Il Credente e il Peccato

sermone di Marco deFelice,

 

Il messaggio del Vangelo è il messaggio di come l'uomo può essere riconciliato con Dio. Esso è fondato sulla realtà che l'uomo è separato da Dio, e che ha bisogno di essere riconciliato. Ciò che separa l'uomo da Dio è il suo peccato, perché Dio è SANTO, e odia il peccato.
Oggi, vogliamo considerare come dovremmo vedere il peccato.

La gravità del peccato

Per capire il peccato, dobbiamo iniziare considerandone la gravità. Sia per arrivare alla salvezza, sia per camminare come figli di Dio, è necessario comprendere la gravità del peccato.
Non è facile da comprendere. Innanzi tutto, il mondo intorno a noi, con la sua influenza, non capisce affatto la gravità del peccato. Certamente, in ogni società, certe azioni sono viste come mali. Ma, di solito, non è perché sono considerate un'offesa contro Dio, ma perché offendono quel senso di coscienza che è dentro ogni uomo. Il più delle volte, infatti, quelle azioni che sono considerate malvagie sono quelle che causano del male verso gli altri uomini. Agli uomini, importa poco che un certo comportamento offenda Dio e vada contro la Sua legge. Per questo, il mondo intorno a noi capisce molto poco il peccato.
Poi, bisogna considerare che il peccato fa parte della natura dell'uomo. Perciò, l'uomo per conto suo non comprende la gravità del peccato.
Per capire che cos'è il peccato, abbiamo bisogno della Parola di Dio, e dello Spirito Santo. Leggiamo qualche brano che ci aiuta a capire che cos'è il peccato. 1 Giovanni 3:14 ci dichiara: "Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge" (1 Giovanni 3:4 NRV).
"Ogni iniquità è peccato" (1 Giovanni 5:17 NRV).

Allora, il peccato è andare contro qualsiasi legge di Dio. È la legge di Dio che determina che cosa è peccato. Il metro del mondo non importa.
Commettere qualsiasi atto vietato dalla legge è peccato, quanto lo è omettere di fare qualsiasi cosa che la legge richiede. Cioè, non fare qualcosa che si sa essere giusto è peccato.

Giacomo 4:17 "Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato".

Se poi non siamo sicuri se una cosa è legittima o no, e abbiamo dei dubbi, e andiamo avanti a fare quella cosa, commettiamo peccato, non tanto perché farla è peccato, ma perché l'abbiamo fatta, nonostante i nostri dubbi. Leggiamo di questo in Romani 14:23: "Ma chi ha dei dubbi riguardo a ciò che mangia è condannato, perché la sua condotta non è dettata dalla fede; e tutto quello che non viene da fede è peccato".

Tutto quello che non viene dalla fede è peccato; in altre parole, se avete l'idea che qualcosa sia peccato, ma non siete sicuri, non andate avanti a farlo, finché non siete sicuri. Ciò che non viene dalla fede, è peccato.
Quindi, il peccato è qualsiasi cosa che va contro la legge di Dio. Se Dio dichiara che un certo comportamento è peccato, il fatto che la società l'approvi non cambia il fatto che è peccato. Allo stesso modo, se la nostra coscienza non ci fa pesare un peccato commesso, ciò non cambia il fatto che quel comportamento è peccato. L'unico metro che determina che cosa è peccato è la Parola di Dio.
Perché l'uomo pecca? Tanti vorrebbero spiegare il peccato come una conseguenza delle difficoltà o della situazione in cui l'uomo vive. Invece, nella Bibbia, Dio afferma chiaramente che l'uomo pecca perché l'uomo è un peccatore. La natura dell'uomo mira a peccare. Quindi, non dobbiamo mai scusarci, perché non sono le nostre circostanze che ci fanno peccare. Il peccato è sempre una nostra scelta, che nasce dal peccato nel nostro cuore. Non siamo mai costretti a peccare. Pecchiamo perché fa parte della nostra natura.

