Robert Diamubeni (CLC
Italia) è sopravvissuto ad un tremendo incidente aereo e ha ritrovato un nuovo
slancio per Dio. Ecco la sua testimonianza.
Fin da quando ero piccolo Dio ha inviato i suoi angeli a prendersi cura di me e
sono sicuro che accade ancora oggi. Dio ha magnifici progetti per la mia vita e
per la mia famiglia. Ho sentito parlare di Gesù per la prima volta all'età di 3
anni. Avevo l'abitudine di recarmi ogni domenica nella chiesa cattolica, ma è
stato soltanto verso i 23 anni, mentre frequentavo un corso presso la base
militare di Lackland, che ho cominciato a riflettere realmente sul nostro Signore Gesù Cristo, grazie anche all'incontro con Jack
Ring, della "Shield of Faith Mission", in Texas, USA. Il 4 Aprile
1986 sono stato battezzato nel fiume San Antonio ed è
stato il giorno più bello della mia vita. Da quel momento in poi ho assaporato
una nuova presenza dello Spirito Santo che sempre mi ha accompagnato. Dopo due
anni di permanenza negli USA dove ho avuto la fortuna di ricevere cibo
spirituale solido, sono ritornato nel mio paese, lo Zaire. Qui ho attraversato
un periodo di 'deserto', malgrado il Signore mi fosse
sempre accanto e non desse peso ai miei errori ed alle mie lamentele. Per
grazia ho sposato Chantal e Dio ci ha benedetti!
Abbiamo ricevuto in dono tre bambini: Tania, Marco e Angelo. Tuttavia
non era facile dimenticare il mondo circostante, la cultura, le tradizioni.
Sono poi sopraggiunti tanti problemi e ho cominciato a porre a Dio tante
domande. Il 19 Aprile 1990, stavo volando su un aereo delle Forze Armate dello
Zaire, un C-130H. Da Kinshasa dovevamo trasportare del materiale nella città
del presidente dello Zaire, Gbadolite. Il tempo era
brutto. Un grande agglomerato di nuvole aveva fatto rinviare alle 8 il decollo
previsto per le 6 di quella mattina, in attesa che il
tempo si calmasse. Nel frattempo avevamo ottenuto l'autorizzazione per il check
dell'aereo. Tutto era a posto. In fondo alla pista avevamo fatto gli ultimi
controlli
e poi il decollo. Dopo 3 minuti di volo, a 600-700 metri di altezza, si illuminò la spia principale (masterlight)
nella cabina di bordo: 'Fire'. Le spie indicarono uno dei 4 motori: il numero
3. Una volta localizzato l'incendio, applicammo le
procedure di emergenza per tornare sulla pista, cercando di spegnere il terzo
motore e virando a sinistra con più potenza, per atterrare. A questo punto,
nell'eseguire la manovra, sentimmo una forte vibrazione mentre l'aereo voltava
dalla parte opposta (destra) con un'angolazione
superiore a 45°. Non ci fu neppure il tempo per realizzare
quello che stava succedendo. L'aereo puntò verso terra e precisamente verso la cima di una montagna. Non c'era niente da fare!
Bastò un secondo per vedere la terra avvicinarsi e immediatamente sentire il
boato finale. Poco dopo tutto prese fuoco. Avevamo
25.000 litri di carburante e un'autonomia di quasi 10 ore di volo. Avevo perso
conoscenza; avevo una grande ferita sulla fronte e
perdevo tanto sangue. Quando mi svegliai, avevo il
fuoco a meno di un metro di distanza. Eravamo in cinque nella
cabina che era rimasta schiacciata; eravamo sdraiati e non potevamo stare
nemmeno in ginocchio; il fuoco si avvicinava verso di noi. Due piloti
alla mia sinistra erano vivi, alla mia destra il comandante aveva la testa
aperta in due parti, le gambe schiacciate e delirava. Più a destra c'era un
altro membro dell'equipaggio: era vivo, ma la lamiera lo aveva veramente
imprigionato e più si muoveva più il suo corpo si tagliava. Ad un certo punto
il fuoco lo divorò per primo: si lamentava gridando e invocava i nomi della
moglie e dei figli. Quando mi ripresi, il compagno alla mia sinistra mi disse: 'Robert, è finita, non c'è via di uscita, stiamo morendo'.
