IL CAMMELLO

    Il cammello è un animale ben noto ed utilissimo nei paesi orientali, chiamato con ragione "la nave del deserto".

    Secondo la legge Mosaica era annoverato fra gli animali immondi: "Ma tra quelli che ruminano e tra quelli che hanno l'unghia spartita, non mangerete questi: il cammello, perché rumina, ma non ha l'unghia spartita; lo considererete impuro" (Levitico 11:4).
L'altezza del cammello fino alla sella è di solito circa m. 1.80. Benché emetta forti lamenti quando lo si fa inginocchiare e lo si carica, è docile e cammina come se fosse conscio d'un penoso dovere da adempiere. Il colore nei cammelli varia dal bianco al nero, ma di solito è brunastro. Nelle contrade bibliche si trova il cammello con una gobba ("camelus dromedarius"). Il cammello con due gobbe ("camelus bactrianus") si trova quasi esclusivamente nell'Asia centrale.

    Dopo essere stato abbeverato a sazietà, il cammello può camminare per 20 o 30 giorni senza morire di sete. Siccome il cammello non suda mai, almeno in modo che si possa scorgere, non v'è perdita di tutta quell'acqua bevuta. Tutte queste qualità si accordano assieme per rendere il cammello adatto al paese in cui abita e ai servizi che sono da lui richiesti.

    Dal cammello si ricavavano dei vestiti: "Giovanni aveva un vestito di pelo di cammello e una cintura di cuoio intorno ai fianchi; e si cibava di cavallette e di miele selvatico" (Matteo 3:4).

    Se fatto con la parte più soffice e più fine del pelo, serviva per gli abiti di lusso. Una qualità più grossolana si usava per fare tende e mantelli da pastori e cammellieri. I viaggiatori ci raccontano che i moderni "dervis" (asceti) vestono di questo panno e portano anche cinture di cuoio. Giovanni Battista si vestiva probabilmente a quel modo, perché il pelo di cammello è contrapposto a "vestimenti morbidi": "Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re" (Matteo 11:8).

    Gesù usò la figura di quest'animale per dare importanti insegnamenti biblici. Per esempio, per parlare dell'ipocrisia religiosa: "Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello" (Matteo 23:24).

    In un altro momento citò nuovamente il cammello, per biasimare il comportamento del giovane ricco: "Mentre Gesù usciva per la via, un tale accorse e, inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: "Maestro buono, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" Gesù gli disse: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre"". Ed egli rispose: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù". Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: "Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!" I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: "Figlioli, quanto è difficile per quelli che confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio! É più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio" (Marco 10:17-25).

    Questo passo è singolare, perché ci presenta un giovane quasi "perfetto" nelle sue qualità morali. Notiamo infatti alcuni aspetti importanti della sua vita:

    a. S'inginocchiò davanti a Gesù. Riconobbe che Gesù era il Messia atteso e promesso. Egli sapeva bene quanto la Scrittura diceva intorno all'inginocchiarsi: "Venite, adoriamo e inchiniamoci, inginocchiamoci davanti al Signore, che ci ha fatti" (Salmi 95:6).

    b. Gli pose una domanda vitale. Il quesito che questo giovane pose a Gesù è di fondamentale importanza per ogni uomo che desidera trascorrere la sua eternità con il Signore: "Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" Comprese che solo Gesù poteva dare una risposta soddisfacente alla domanda del suo cuore.

    c. Lo riconobbe "buono". Questo significa che riconosceva la divinità di Gesù, infatti il Signore stesso lo sottolinea: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio". È come se Gesù gli avesse detto: "Se credi che io sono buono, credi allora anche che io sono Dio".

    d. Manifestò la sua fede nell'osservare scrupolosamente la legge. Questo giovane infatti, dice di non aver mai ucciso nessuno; di non aver mai commesso adulterio; di non aver mai rubato; di non aver mai detto bugie; di non aver mai frodato nessuno; di onorare suo padre e sua madre: "Tu sai i comandamenti: "Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dire falsa testimonianza; non frodare nessuno; onora tuo padre e tua madre". Ed egli rispose: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia gioventù". (Marco 10:19-20). 

    Potremmo dire che abbiamo di fronte un credente perfetto, un credente modello, un esempio da imitare. Ma il Signore non guarda alla vernice, va oltre l'apparenza: "Il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma il Signore guarda al cuore" (1Samuele 16:7).

