Guardando la Ricompensa
Esodo 3:1-6

 

Riassunto degli avvenimenti finora

Dio scelse Abraamo, e fece un patto con lui: quello di dargli una discendenza, di dare alla discendenza la terra promessa, e di provvedere il Messia per mezzo della discendenza di Abraamo.

Inoltre, Dio annunciò ad Abraamo che la sua discendenza avrebbe vissuto in Egitto per quattrocento anni in schiavitù, e che poi Dio li avrebbe liberati. Leggiamo questo in Genesi 15.

“13 Il SIGNORE disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro: saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni; 14 ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi e, dopo questo, se ne partiranno con grandi ricchezze.” (Genesi 15:13-14 NRV)

Esodo è la storia del modo in cui Dio adempì questa parola ad Abraamo. Infatti, Dio adempie sempre la sua parola. La Bibbia ci dimostra, volta dopo volta, che Dio dichiara prima quello che farà, e poi, porta a termine quello che aveva dichiarato. Nulla e nessuno può impedire a Dio di portare a termine tutto ciò che ha annunciato, esattamente come l’ha annunciato.

Meditare su questa verità, ci aiuterà molto ad avere più fede in Dio. Sapendo che Dio ha sempre mantenuto la sua parola nel passato, e che Dio non cambia mai, possiamo stare tranquilli che Dio manterrà sempre la sua parola anche in futuro. Perciò, ogni promessa che riguarda noi è una promessa sicura.

Tornando ad Esodo, quando arriviamo al capitolo tre di Esodo, i quattrocento anni annunciati da Dio stanno per finire. Il tempo della liberazione dall’Egitto sta arrivando.

In Esodo 2, troviamo l’inizio della storia di Mosè. Ricordiamo che Mosè nacque in un periodo in cui il faraone stava uccidendo tutti i bimbi maschi che nascevano. Nella provvidenza di Dio, la vita di Mosè fu salvata, e lui fu preso dalla figlia del faraone come figlio, e crebbe nel palazzo reale, e ricevette la migliore istruzione dagli Egiziani.

A quarant’anni, Mosè lasciò il palazzo per vedere i suoi fratelli Ebrei. Uccise un Egiziano che stava maltrattando un Ebreo, e quando il faraone lo scoprì, Mosè dovette fuggire per salvarsi la vita. Arrivò nel deserto di Madian, dove conobbe una famiglia dalla quale ebbe una moglie, e Mosè divenne pastore di pecore per suo suocero. Fu pastore nel deserto per quarant’anni.

Gli avvenimenti nel brano di oggi accadono a questo punto della vita di Mosè, cioè, dopo quarant’anni come principe d’Egitto, e poi quarant’anni come pastore in mezzo al deserto. In quel periodo, sua moglie gli diede due figli, e perciò, egli imparò ad essere padre. Però, avrà passato tantissimo tempo da solo nel deserto, con le pecore. Era una vita umile e solitaria.

Amici, che cosa vediamo qua? Vediamo che Dio stava preparando Mosè per un importante incarico. Mosè provava un grande dolore per la sofferenza del suo popolo, ma questi quarant’anni gli avevano dato tantissimo tempo per meditare sul fatto che da solo era incapace di fare qualsiasi cosa. Posso immaginare che il suo cuore ardeva dentro di sé, considerando la dura schiavitù degli ebrei, e la propria debolezza. Dopo quarant’anni nel deserto, avendo raggiunto l’età di ottant’anni, e quindi, l’età in cui la morte sarebbe sembrata molto vicina, non avrebbe più potuto sperare di poter fare qualcosa per aiutare gli Ebrei. Usando il metro umano, ad ottant’anni, la vita di Mosè era un fallimento. Ecco un uomo, cresciuto nel Palazzo Reale, ormai giunto all’età della vecchiaia e quindi prossimo alla morte, senza aver compiuto nulla. Così sembrava secondo il metro degli uomini. Però le vie e i tempi del Signore non sono le nostre vie e non sono i nostri tempi.

