IETHER

“Poi disse a Iether suo primogenito: 'Lèvati, uccidili!' Ma il giovane non tirò la spada, perché aveva paura, essendo ancora un giovinetto” (Giudici 8:20).

Iether è un giovane di cui si parla in quest'unica occasione. Dio aveva concesso una gloriosa vittoria a Gedeone, suo padre, ed ai trecento uomini che Egli aveva scelto. I re Zebah e Tsalmunna, che avevano al seguito un imponente ed agguerrito esercito di 135.000 soldati, erano stati catturati e l'intero esercito era stato distrutto. I loro nomi, “dolore/sofferenza” e “buio”, sono rappresentativi di realtà che i credenti sono chiamati a combattere: il peccato e la mondanità. Dio vuole donare vittoria completa al Suo Popolo. È l'atto conclusivo, l'occasione speciale non soltanto per essere presente, ma anche coinvolto. lether si trova nel luogo e nel momento opportuno, è l'occasione propizia per compiere un'azione giusta. lether, purtroppo, sarà ricordato come un giovane che non ha saputo o voluto apprezzare un'occasione opportuna. Spesso accade che il Signore ci chiama a compiere un servizio e, a motivo delle paure che danno l'assalto all'anima nostra, perdiamo irrimediabilmente l'opportunità offertaci. I giorni trascorrono inesorabili, l'uno insegue l'altro, il sole sorge e compie la sua corsa irrefrenabile verso il tramonto della vita (cfr. Salmo 19:6) e l'angoscia prodotta dal senso di colpa è in agguato dietro l'angolo dell'esistenza. È necessario possedere quella prontezza d'animo unita all'audacia della fede per “buttarsi a capo fitto”, confidando nell'aiuto e nel sostegno divino.

L'entusiasmo di lether

lether era il figlio primogenito di Gedeone. Era nato e cresciuto in un tempo di grande difficoltà per la propria famiglia ed il popolo d'Israele: i Madianiti e gli Amalekiti, con le loro scorribande, avevano costretto gli israeliti a rifugiarsi nelle caverne, negli anfratti delle rocce. Come se questo ancora non bastasse, quei pochi che erano rimasti nelle loro abitazioni e coltivavano la terra, erano ridotti alla fame. Ovunque regnavano il terrore, la devastazione e la desolazione. L'intervento compassionevole di Dio portò una salutare ventata di speranza. Gedeone fu chiamato a liberare Israele dalla dominazione Madianita. lether fu certamente incoraggiato ed entusiasmato dagli eventi miracolosi che aveva veduto compiersi nella propria famiglia. Certamente sentì nel suo cuore di unirsi al padre per vedere realizzato il piano divino. È giovane, nel pieno delle sue energie, lo ritroviamo nel nostro testo accanto al padre, equipaggiato della necessaria armatura, pronto a seguirlo e a restargli accanto. È testimone oculare della straordinaria, vittoriosa opera di Dio. È incoraggiante vedere giovani entusiasmati dal desiderio di servire il Signore, di consacrarsi ponendosi al fianco di altri fratelli e di servitori di Dio, con l'obiettivo di vedere il progresso dell'Opera del Signore. Il loro entusiasmo è contagioso, il loro esempio è edificante. Certamente lether aveva tanti progetti, desideri, aspirazioni nel suo giovane cuore, ma preferì mettere al primo posto il servizio al Signore, per dedicare le sue giovani energie spendendole per la causa giusta.

L'occasione di Iether

Era rimasto accanto al padre per tutto questo tempo, spettatore emozionato e “benedetto” di quanto Dio stava operando. Giunse per lether l'occasione di dare il proprio apporto fattivo alla causa di Dio. È l'occasione propizia per diventare protagonista. lether è raggiunto dall'imperativo autorevole del capo dell'esercito “Levati...”. Nel comando è insita la necessità impellente di un cambiamento, non meramente esteriore, ma interiore. lether doveva cambiare l'attitudine del cuore, fino a quel momento era rimasto a guardare, ora era arrivato il tempo d'agire! Non può essere unicamente un semplice spettatore passivo! È indispensabile incanalare l'entusiasmo, l'energia che possediamo nella giusta direzione. Il fuoco dello zelo possa ardere e spingerci irrefrenabilmente ad agire per il Signore! Il talento che Dio ci ha dato mettiamolo al Suo servizio! Dio ha compiuto la parte più difficile quella impossibile all'uomo, ora ordina che noi facciamo la nostra parte per essere Suoi collaboratori e partecipi della sua vittoria. Come Gedeone non chiese a suo figlio di compiere delle gesta che lo avrebbero esposto ad un inevitabile rischio o addirittura alla morte, così Dio non pretende da noi l'impossibile, ma ci mette in grado d'essere “... più che vincitori, in virtù di Colui che ci ha amati” (Romani 8:37). Il nostro Dio è “... Colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente al di là di quel che domandiamo o pensiamo” (Efesini 3:20).