    Gesù non si è lasciato mai andare a facili entusiasmi, a facili trionfalismi. A chi aveva gridato davanti alla folla che era disposto a seguire Gesù, il Signore gli aveva subito dimostrato che il suo desiderio in realtà si fondava solo sull'emozione: "Allora uno scriba, avvicinatosi, gli disse: "Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai". Gesù gli disse: "Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo hanno dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo" (Matteo 8:19,20).

    Gesù andò oltre la semplice osservanza della legge: "Gesù, guardatolo, l'amò e gli disse: "Una cosa ti manca! Va', vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi". Ma egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni" (Matteo 10:21,22).

    Dopo che il giovane andò via, Gesù fece ricorso alla figura del cammello: "Gesù, guardatosi attorno, disse ai suoi discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!" I discepoli si stupirono di queste sue parole. E Gesù replicò loro: "Figlioli, quanto è difficile per quelli che confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio! É più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio" (Matteo 10:23-25).

    Desidero soffermarmi sull'espressione che Gesù usò verso questo giovane: "Una sola cosa ti manca". Come dicevamo prima, il Signore guarda al cuore non all'apparenza. È vero che questo giovane faceva tutto quello che aveva testimoniato di fare, ma c'era qualcosa che non andava nella sua vita, qualcosa che aveva a che fare proprio con la legge che lui aveva affermato di osservare. Cosa dice il decalogo e dove questo giovane aveva fallito? Leggiamo insieme le leggi che Dio dette a Mosè: "Io sono il Signore, il tuo Dio. Non avere altri dèi oltre a me. Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che sono lassù nel cielo o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire, perché io, il Signore, il tuo Dio, sono un Dio geloso...Non pronunciare il nome del Signore, Dio tuo, invano... Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che il Signore, il tuo Dio, ti dà. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non attestare il falso contro il tuo prossimo. Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna del tuo prossimo" (Esodo 20:2-17).

    Dove aveva fallito questo giovane? Proprio nell'inosservanza del secondo comandamento: "Non avere altri dei oltre a me". Aveva altri dei questo giovane ebreo monoteista? La risposta è SÌ! Il denaro era il suo Dio e anche se osservava tutta la legge ma ne infrangeva un solo punto, si rendeva colpevole: "Chiunque, infatti, osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti. Poiché colui che ha detto: "Non commettere adulterio", ha detto anche: "Non uccidere". Quindi, se tu non commetti adulterio, ma uccidi, sei trasgressore della legge" (Giacomo 2:10-11).
Il peccato che era nel cuore di questo giovane era dunque l'idolatria, l'avarizia che è la radice di ogni sorta di male: "Poi disse loro: "State attenti e guardatevi da ogni avarizia; perché non è dall'abbondanza dei beni che uno possiede, che egli ha la sua vita". E disse loro questa parabola: "La campagna di un uomo ricco fruttò abbondantemente; egli ragionava così, fra sé: "Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?" E disse: "Questo farò: demolirò i miei granai, ne costruirò altri più grandi, vi raccoglierò tutto il mio grano e i miei beni e dirò all'anima mia: "Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; riposati, mangia, bevi, divertiti". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte stessa l'anima tua ti sarà ridomandata; e quello che hai preparato, di chi sarà?" Così è di chi accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio" (Luca 12:15-21).

    Questo giovane è vero si che cercava di servire Dio, ma serviva anche Mammona: "Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona" (Matteo 6:24).

 

UN PERICOLO PER TUTTI

    Viviamo in una "società dei consumi" con i suoi richiami attraverso la pubblicità ad avere, piuttosto che ad essere; a mettere, cioè, l'enfasi sulle cose che possediamo piuttosto che su quello che siamo nel carattere e comportamento. C'è una forte spinta a desiderare le cose anche non essenziali come necessarie per il benessere, il piacere, per una vita soddisfacente. La gente, gli amici, i parenti si pavoneggiano con quello che hanno, creando insoddisfazione in chi non ha le stesse cose. Per procurarsi i beni materiali ritenuti indispensabili o desiderabili c'è la corsa alla carriera, al doppio lavoro, al facile (e non sempre legale) guadagno.

    Una vita che dà troppa importanza alle cose materiali, mina il nostro impegno per il Signore, rubando tempo, energia e denaro. La società dei consumi ci sfida a dare una risposta migliore alle aspirazioni e ai desideri della gente.

