: "Non uccidere" (Esodo 20:13). 
G) L'omicidio è un terribile peccato: "Fuori i cani, gli stregoni, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna" (Apocalisse 22:15). 
Quando Gesù è venuto sulla terra, ci ha insegnato quanto sia importante il valore della vita e quanto lo si debba tenere in considerazione: "Cinque passeri non si vendono per due soldi? Eppure non uno di essi è dimenticato dinanzi a Dio; anzi perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi siete da più di molti passeri" (Luca 12: 6,7) 
Possiamo quindi affermare che il procurare la morte è un atto condannato da Dio. Solo Dio è il padrone della vita dell'uomo e solo Lui ha il diritto di disporre della vita e della morte.

"L'Eterno fa vivere e morire" (1Samuele 2:6). 
" Ora vedete che io solo sono Dio e che non vi è altro dio accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e risano e nessuno può liberare dalla mia mano" (Deuteronomio 32:39).

 

DECIMO MOTIVO: La legge del perdono.

    Matteo 5:43-48: "Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico". Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste. "Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli".

    Luca 6:32-36: "Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro".

    Se giudichiamo possiamo sbagliarci, ma se perdoniamo non ci sbaglieremo mai!