Notiamo una cosa importante. Mosè era fedele in quello che faceva, anche se si trattava solamente di fare il pastore di pecore nel deserto. Ad 80 anni, lo troviamo da solo con le pecore in mezzo al deserto, adempiendo fedelmente quel poco che Signore li aveva dato da fare.

Domanda: tu stai adempiendo fedelmente ciò che Signore ti ha dato da fare? Sei costante in quello che fai? Lo fai di cuore, per dar piacere al Signore? Non possiamo sperare di compiere grandi cose per il Signore se non siamo fedeli nel compiere le piccole cose con costanza.

Dio appare a Mosè

Ora, vogliamo leggere Esodo 6:1-6. Teniamo in mente che quasi sicuramente Mosè avrà pregato molto per la liberazione del suo popolo, senza vedere risposte. Camminava per fede. Ora, leggiamo il brano.

“1 Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb. 2 L’angelo del SIGNORE gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. 3 Mosè disse: «Ora voglio andare da quella parte a vedere questa grande visione e come mai il pruno non si consuma!» 4 Il SIGNORE vide che egli si era mosso per andare a vedere. Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: «Mosè! Mosè!» Ed egli rispose: «Eccomi». 5 Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». 6 Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe». Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio. (Esodo 3:1-12 NRV)

Mosè, portando le pecore a trovare pastura, arrivò alla montagna che dopo avrebbe conosciuto come la montagna di Dio. Poi succede quello che leggiamo nel versetto 2:

“L’angelo del SIGNORE gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. (Esodo 3:2 NRV)

L’Angelo del SIGNORE nell’Antico Testamento di solito è Cristo Gesù in forma preincarnata. Qui, apparve in forma di una fiamma. Nella Bibbia, Dio è chiamato un fuoco consumante. Guidava Israele nel deserto in forma di una colonna di fuoco. Gesù Cristo è descritto come la luce nelle tenebre. La fiamma rappresenta la purezza, e quindi rappresenta la santità di Dio. Quindi la fiamma rispecchia varie qualità di Dio.

Il Signore apparve in mezzo ad un pruno. Il pruno era considerato la pianta più umile. Nel libro dei Giudici, Iotam racconta una storia, per mostrare che le persone di una città avevano scelto l’uomo più indegno per regnare su di loro. In questa storia, usa il pruno per rappresenta la pianta più umile.

“7 Iotam, essendo stato informato della cosa, salì sulla vetta del monte Garizim e, alzando la voce, gridò: «Ascoltatemi, Sichemiti, e vi ascolti Dio! 8 Un giorno, gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su di loro; e dissero all’ulivo: “Regna tu su di noi”. 9 Ma l’ulivo rispose loro: “E io dovrei rinunziare al mio olio che Dio e gli uomini onorano in me, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?” 10 Allora gli alberi dissero al fico: “Vieni tu a regnare su di noi”. 11 Ma il fico rispose loro: “E io dovrei rinunziare alla mia dolcezza e al mio frutto squisito, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?” 12 Poi gli alberi dissero alla vite: “Vieni tu a regnare su di noi”. 13 Ma la vite rispose loro: “E io dovrei rinunziare al mio vino che rallegra Dio e gli uomini, per andare ad agitarmi al di sopra degli alberi?” 14 Allora tutti gli alberi dissero al pruno: “Vieni tu a regnare su di noi”. 15 Il pruno rispose agli alberi: “Se è proprio in buona fede che volete ungermi re per regnare su di voi, venite a rifugiarvi sotto la mia ombra; se no, esca un fuoco dal pruno, e divori i cedri del Libano!”” (Giudici 9:7-15 NRV)

Quindi, il pruno era una pianta inferiore, di poco valore. Bruciava immediatamente e per poco tempo, quindi, non valeva nemmeno come legno da ardere.