    La concupiscenza (la parola greca è "pleonexia" che significa letteralmente "avere di più") è il soggetto di uno dei Dieci Comandamenti (Esodo 20:17; Deuteronomio 5:21) ed è richiamata da Paolo come quel comandamento che ha svegliato il peccato in lui: "Che cosa diremo dunque? La legge è peccato? No di certo! Anzi, io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: "Non concupire". Ma il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto" (Romani 7:7,8). 

    È una forma di idolatria che distoglie l'attenzione dal Creatore: "Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore o impuro o avaro (che è un idolatra) ha eredità nel regno di Cristo e di Dio" (Efesini 5:5).

    La cupidigia è idolatria Colossesi 3:5 "Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria".
La vera vita non si basa sulle ricchezze che sono incerte, ma su certezze eterne: "Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d'animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di far del bene, d'arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l'avvenire, per ottenere la vera vita" (1Timoteo 6:17-19).

    Il problema non sta nel denaro in quanto tale, ma nell'amore del denaro. Non è un problema solo dei ricchi ma di quelli che vogliono arricchire: "La pietà, con animo contento del proprio stato, è un grande guadagno. Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla; ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti. Invece quelli che vogliono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e di molti desideri insensati e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e nella perdizione. Infatti l'amore del denaro è radice di ogni specie di mali; e alcuni che vi si sono dati, si sono sviati dalla fede e si sono procurati molti dolori" (1Timoteo 6:6-10).

    Il Signore ci libera dalle ansiose sollecitudini. Il significato base della parola "ansietà" nel greco è "essere tirato in varie direzioni": "Poi disse ai suoi discepoli: "Perciò vi dico: non siate in ansia per la vita vostra, di quel che mangerete, né per il corpo, di che vi vestirete; poiché la vita è più del nutrimento e il corpo più del vestito. Osservate i corvi: non seminano, non mietono; non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. E voi, quanto più degli uccelli valete! E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? Se dunque non potete fare nemmeno ciò che è minimo, perché vi affannate per il resto? Guardate i gigli, come crescono; non faticano e non filano; eppure io vi dico che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu mai vestito come uno di loro. Or se Dio riveste così l'erba che oggi è nel campo e domani è gettata nel forno, quanto più vestirà voi, gente di poca fede! Anche voi non state a cercare che cosa mangerete e che cosa berrete, e non state in ansia! Perché è la gente del mondo che ricerca tutte queste cose; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in più. Non temere, piccolo gregge; perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno. Vendete i vostri beni, e dateli in elemosina; fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nel cielo, dove ladro non si avvicina e tignola non rode. Perché dov'è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore" (Luca 12:22-34).

 

UN NEMICO NASCOSTO

    Forse il nostro dio non è Mammona, ma dobbiamo comunque vegliare, affinché nessuno calchi le impronte di questo giovane. Le parole di Gesù sono un monito a cercare del continuo la Sua volontà: "Vendete i vostri beni, e dateli in elemosina; fatevi delle borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nel cielo, dove ladro non si avvicina e tignola non rode. Perché dov'è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore" (Luca 12:33-34).
Molte forme d'idolatria sono nascoste. Questo ci ricorda l'esperienza che fece Rebecca quando nascose gli "idoli" della casa di suo padre: "Giacobbe si alzò, mise i suoi figli e le sue mogli sui cammelli e portò via tutto il suo bestiame, tutti i beni che si era procurato, il bestiame che gli apparteneva e che aveva acquistato in Paddan-Aram-per andarsene da suo padre Isacco nel paese di Canaan. Or mentre Labano se ne era andato a tosare le sue pecore, Rachele rubò gli idoli di suo padre. Giacobbe ingannò Labano l'Arameo, perché non gli disse che stava per fuggire. Così se ne fuggì, con tutto quello che aveva; si levò, passò il fiume e si diresse verso il monte di Galaad. Il terzo giorno avvertirono Labano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi fratelli, lo inseguì per sette giornate di cammino e lo raggiunse al monte di Galaad. Ma Dio venne da Labano l'Arameo, di notte, in un sogno, e gli disse: "Guàrdati dal parlare a Giacobbe, né in bene né in male". Labano dunque raggiunse Giacobbe. Giacobbe aveva piantato la sua tenda sul monte; anche Labano e i suoi fratelli avevano piantato le loro sul monte di Galaad. Allora Labano disse a Giacobbe: "Che hai fatto? Mi hai ingannato e portato via le mie figlie come prigioniere di guerra. Perché sei fuggito di nascosto e mi hai ingannato e non mi hai avvertito? Io ti avrei congedato con gioia e canti, al suono di timpano e di cetra. E non mi hai neppure permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Tu hai agito da stolto. Ora è in mio potere di farvi del male, ma il Dio di vostro padre mi parlò la notte scorsa, dicendo: "Guàrdati dal parlare a Giacobbe, né in bene né in male". Ora certo te ne sei andato poiché avevi nostalgia della casa di tuo padre, ma perché hai rubato i miei dèi?" Giacobbe rispose a Labano: "Avevo paura, perché mi son detto che mi avresti tolto con la forza le tue figlie. Ma chiunque sia colui presso il quale troverai i tuoi dèi, egli deve morire! In presenza dei nostri fratelli, riscontra ciò che è tuo fra le cose mie e prenditelo!" Giacobbe ignorava che Rachele avesse rubato gli idoli. Labano dunque entrò nella tenda di Giacobbe, nella tenda di Lea e nella tenda delle due serve, ma non trovò nulla. Uscito dalla tenda di Lea, entrò nella tenda di Rachele. Ora Rachele aveva preso gli idoli, li aveva messi nella sella del cammello e si era seduta sopra quelli. Labano frugò tutta la tenda e non trovò nulla. Lei disse a suo padre: "Il mio signore non si adiri se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho le solite ricorrenze delle donne". Egli cercò, ma non trovò gli idoli" (Genesi 31:17-35).