La condanna del peccato

Allora, abbiamo visto che cos'è il peccato, e abbiamo visto perché l'uomo pecca. Ora consideriamo qual è la condanna del peccato. Che retribuzione ci sarà per chi pecca?
Agli occhi del mondo, non ci sono gravi conseguenze per il peccato. Il mondo vede il peccato come qualcosa di poco grave, qualcosa che succede, senza conseguenze importanti, o comunque senza conseguenze eterne. Però, non è così. Il peccato è una grave offesa a Dio, che sarà punita per l'eternità. Dio ha stabilito una condanna terribile per chi pecca. Già in Genesi Dio annuncia questa condanna all'uomo. In Genesi 2, troviamo che Dio aveva provveduto una situazione stupenda per l'uomo:
"Dio il SIGNORE piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato. Dio il SIGNORE fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino e l'albero della conoscenza del bene e del male." (Genesi 2:8-9 NRV)

Dio aveva provveduto tutto ad Adamo, non solo il necessario, ma tante cose belle da vedere e da mangiare. Poi, Dio diede ad Adamo un solo comandamento:
"Dio il SIGNORE prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. 16 Dio il SIGNORE ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai"." (Genesi 2:15-17 NRV)

Dio diede ad Adamo un comandamento, e gli spiegò che se non avesse ubbidito a quel comandamento sarebbe andato incontro alla morte. Dio dichiarò: nel giorno che tu ne mangerai (ovvero, nel giorno che tu disubbidirai al mio comandamento) certamente morirai. Certamente! Sarà una cosa certa. Infatti, il giorno stesso che Adamo ed Eva disubbidirono al comandamento di Dio, morirono spiritualmente, e la morte fisica entrò nel mondo.
Il giudizio per il peccato è la morte, che è la separazione da Dio.
Questa verità viene ripetuta altrove nella Bibbia, anche nel NT. Per esempio, leggiamo in Romani 6:23: "perché il salario del peccato è la morte..." (Romani 6:23 NRV)
Dobbiamo capire che il peccato, qualsiasi peccato, porta alla morte, la morte eterna, la separazione eterna da Dio, in un luogo di tormento eterno. Dio ci spiega nella Bibbia che il tormento sarà un tormento continuo, giorno e notte, nei secoli dei secoli.
In Marco 8, Gesù spiega che qualsiasi guadagno sulla terra è inutile, se poi una persona è destinata alla morte eterna, chiamata in quel caso: perdere la propria anima.

"E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua?" (Marco 8:36 NRV)

La condanna per il peccato è la morte eterna, la separazione eterna da Dio. Questa condanna è più terribile di qualsiasi altra cosa. È molto importante meditare su questo fatto, per capire meglio quanto il peccato sia una cosa terribile per il Signore. Quanto dev'essere abominevole il peccato per Dio se la punizione per anche un solo peccato è il tormento eterno. O che Dio ci aiuti a capire meglio queste cose.
Il peccato è dunque veramente terribile, e separa l'uomo da Dio. La condanna che ne consegue è la morte, la separazione eterna da Dio. Essendo colpevole, l'uomo non può pagare la propria condanna. È impossibile per l'uomo salvarsi da sé.

La salvezza dal peccato

Sappiamo che Dio offre la salvezza all'uomo. Essendo giusto, Dio deve applicare la condanna del peccato. Perciò, per poter salvare l'uomo e allo stesso tempo mantenere la sua giustizia, Dio Padre mandò suo figlio Gesù Cristo a morire sulla croce, come sacrificio di sostituzione. Il sacrificio di Cristo soddisfò l'ira di Dio contro il peccato. Quando una persona si rende conto veramente della sua colpa davanti a Dio, e desidera la salvezza più di qualsiasi altra cosa, e sa di non poter mai meritare la salvezza, e pone tutta la sua fede nell'opera di Cristo sulla croce, allora, Dio applica il beneficio della morte di Cristo a quella persona, e così la persona passa dalla morte alla vita, e la sua condanna viene pagata. Diventa un figlio di Dio. Questa è la salvezza.

Il peccato e il credente

Abbiamo considerato brevemente quanto il peccato è abominevole agli occhi di Dio, e che la condanna del peccato è la morte spirituale, la separazione eterna da Dio.
Ora consideriamo il rapporto fra chi è già credente e il peccato. Cosa c'entra il peccato con noi, che ci chiamiamo figli di Dio?
Vorrei menzionare qualcosa che ci aiuterà a capire meglio la Bibbia. Molto spesso, la Bibbia parla di una persona nei termini che quella persona usa per se stessa. Perciò, ad esempio, se una persona si dichiara credente, la Bibbia la chiama credente. Ciò non vuol dire che lo è. Però, la Bibbia si rivolge alle persone in base a ciò che loro dichiarano di sé.
Allora, che cosa dichiara la Bibbia per quanto riguarda il peccato nella vita di coloro che si dichiarano figli di Dio?
Quanto grave è il peccato nella vita di un credente, o almeno, nella vita di chi dice di essere un credente?
Chiaramente, anche in questo caso, dobbiamo rivolgerci alla Bibbia per capire l'insegnamento di Dio al riguardo. Perciò, consideriamo brevemente Matteo 7:13-23.

"Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano. "Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così, ogni albero buono fa frutti buoni, ma l'albero cattivo fa frutti cattivi. Un albero buono non può fare frutti cattivi, né un albero cattivo far frutti buoni. Ogni albero che non fa buon frutto è tagliato e gettato nel fuoco. Li riconoscerete dunque dai loro frutti. "Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?" Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!"" (Matteo 7:13-23 NRV)

Notiamo alcune delle verità principali in questo brano. Prima di tutto, notiamo che stretta è la porta e angusta è la via che porta alla vita eterna. Essere un figlio di Dio è un dono di Dio. Però, richiede una vita di combattimento contro la carne. Chi combatte, combatte nella forza di Dio. Però, deve combattere. Chi non combatte, dimostra di non appartenere a Dio. La PORTA è stretta, cioè, si diventa figlio di Dio passando per la porta stretta della fede in Gesù Cristo. Non ci sono altre porte.
Inoltre, la VIA è angusta, cioè, la vita di un figlio di Dio è una vita in cui bisogna lottare contro il peccato, contro la carne.
Gesù parla di falsi credenti in questo brano. Specificamente, falsi profeti, che non solo si dichiarano credenti, ma si presentano come insegnanti. Gesù dichiara che si riconosce un albero dal frutto che esso porta. Poi, Gesù dichiara che nel giorno di giudizio, ci saranno MOLTI che avranno dichiarato di essere credenti, ma che in realtà non lo erano. Leggiamo ancora il v.21. "Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli".

La salvezza è per fede, non per opere. Però, il FRUTTO della vera salvezza è una vita di ubbidienza, significa FARE la volontà di Dio, e quindi, allontanarsi del peccato. Chi si dichiara credente, ma continua a fare la propria volontà, anziché la volontà di Dio, non ha il frutto della vera salvezza nella sua vita.
Gesù ripete questo insegnamento tante volte nei Vangeli. Per esempio, leggiamo Giovanni 14:21:
"Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e mi manifesterò a lui" (Giovanni 14:21 NRV).

Qui, Gesù descrive chi sono quelli che Lo amano veramente. In vari casi, come questo, la Bibbia descrive la persona salvata come chi ama Dio. Quindi, Gesù sta descrivendo la vita di chi è veramente salvato. Notiamo quello che dichiara: "Chi HA i miei comandamenti e li OSSERVA, quello mi ama".
Un frutto che sarà presente in ogni vero credente sarà che la persona conoscerà e osserverà i comandamenti di Dio. Chi dice di amare Dio, ovvero, chi dice di essere salvato, però NON cammina in ubbidienza ai comandamenti di Dio, ovvero, continua a camminare nel peccato, inganna se stesso.
Notiamo alcuni altri versetti che dichiarano la stessa verità: "perché non quelli che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che l'osservano saranno giustificati." (Romani 2:13 NRV)

La vera fede porta all'ubbidienza. Se una persona si fida veramente del proprio medico, prenderà la medicina che il medico le dà. È facile dire di avere fede in Dio, ma è l'ubbidienza che dimostra la realtà della fede.
In Tito, leggiamo di alcuni che professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, perché continuano a peccare. Continuano a ribellarsi contro Dio. Leggiamo Tito 1:16: "Professano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, essendo abominevoli e ribelli, incapaci di qualsiasi opera buona." (Tito 1:16 NRV)
Se uno dice di conoscere Dio, ovvero, di essere salvato, ma non cammina in ubbidienza a Dio, il suo comportamento dimostra che in realtà, non conosce Dio, non è salvato.
Il libro di Giacomo è molto importante per capire bene questo insegnamento. Sarebbe utile leggere tutto il capitolo 1 e 2. Per ora, vi leggo soltanto alcuni versetti.
Prima, leggiamo Giacomo 1:22: "Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi." (Giacomo 1:22 NRV)