Allora, fra tutte le piante del deserto, il Signore scelse di apparire nella pianta più umile. Questo ci ricorda la verità di 1 Corinzi 1:28

28 Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, 29 perché nessuno si vanti di fronte a Dio.” (1 Corinzi 1:28-29 NRV)

Solitamente, Dio sceglie di operare tramite le cose ignobili del mondo, le cose umili, affinché tutta la gloria sia attribuita al SIGNORE. Dio opera tramite persone umili.

Mosè, vedendo un pruno che era in fiamme ma senza consumarsi, si incuriosì molto, e perciò cominciò ad avvicinarsi per vedere cosa succedeva.

Dio si rivela a Mosè vv.4-6

Leggiamo dal v.4 al v.6, notando che cosa succede quando Mosè comincia ad avvicinarsi al pruno che era in fiamme.

“4 Il SIGNORE vide che egli si era mosso per andare a vedere. Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: «Mosè! Mosè!» Ed egli rispose: «Eccomi». 5 Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». 6 Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe». Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio. (Esodo 3:4-6 NRV)

Mosè non sapeva che stava avvicinandosi alla presenza di Dio. Dio è un fuoco che consuma. Dio è così santo che l’uomo non può avvicinarsi a Dio per conto proprio. Perciò, per salvare la vita di Mosè, Dio lo chiamò di mezzo al pruno, per fermarlo.

Il SIGNORE chiamò Mosè, e Mosè gli rispose, dicendo: “eccomi”, una risposta umile e riverente. “Eccomi, sono qui, in ascolto, per quello che vuoi dirmi. Essendo solo nel deserto, sentendo la voce che veniva dalla fiamma, una fiamma che non consumava il pruno, Mosè avrebbe potuto comprendere che stava sentendo la voce di Dio. Egli rispose con umiltà.

Dio gli comandò di togliersi le scarpe. Togliersi le scarpe era un segno di umiltà e anche un riconoscimento di essere un peccatore nella presenza del Dio santo.

Questo ci insegna una verità molto importante. Dio chiamò Mosè, quindi, Dio invita gli uomini ad avvicinarsi a Lui. Però, Dio ordinò a Mosè di non avvicinarsi troppo, e gli comandò di togliersi le scarpe, ovvero, di avvicinarsi con umiltà e riconoscendo la santità di Dio e il proprio peccato. In altre parole, Dio iniziò un rapporto personale e diretto con Mosè, però, era un rapporto in cui Mosè doveva avere la massima umiltà e riverenza verso Dio.

Oggi, tante persone credono che Dio sia lontano, e che sia impossibile conoscerLo personalmente. Questo è sbagliato.

Tante altre persone credono di potersi avvicinare a Dio come e quando vogliono. Pensano di potersi avvicinare a Dio a modo loro, senza preoccuparsi del loro peccato. Sbagliano gravemente. Dio è santo e non permette agli uomini di avvicinarsi a loro piacere, senza riverenza.

In Ecclesiaste 5:2 leggiamo:

“Non essere precipitoso nel parlare e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio; perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra; le tue parole siano dunque poche;” (Ecclesiaste 5:2 NRV)

È estremamente importante ricordare che l’unico modo di avvicinarci a Dio è con grande riverenza.

Dio è il Dio dei viventi

Notiamo in che modo Dio si presenta a Mosè. 6 Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe».

Dio si identifica come il Dio del padre di Mosè, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco, e il Dio di Giacobbe. Questa è un’identificazione molto importante. Voglio notare quello che impariamo da questa dichiarazione dai commenti di Cristo Gesù nel Nuovo Testamento. Ricordiamo che le Scritture spiegano le Scritture. Prima, in Luca leggiamo le parole di Cristo:

“37 Che poi i morti risuscitino, lo dichiarò anche Mosè nel passo del «pruno», quando chiama il Signore, Dio di Abraamo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38 Ora, egli non è Dio di morti, ma di vivi; perché per lui tutti vivono».” (Luca 20:36-38 NRV)