    Contro questo nemico nascosto, siamo perciò chiamati a non abbassare la guardia: "Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna. Figlioli, guardatevi dagl'idoli" (Genesi 31:17-35).

    Non solo il denaro, ma un fidanzato, una fidanzata, la propria moglie, i figli, la casa, il lavoro possono essere degli dei nella nostra vita. Quanti giovani hanno deciso di rinunciare a dei posti di lavoro remunerativi, perché volevano servire il Signore, abbandonando i culti settimanali. Quanti hanno organizzato la loro vita in funzione della vita comunitaria, dimostrando di amare Dio, la Sua opera, prima di ogni altra cosa: "O Signore, io amo trattenermi nella tua casa, nel luogo ove risiede la tua gloria" (Salmi 26:8).
Alcuni personaggi biblici furono vinti da questo nemico nascosto. Ricorderemo senz'altro l'esperienza di Anania e Saffira: "Ma un uomo di nome Anania, con Saffira sua moglie, vendette una proprietà e tenne per sé parte del prezzo, essendone consapevole anche la moglie; e, un'altra parte, la consegnò, deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: "Anania, perché Satana ha così riempito il tuo cuore da farti mentire allo Spirito Santo e trattenere parte del prezzo del podere? Se questo non si vendeva, non restava tuo? E una volta venduto, il ricavato non era a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio". Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che udirono queste cose. I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono. Circa tre ore dopo, sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò. E Pietro, rivolgendosi a lei: "Dimmi", le disse, "avete venduto il podere per tanto?" Ed ella rispose: "Sì, per tanto". Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati a tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di quelli che hanno seppellito tuo marito sono alla porta e porteranno via anche te". Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi e spirò. I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito" (Atti 5:1-10).

    Anche Dema fu vinto dal mondo e dalle cose che il mondo gli offriva: "Cerca di venir presto da me perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n'è andato a Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia" (2Timoteo 4:9-10).

Vittoria
Come riportare la vittoria sull'idolatria, in tutte le sue forme? La risposta è molto semplice e realizzabile: "Bisogna mettere il Signore al primo posto": "Gesù gli disse: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento" (Matteo 22:37-38).
Con queste parole l'intero essere dell'uomo è coinvolto nel rapporto con il Signore, rapporto che deve essere pieno e totale.
Gesù riafferma che l'ubbidienza verso Dio nell'osservanza dei Suoi comandamenti ha un suo punto di partenza: "Amare Dio". Questi è il comandamento che include e abbraccia tutti gli altri, infatti, tutti i doveri dell'uomo sono compresi in queste parole. Colui che ama Dio sinceramente sarà ubbidiente e sottomesso alla Sua volontà.

    L'amore verso Dio non è imposto: se così fosse, sarebbe un controsenso, non sarebbe più amore. Quest'amore è la conseguenza della "nuova nascita", infatti, con la trasformazione della natura dell'uomo si ha quest'evento meraviglioso; cioè l'uomo diviene capace di amare Dio.