Chi ascolta la Parola di Dio, tramite la lettura o l'insegnamento, ma non la mette in pratica, ovvero, non si sottomette a Dio, lasciando un peccato nella sua vita, si illude, cioè, si autoinganna, immaginando di essere a posto con Dio, quando in realtà, è un ribelle. Non è il fatto di ascoltare la Bibbia che ci salva, è una questione di avere veramente fede in Dio, una fede vivente che produce ubbidienza. Siamo salvati per FEDE, e l'ubbidienza è un frutto necessario della vera fede.
Infatti, quando c'è una fede che NON produce opere, cioè, le opere di ubbidienza, quella fede è una fede MORTA, è una fede senza valore, che non può salvare. Giacomo dichiara questo in Giacomo 2:15,17,26:
"A che serve, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo?" (Giacomo 2:14 NRV)
"Così è della fede; se non ha opere, è per sé stessa morta." (Giacomo 2:17 NRV)
"Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta." (Giacomo 2:26 NRV)

Le opere descritte qui sono opere di ubbidienza a Dio. Quindi, se una persona rifiuta di abbandonare un peccato, non ha il chiaro frutto di essere veramente salvato. Una fede che non porta all'ubbidienza a Dio è una fede morta, che non può salvare.
Anche la lettera di 1 Giovanni parla di questo in termini molto chiari. Ci sono tanti versetti che ne parlano, leggiamone solo alcuni.
"Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l'ha visto, né conosciuto. Figlioli, nessuno vi seduca. Chi pratica la giustizia è giusto, com'egli è giusto. Colui che persiste nel commettere il peccato proviene dal diavolo, perché il diavolo pecca fin da principio. Per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo." (1 Giovanni 3:6-8 NRV)

Chi persiste nel peccato non ha mai veramente conosciuto Dio, cioè, non è salvato. La vera salvezza e il continuare nel peccato si escludono a vicenda.
Quindi, è estremamente importante capire che non è possibile per un vero credente persistere nel commettere un peccato. Se uno si dichiara credente, ma continua a persistere in un peccato è bugiardo. Giovanni spiega questo chiaramente nel capitolo 2.
"Da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: "Io l'ho conosciuto", e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui" (1 Giovanni 2:3-5 NRV).

O cari, se uno non osserva i comandamenti di Dio, è inutile dire di conoscere Dio, ovvero, di essere salvato. L'UNICA via per un vero credente è l'ubbidienza a Dio, perché la salvezza viene per la FEDE, e la vera fede produce UBBIDIENZA. Quando non c'è ubbidienza, non c'è la fede, e quando non c'è la fede, non c'è la salvezza.

Ubbidienza in quali campi

A questo punto dovremmo fermarci per considerare attentamente come applicare questo insegnamento alla nostra vita. Delle volte, è facile accettare un insegnamento al livello teorico, ma non arrivare a riconoscere la sua validità in senso pratico nella nostra vita.
Parlando di questo insegnamento, potrebbe essere facile essere d'accordo che un vero credente non deve più disubbidire ai comandamenti di Dio. Però, in pratica, potremmo avere un concetto dei comandamenti che riguarda solamente quelle cose che noi già non facciamo. Potremmo, come tanti non credenti, pensare maggiormente a quei peccati che non sono una tentazione per noi. Facendo così, potremmo sentirci a posto.
Però, agli occhi di Dio, ogni peccato, qualsiasi peccato è un abominazione. Perciò, il fatto di osservare i comandamenti di Dio riguarda ogni aspetto della nostra vita. Per esempio, Dio comanda ai mariti di amare le loro mogli come Cristo ama la chiesa, e quindi, di sacrificarsi per loro. Dio comanda alle mogli di essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa, come a Cristo. Quindi, se un marito non si impegna ad amare veramente sua moglie, senza inasprirsi contro di lei, non osserva la parola di Dio, e mette in grave dubbio il fatto di essere veramente salvato. Se una moglie rifiuta di essere sottomessa al suo marito in qualcosa, non in tutto, ma in qualsiasi campo, allora lei non osserva la parola di Dio, e mette in grave dubbio il fatto di essere salvata.
Se un figlio rifiuta di ubbidire ai suoi genitori, o rifiuta di agire con onore nei loro riguardi, non osserva i comandamenti di Dio.
Se qualcuno agisce con orgoglio, e con egoismo, e non si ravvede, non osserva i comandamenti di Dio.
Se non abbondiamo nel ringraziamento, non osserviamo i comandamenti di Dio.
Se non diamo a Dio le primizie dei nostri beni, non osserviamo i comandamenti di Dio.
Se non cerchiamo per primo il regno di Dio, ovvero, se abbiamo qualcosa che, al livello pratico, ci importa più del regno di Dio, non stiamo osservando i comandamenti di Dio.
Se una ragazza non è modesta nel suo modo di vestirsi, o se un uomo guarda un'altra donna con desiderio oltre a sua moglie, non sta osservando i comandamenti di Dio.
Potrei andare avanti, ma penso che il punto sia chiaro: l'insegnamento di osservare i comandamenti di Dio non riguarda solamente comandamenti contro i cosiddetti grandi peccati. TUTTI i comandamenti di Dio sono importanti. Ogni peccato, di qualsiasi tipo, è un'abominizione per Dio.
Quindi, è essenziale avere una vita i cui ci arrendiamo a Dio in OGNI CAMPO! Chi si impegna molto nell'opera di Dio, però, ignora un peccato, e quindi, non abbandona quel peccato, sia esso un peccato di atteggiamento, o di pensiero, di parola o di azione, quella persona potrebbe pensare di camminare bene, ma in realtà, il fatto che non si arrende a Dio in quella cosa mette in dubbio che sia veramente salvato.
O che Dio possa farci capire sempre di più quanto ogni peccato è una grave offesa a Dio. Può capitare che un vero credente cada nel peccato, ma non ci resterà, e non continuerà a peccare. Chi continua nel peccato dimostra di non appartenere a Dio.