Anche in Matteo, Gesù dichiara:

“31 Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: 32 “Io sono il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe”? Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi». (Matteo 22:31-32 NRV)

La dichiarazione del SIGNORE che Egli è il Dio di Abraamo, Isacco e Giacobbe è una prova che essi sono ancora in vita, perché Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi, e dunque esiste la risurrezione. Quindi questa dichiarazione a Mosè era una meravigliosa verità, tramite la quale Mosè aveva la conferma della risurrezione e della vita eterna. Mosè poteva capire che esiste la vita dopo la morte. Questo era essenziale, perché solo se sappiamo che esiste la ricompensa eterna possiamo affrontare la vita e la morte con fede.

In Ebrei 11, il capitolo che elenca tanti uomini e donne di fede, leggiamo di Mosè:

“24 Per fede Mosè, fattosi grande, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, 25 preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio, che godere per breve tempo i piaceri del peccato; 26 stimando gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa. (Ebrei 11:24-26 NRV)

Mosè sapeva che esiste la vita dopo la morte, e che Dio dà la ricompensa eterna a coloro che vivono per fede. Egli aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa, e viveva per le cose eterne.

Applicazione: il nostro sguardo

Amici, Mosè aveva il suo sguardo rivolto alla ricompensa eterna. Non cercava la sua soddisfazione in questo mondo. Non cercava la ricompensa nel mondo. Non viveva per quello che poteva ottenere qua. Egli viveva per quello che è eterno.

La vita cristiana è una vita in cui si vive per l’eternità anziché per le cose di questo mondo, una vita in cui si ha una speranza viva ed eterna. Una persona che è veramente salvata riconosce che ci sarà un giudizio, con una punizione eterna per il colpevole e una salvezza eterna per coloro che sono giustificati. Nella vera salvezza si fa una scelta: si scelgono i tesori dell’eternità al posto dei tesori di questo mondo. Così fece Mosè.

E noi? Per che cosa stiamo vivendo? Che ricompensa stiamo cercando? Abbiamo gli occhi rivolti verso i tesori di questo mondo, oppure, verso le ricchezze eterne? Il nostro cuore non può essere rivolto in due direzioni.

Gesù ci spiega questo in Matteo 6:19-21, e poi in v.24:

19 «Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; 20 ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. 21 Perché dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore. (Matteo 6:18-21 NRV)

“Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona. (Matteo 6:24 NRV)

Chi ama le ricchezza del mondo, odierà Dio, e chi ama Dio, odierà le ricchezza, ovvero, non saranno importanti per lui.

In 1 Giovanni 2:15,16 leggiamo

“15 Non amate il mondo né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. 16 Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo.” (1 Giovanni 2:15-16 NRV)

O amiamo le cose del mondo, o amiamo Dio. Non è possibile amare tutti e due.

Mosè non amava le cose di questo mondo. Il suo tesoro non era nelle cose di questo mondo, e perciò, il suo cuore non era rivolto alle cose di questo mondo. Il suo tesoro erano le cose eterne.

Chi ha vera fede in Dio vive così. La vera vita cristiana vuol dire avere il nostro sguardo in avanti, verso l’eternità. Vuol dire amare l’apparizione di Cristo Gesù, ovvero, desiderarla ardentemente, come Paolo dichiara in 2 Timoteo 4:6-8

“6 Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto. 7 Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. 8 Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione. (2 Timoteo 4:6-8 NRV)

In 2 Pietro 3:11,12, leggiamo dell’atteggiamento di coloro che veramente appartengono a Dio. I versetti precedenti avevano spiegato che tutto il mondo sarà distrutto. Poi, leggiamo:

“11 Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi, quali non dovete essere voi, per santità di condotta e per pietà, 12 mentre attendete e affrettate la venuta del giorno di Dio, in cui i cieli infocati si dissolveranno e gli elementi infiammati si scioglieranno!” (2 Pietro 3:11-12 NRV)

Bisogna vivere guardando in avanti. Mosè credeva che Dio è il Dio dei viventi, e quindi, sapeva che dopo il breve soggiorno in questo mondo, abbiamo l’eternità davanti a noi, o nella presenza di Dio, o nel tormento eterno. Perciò, non cercava un tesoro terreno, bensì la ricompensa eterna.