    L'apostolo Paolo esprime la stessa cosa: "L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento della legge" (Romani 13:10).
Qualcuno ha sintetizzato l'intensità dell'amore richiesto da Gesù "nel primo e grande comandamento" attraverso quattro caratteristiche:

    - Semplicità, al punto che anche un bambino può comprenderlo;

    - Brevità, al punto che ognuno può ricordarlo;

    - Comprensività, al punto che può essere applicato ad ogni situazione della vita quotidiana;

    - Immutabilità, al punto che la carità è l'unica virtù cristiana che permane in eterno.

Seguendo le parole di Gesù in maniera schematica, possiamo scoprire in che modo Dio richiede il nostro amore:

    

a) "Con tutto il cuore"

    Il cuore rappresenta la natura effettiva dell'uomo, il centro della sua personalità, del suo stesso essere: "Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati" (Romani 10:10).

    

b) "Con tutta l'anima"

    È la parte della personalità umana che è sede di sentimenti, affetti e passioni: "Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dalle carnali concupiscenze che danno l'assalto contro l'anima" (1Pietro 2:11).

 

c) "Con tutta la mente"

    È l'intelletto e la ragione, la coscienza stessa dell'uomo. Abbiamo considerato che questo primo comandamento invita l'uomo e soprattutto il credente ad una scelta e ad un impegno: "E se vi sembra sbagliato servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: o gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume o gli dèi degli Amorei, nel paese dei quali abitate; quanto a me e alla casa mia, serviremo il Signore" (Giosuè 24:15).

 

CONCLUSIONE

    Il credente "nato di nuovo" non è un idolatra, nel senso che non adora più idoli fatti da mano d'uomo. Deve comunque fare attenzione affinché, "Idoli nascosti", non occupino un posto nel suo cuore. Ricordiamoci che, come afferma l'apostolo Paolo, ci siamo convertiti dagli idoli al Dio vivente e vero: "Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato non soltanto nella Macedonia e nell'Acaia, ma anzi la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne; perché essi stessi raccontano quale sia stata la nostra venuta fra voi, e come vi siete convertiti dagl'idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero e per aspettare dai cieli il Figlio suo che egli ha risuscitato dai morti; cioè, Gesù che ci libera dall'ira imminente" (1Tessalonicesi 1:8-10).
Cacciamo via dalla nostra vita, divenuta il tempio dello Spirito Santo, ogni forma d'idolatria: "Che armonia c'è fra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo, infatti, il tempio del Dio vivente, come disse Dio: "Abiterò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo". "Perciò, uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d'impuro; e io vi accoglierò". E "sarò per voi come un padre e voi sarete come figli e figlie, dice il Signore onnipotente" (2Tessalonicesi 6:16-18).
Il Signore pensa alla nostra "carriera": "Infatti io so i pensieri che medito per voi", dice il Signore: "pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza" (Geremia 29:11).

    Non cerchiamo grandi cose per noi stessi: "Tu cercheresti grandi cose per te? Non le cercare! poiché, ecco, io farò venire del male sopra ogni carne, dice il Signore, ma a te darò la vita come bottino, in tutti i luoghi dove tu andrai" (Geremia 45:5).
Dove abbiamo il cuore?: "Perché dov'è il vostro tesoro, lì sarà anche il vostro cuore" (Luca 12:34).

    Distacchiamo il nostro cuore da ciò che ci separa da Dio, dalla Sua volontà e dalla Sua Parola: "Non abbiate fiducia nella violenza, non mettete vane speranze nella rapina; se le ricchezze abbondano, si distacchi da esse il vostro cuore" (Salmo 62:10).

    Dio è ricco e provvede per i Suoi figli: "Dio è potente da far abbondare su di voi ogni grazia, affinché, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è necessario, abbondiate per ogni opera buona" (2Corinzi 9:8).

    Tutte le cose di questa vita e di questo mondo hanno da dissolversi, ma noi dobbiamo avere lo sguardo fisso verso le cose che sono eterne: "Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà, mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno! Ma, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e nuova terra, nei quali abiti la giustizia" (2Pietro 3:11-13).
Viviamo con Cristo, in Cristo e per Cristo e la nostra vita sarà benedetta. Gesù disse al giovane ricco: "Una sola cosa ti manca". Non vogliamo scoprire se Gesù sta dicendo la stessa cosa anche alla nostra vita?