Cosa fare quando pecchiamo

È importantissimo capire quanto il peccato è grave, e che chi continua a peccare volontariamente dimostra di non appartenere a Dio.
Però, lo scopo di questo insegnamento non è di farci dubbitare la nostra salvezza. È molto importante capire quanto il peccato sia grave. Però, dubitare della propria salvezza non risolve nulla. Invece, capire questo dovrebbe spingerci ad odiare e ad abbandonare ogni nostro peccato. Un vero credente non cammina nel peccato.
Però, dobbiamo capire che un vero credente può CADERE nel peccato. C'è una grande differenza fra cadere nel peccato e camminare nel peccato. Leggiamo ciò che ci insegna Dio su questo in 1 Giovanni 1:
"Se diciamo che abbiamo comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, com'egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi. Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo." (1 Giovanni 1:6-2:2 NRV)

Questo brano è fondamentale per capire bene l'insegnamento di Dio per quanto riguarda i credenti e il peccato. Questo brano dichiara che chi cammina nelle tenebre, ovvero nel peccato, non ha comunione con Dio, in altre parole, non è salvato. Fratelli, non si può essere più chiari di così. È impossibile per un vero credente continuare a camminare in un peccato, qualunque esso sia.
Allo stesso tempo, il versetto 8 dichiara, parlando dei veri credenti, che se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi. In altre parole, finché siamo in questa carne, cadremo nel peccato. C'è una grande differenza fra cadere nel peccato e camminare nel peccato. Si cammina per scelta, decidi tu dove porre i tuoi piedi. Invece quando uno cade, non è per sua scelta. Cercava di rimanere in piedi, ma inciampa e cade. Comunque è sempre responsabile per aver peccato. Però, non è una condizione in cui vive. Teniamo questa distinzione bene in mente.
Quindi, questo brano ci insegna che sebbene un vero credente può cadere nel peccato, non camminerà nel peccato.
La domanda importantissima, a cui questo brano risponde è: che cosa dobbiamo fare quando cadiamo nel peccato? C'è solamente una risposta, la troviamo nel versetto 9. Se non avete già memorizzato questo versetto, voglio incoraggiarvi a memorizzarlo al più presto. Leggiamo il v. 9:
"Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità." (1 Giovanni 1:9 NRV)