La paura di Iether

Fino a quel momento il nostro soldato non aveva provato quella strana sensazione di cui ora si sentiva pervaso. Un nemico invisibile, ma temibile aveva dato l’assalto al suo cuore, che inizia a tremare, alla sua mente travolta da un turbinio di infausti pensieri. Nel libro dei Proverbi è detto: “La paura degli uomini costituisce un laccio, ma chi confida nell'Eterno è al sicuro” (29:25). La paura lo immobilizza, accusa un senso d'irrigidimento, un nodo gli si stringe sempre più fitto in gola e quella dolorosa fitta allo stomaco quasi lo costringe ad indietreggiare istintivamente pur essendo consapevole di dover agire, non ne ha la forza. La paura in un attimo spegne l'entusiasmo, il vigore degli anni è sbaragliato dal panico. Ci chiediamo, ma Iether di cosa ebbe paura? Spesso in simili circostanze ciò che assale è la paura di non farcela, del giudizio degli altri, di non essere all'altezza delle aspettative altrui, di fare una magra figura, delle critiche, ecc. Bisogna fare molta attenzione, perché non è un problema legato solamente all'età, all'inesperienza. Gedeone stesso dovette fare i conti con questo temibile nemico (cfr. Giudici 6:11; 7:10). La paura fece indietreggiare i 22.000 uomini accorsi al suono della tromba per combattere al fianco di Gedeone (cfr. Giudici 7:3). La paura fece affondare l'intraprendente Pietro (cfr. Matteo 14:30). La paura fece nascondere i nostri progenitori nel giardino d'Eden (cfr. Genesi 3:10), come il servo sotterrò la mina (Luca 19:20, 21). Il Signore ci liberi da ogni tipo di paura.

La valutazione di Iether

Il tempo dei Giudici è cupamente descritto dalla Scrittura come l'epoca nella quale “... non v'era re...; ognuno faceva quel che gli pareva meglio” (Giudici 21:25). In quei pochi momenti concitati, Iether ebbe modo di compiere una valutazione per poi prendere una decisione. Il nostro giovane valutò che “era meglio” non esporsi aspettando magari una prossima occasione per partecipare attivamente alla vittoria finale e completa sui nemici del popolo di Dio. Iether commise un grave errore di valutazione: permise alle sue incertezze, alle paure di avere la preminenza sulle sue decisioni. La Scrittura apostrofa amaramente con un “ma” la scelta compiuta. Rimandare le cose che riguardano soprattutto il Signore, la maggior parte delle volte è l'inizio della fine perché il rischio è che non si faranno mai. Essere giovane vuol dire non avere esperienza, d'altronde l'apostolo Paolo ci ricorda le limitazioni e l'umana “insufficienza” che ci accomuna a qualsiasi età, quando sospinto dallo Spirito Santo dichiara: “... E chi è sufficiente a queste cose?” (Il Corinzi 2:16)… “Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci conduce in trionfo in Cristo, e che per mezzo nostro spande da per tutto il profumo della sua conoscenza” (II Corinzi 2:14). Soprattutto non dimentichiamo che “non per potenza né per forza, ma per lo spirito mio, dice l'Eterno degli eserciti” (Zaccaria 4:6). Affrontiamo ogni giorno la sfida e la fatica che il servizio per il Signore implica non con le sole nostre forze, ma “combattendo secondo l'energia sua, che opera in (noi) con potenza” (Colossesi 1:29). Quando la chiamata di Dio giunge al nostro cuore, non opponiamo il rifiuto dicendo come il profeta Geremia: “Ahimé, Signore, Eterno, io non so parlare, poiché non sono che un fanciullo” (1:6). Dio prontamente gli rispose: “Non dire: Sono un fanciullo, poiché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò” (v. 7).

Le risorse di Iether

Probabilmente il giovane Iether non s'aspettava che suo padre lo chiamasse proprio in quell’occasione a compiere un gesto così audace. Non ebbe tempo o modo di pensare alle risorse che aveva a sua disposizione. Egli poteva contare sul valido aiuto dei trecento guerrieri. Non lo avrebbero abbandonato, erano vicini a lui, lo stringevano da ogni lato, avrebbe potuto chiedere un eventuale aiuto che non sarebbe tardato ad arrivare. È tremendo il pensiero di chi si convince di essere da solo a combattere contro i giganti: Dio ci ha donato dei fratelli e delle sorelle che c'incoraggiano, ci sostengono e sono pronti a venire in nostro aiuto. Non è saggio disdegnare il loro apporto fraterno; impariamo dal nostro Signore, che pur essendo in grado di sovvenire ad ogni Sua necessità accettò l'aiuto ed il sostegno sincero offertoGli da coloro che lo amavano (cfr. Luca 8:2, 3; Marco 14:33, 34). Il nostro giovane aveva al fianco una spada! Doveva essere un'arma abbastanza efficace per la sua difesa personale e per la conquista, altrimenti Gedeone non gliela avrebbe donata. Noi possiamo confidare in una spada migliore di quella di Iether, “la spada dello Spirito, che è la Parola di Dio” (Efesini 6:17)! Nessuna è pari a questa “perché la parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolle; e giudica i sentimenti ed i pensieri del cuore” (Ebrei 4:12).
E’ fondamentale che crediamo nella Parola che annunciamo, Dio non ce l'ha donata per esibirla come orpello al nostro cristianesimo! La Bibbia è l'ispirata, inerrante, autorevole, sufficiente, soprannaturale Parola di Dio! Gedeone non mosse un dito per aiutare il suo giovane primogenito. Noi possiamo invece contare sull'intervento del nostro Padre celeste e come il dolce cantore d'Israele esclamare: “L'Eterno è la mia luce e la mia salvezza; di chi temerò? L'Eterno è il baluardo della mia vita; di chi avrò paura? Quando i malvagi che mi sono avversari e nemici, m'hanno assalito per divorar la mia carne, essi stessi hanno vacillato e sono caduti. Quand'anche un esercito si accampasse contro a me, il mio cuore non avrebbe paura; quand'anche la guerra si levasse contro a me, anche allora sarei fiducioso” (Salmo 27:1-3).
Le generazioni che ci hanno preceduto hanno onorato il Signore riportando la vittoria. Ora è tempo che anche noi rispondiamo alla chiamata di Dio per essere validi strumenti nelle Sue mani. Non rimandiamo a domani o ad un'altra occasione. Assicuriamoci che Dio ci stia chiamando ed ubbidiamo, in modo tale da non sprecare un'occasione così importante!

Antonio C. Campisi