Dov’è il nostro tesoro? Perderemo qualsiasi tesoro terreno che cerchiamo. Solamente un tesoro in cielo non sarà mai perso, e non ci deluderà.

Mosè si nascose la faccia

Quale fu la reazione di Mosè quando scoprì che era il SIGNORE nella fiamma? Leggiamo ancora il v.6.

“Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe». Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio. (Esodo 3:6 NRV)

Andando alla presenza di Dio, Mosè ebbe paura di guardare Dio. Nella Bibbia, vediamo più volte che quando gli uomini vedono la gloria di Dio, si nascondono da Lui, per la maestosità della sua gloria.

A Mosè fu permesso di vedere la gloria di Dio, ed egli si nascose la faccia.

A Isaia fu permesso di vedere la gloria di Dio. Leggiamo di questo in Isaia 6.

“1 Nell’anno della morte del re Uzzia, vidi il Signore seduto sopra un trono alto, molto elevato, e i lembi del suo mantello riempivano il tempio. 2 Sopra di lui stavano dei serafini, ognuno dei quali aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi, e con due volava. 3 L’uno gridava all’altro e diceva: «Santo, santo, santo è il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!» 4 Le porte furono scosse fin dalle loro fondamenta dalla voce di loro che gridavano, e la casa fu piena di fumo. 5 Allora io dissi: «Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi hanno visto il Re, il SIGNORE degli eserciti!» 6 Ma uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare.” (Isaia 6:1-6 NRV)

Avendo visto Dio, Isaia ebbe grande timore, e riconobbe il suo peccato. Disse: “Guai a me, sono perduto!” quando vide Dio nella sua gloria.

Quando Gesù era sulla terra, portò con Sé tre dei suoi discepoli su un monte, dove fu trasfigurato davanti a loro. Mentre erano lì, la presenza di Dio fu manifestata a loro in una nuvola luminosa. Leggiamo di questo, notando la reazioni dei discepoli quando apparve la gloria di Dio.

1 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce. 3 E apparvero loro Mosè ed Elia che stavano conversando con lui. 4 E Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, è bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia». 5 Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo». 6 I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore. (Matteo 17:1-6 NRV)

Quando i discepoli si trovarono nella presenza della gloria di Dio, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore.

Poi, in Apocalisse 1, l’Apostolo Giovanni vide Gesù Cristo nella sua gloria, la gloria di Dio. Leggiamo di questo.

“10 Fui rapito dallo Spirito nel giorno del Signore, e udii dietro a me una voce potente come il suono di una tromba, che diceva: 11 «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea». 12 Io mi voltai per vedere chi mi stava parlando. Come mi fui voltato, vidi sette candelabri d’oro 13 e, in mezzo ai sette candelabri, uno simile a un figlio d’uomo, vestito con una veste lunga fino ai piedi e cinto di una cintura d’oro all’altezza del petto. 14 Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come lana candida, come neve; i suoi occhi erano come fiamma di fuoco; 15 i suoi piedi erano simili a bronzo incandescente, arroventato in una fornace, e la sua voce era come il fragore di grandi acque. 16 Nella sua mano destra teneva sette stelle; dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, affilata, e il suo volto era come il sole quando risplende in tutta la sua forza. 17 Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli pose la sua mano destra su di me, dicendo: «Non temere, io sono il primo e l’ultimo,” (Apocalisse 1:10-17 NRV)

Anche qui, vediamo che quando l’uomo vede Dio nella sua gloria, cade ai suoi piedi come morto, per la grandezza della gloria di Dio.