O carissimi, la verità in questo versetto è fondamentale ed anche preziosa. Chi veramente appartiene a Dio odia il peccato, e non vuole peccare. Quindi, quando cade nel peccato vuole sapere come uscire. Vuole sapere come tornare ad essere puro. Questo versetto ci spiega la via che Dio ha provveduto.
Quando cadiamo nel peccato, dobbiamo confessarlo. Attenzione, non basta ammetterlo! C'è un'enorme differenza fra ammettere un peccato e confessarlo. Ammettere un peccato vuol dire riconoscere di averlo commesso, però senza accettarne la responsabilità. Un esempio di ammettere un peccato sarebbe se io parlo bruscamente, e poi mi scuso dicendo: ", riconosco di aver parlato bruscamente, però è accaduto perché ero molto nervoso." In questo caso, ho riconosciuto di aver parlato bruscamente, ma non ho riconosciuto la mia colpa, perché mi sono scusato dicendo che l'ho fatto perché ero nervoso. Basti pensare all'esempio di Adamo ed Eva.
Ogni qualvolta noi riconosciamo di aver commesso un certo peccato, però ci scusiamo trovando un motivo per cui abbiamo commesso quel peccato, che diventa un modo per scusarci, stiamo solo ammettendo il peccato, anziché confessarlo.
In contrasto, confessare un peccato vuol dire riconoscere di averlo commesso, e riconoscere palesemente di essere stati completamente responsabili della nostra azione. In altre parole, confessare un peccato vuol dire assumersene tutta la responsabilità. Vuol dire accettare tutta la colpa, riconoscendo che nessuna situazione o avvenimento ci ha forzato a peccare, ma che anzi è stata una scelta nostra.
Quindi, quando un vero credente cade nel peccato, ha bisogno di correre subito a Dio, per confessare il suo peccato, chiedendo perdono per mezzo del sacrificio che Gesù Cristo ha compiuto per noi sulla croce. Questa è la parte del credente. Finché uno cerca di scusarsi, spiegando che ha peccato a causa di questo o quell'altro motivo o situazione, non sta veramente confessando il suo peccato, sta solo ammettendo di aver peccato. Non c'è perdono per chi si limita ad ammettere il proprio peccato.
Invece, quando confessiamo veramente i nostri peccati, come dichiara il versetto, Dio è fedele e giusto da perdonarci i nostri peccati, e di più, ci purifica da ogni iniquità.
In base all'opera di Gesù Cristo sulla croce, quando confessiamo i nostri peccati Dio ci perdona completamente. Toglie via tutta la nostra colpa, ci lava dalla macchia con la quale siamo stati segnati dal peccato. Inoltre, Dio ci purifica da ogni iniquità. Opera in noi per santificarci e farci crescere.
Non posso dire abbastanza quanto è importante confessare subito ogni peccato a Dio. Chiaramente, confessare un peccato vuol dire abbandonare quel peccato. Finché uno sceglie di continuare a peccare, è ipocrisia confessare quel peccato. È una grande offesa a Dio confessare un peccato e allo stesso tempo non scegliere di abbandonare quel peccato.
Quindi, quando cadiamo nel peccato, dobbiamo riconoscere quanto il peccato è una grave offesa a Dio, dobbiamo abbandonare e confessare il nostro peccato a Dio.
E poi, che cosa dobbiamo fare? Qui, arriviamo ad un punto in cui tanti credenti sbagliano. La nostra parte è quella di confessare ogni peccato. La parte di Dio, e Dio è sempre fedele, è di perdonarci e purificarci. Tristemente, tanti credenti hanno difficoltà ad accettare il perdono di Dio. Anche dopo che sono stati perdonati, continuano a battersi il petto, per modo di dire, come se non fossero ancora perdonati. O cari amici, non offendiamo Dio così! Quando Dio dichiara di averci perdonato, prendiamolo in parola! Chi veramente confessa i suoi peccati a Dio può credere di tutto cuore di essere stato perdonato da Dio. Dio è fedele alla sua parola.
E quindi, quando abbiamo confessato un peccato, possiamo rallegrarci del perdono di Dio. Possiamo abbondare nel ringraziamento che per mezzo di Gesù Cristo, il nostro avvocato, abbiamo libero accesso al trono della grazia, per ottenere il perdono che ci serve.
Possiamo fare questo, e dobbiamo fare questo. Solo facendo così possiamo avere vittoria sui nostri peccati e conoscere la gioia della nostra salvezza!

Conclusione

Nel Salmo 51, Davide capiva bene la gravità del peccato, e sapeva a chi rivolgersi per ottenere vero perdono.
O che Dio ci aiuti a capire meglio quanto il peccato è terribile, e quanto è meraviglioso il perdono di Dio per mezzo di Cristo Gesù.