Amici, la gloria di Dio è immensa, troppo grande perché l’uomo possa stare a testa alta nella presenza di Dio. Dio esige un comportamento di grande riverenza in ogni nostro rapporto con Lui. La Bibbia parla di questa riverenza usando il termine “timore di Dio”. L’unico modo di avvicinarci a Dio è con un santo timore di Dio, in altre parole, con grande riverenza. Infatti, questo è uno dei motivi per cui è peccato usare il nome di Dio invano, ovvero, con leggerezza.

Oggi, viviamo in un mondo in cui la grande maggioranza delle persone non ha alcun timore di Dio. Tristemente, tanti credenti hanno poco timore di Dio. Non possiamo crescere e avere la benedizione di Dio se non abbiamo timore di Dio. Il timore non è la paura. Però, è un atteggiamento di grande rispetto, e meraviglia, tenendo in mente la grande gloria di Dio. Infatti, un santo timore di Dio vuol dire ricordare che l’unico modo in cui possiamo avvicinarci a Dio è per mezzo della mediazione di Cristo Gesù.

Ogni vero credente vuole avvicinarsi di più a Dio. Tramite l’esempio che la Bibbia ci dà di quegli uomini che hanno avuto avuto il privilegio di avvicinarsi molto a Dio, impariamo che possiamo capire che per avvicinarci a Dio, è fondamentale avere timore di Dio, ovvero, una grande riverenza. Solo così possiamo avere il privilegio di avvicinarci di più a Lui che è il Creatore e il SIGNORE di tutto. Mosè aveva questa riverenza e timore, e gli fu permesso di vedere la gloria di Dio.

conclusione, applicazione

Facciamo un breve riassunto delle verità principali che abbiamo visto in questo brano. Umanamente parlando, la vita di Mosè sembrava una vita sprecata. Aveva ottant’anni, e dopo aver iniziato la vita come principe, aveva fatto un lavoro umile, quello di pastore, per quarant’anni. Statisticamente, era ormai arrivato all’età della sua morte. Era da solo nel deserto. Però, gli fu permesso di vedere la gloria di Dio, un privilegio che supera tutti i privilegi che il mondo può offrire.

Questo brano ci ricorda che Dio è un Dio santo e pieno di gloria, e l’unico modo per avvicinarci a Lui è con riverenza e con un santo timore. Chi cerca di avvicinarsi a Dio con superficialità, o senza timore, rimane lontano da Dio.

Il modo in cui Dio si presentò a Mosè, cioè, “io sono il Dio d’Abraamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”, ci ricorda che esiste la vita eterna, perché quegli uomini, nonostante fossero morti da secoli, erano ancora vivi spiritualmente, come sono ancora vivi oggi. Le parole di Cristo, spiegando questo brano, ci insegnano che esiste la vita dopo la morte. Mosè lo sapeva, e non cercò nelle cose di questo mondo il suo tesoro, ma visse per la ricompensa eterna. Quanto è importante per ogni vero credente vivere per la ricompensa eterna. Non possiamo amare le cose di questo mondo, e allo stesso tempo, amare le cose di Dio. Il nostro cuore non può andare in due direzioni. Esorto ciascuno di noi a valutare onestamente dov’è il suo tesoro. Chi ha il suo tesoro nelle cose del mondo è in una condizione di pericolo eterno, e perderà tutto. Cerchiamo il nostro tesoro in cielo in Cristo Gesù.

Infine, abbiamo visto che Mosè aveva timore di Dio. Anche noi dobbiamo avere timore di Dio. Il timore non è paura, ma è una grande riverenza, che influisce su ogni aspetto della nostra vita. Solo così possiamo avvicinarci di più a Dio.

O che possiamo avere un cuore più simile a quello di Mosè, affinché possiamo avere i privilegi di essere strumenti nelle mani di Dio, e il privilegio di una sempre più profonda conoscenza di Dio.