Avevano cercato di uscire, gridando, ma non c'era stato niente da fare. Le
fiamme stavano per aggredirmi. Ad un tratto vidi nella mente tutta la mia vita
passare davanti a me e le persone che avevo conosciuto. Così feci una piccola
preghiera: 'Oh Signore, sto morendo'. Mi misi a
piangere. Ad un certo punto però, smisi di piangere come se avessi ricevuto la
certezza che mi sarei salvato. Il fuoco era sempre più
vicino, così ci sforzammo di allontanarci, di sgombrare la ferraglia.
Perdendo ancora sangue persi di nuovo conoscenza.
Sentii una voce ripetere: 'Svegliati, svegliati,
arriva il fuoco!' e risvegliandomi mi ritrovai in una strana posizione: dalla
vita fino alla testa fuori dell'aereo, e le gambe dentro. Non saprò mai
spiegare come mi trovassi in quella posizione: solo
Dio lo sa.
Tirai fuori le gambe, uscii fuori piano piano e cercai di camminare. Caddi. Mi
alzai di nuovo. Caddi per due o tre volte. Alla fine rimasi per terra. L'aereo esplose, fu una forte esplosione con tutto l'equipaggio
dentro: 56 persone! In seguito mi raccontarono l'accaduto: eravamo
andati contro la montagna, ed eravamo scivolati per circa 120 metri fino
a fermarci in quel posto isolato e inaccessibile perfino ai pompieri. Non c'era
soccorso anche se l'aeroporto era vicino. Le fiamme erano talmente alte che i
soccorritori non potevano avvicinarsi e restavano impotenti. Poi,
non so come, arrivarono tutti dal lato destro dell'aereo, mentre io mi trovavo
dalla parte sinistra. Grazie a Dio, un ragazzo girò dalla mia parte e
avvicinandosi gridò: 'C'è un pilota da questa parte',
ma l'incendio era talmente vasto nella foresta che nessuno lo sentì. Allora,
con tutte le sue forze mi prese in braccio
trascinandomi via. Anch'io mi sforzai di alzarmi. 'Fa' presto, fatti forza, il fuoco si sta avvicinando'
gridava. Mi appoggiai sulle sue spalle. Scendemmo fino alla base del pendio ed
il ragazzo chiamò altre persone a soccorrermi presso il ruscello. Quattro
persone mi portarono all'ospedale. Provai a chiedere in
seguito informazioni su questo ragazzo per poterlo ringraziare, ma fino
ad oggi nessuno si è presentato. In ospedale passai 7 giorni in sala di
rianimazione, più 7 in osservazione. Avevo riportato una vasta ferita sulla
fronte, inalato gas tossici e avevo qualche bruciore ad un braccio e alle
gambe. Era un vero miracolo che non avessi alcun osso
rotto! Uscii dopo 14 giorni e mi sentivo bene.
Delle 57 persone a bordo, 56 morirono. Per la grazia di Dio sono rimasto
l'unico superstite. Prima dell'incidente chiedevo a Dio perché succedevano
tante cose negative e tristi nella mia vita, come la perdita di persone care.
Ero inquieto con Dio! Dopo l'incidente è stato Dio a farmi una domanda: 'Sai perché ti ho salvato?' Non ho saputo rispondere, ma
adesso so solamente che Dio è Dio.
Da lì le ambizioni della mia vita sono cambiate: 'Tu mi hai salvato ed ora la
mia vita è tua; ti appartiene'. Il grande miracolo è
consistito nel ritorno del figliol prodigo e in una nuova comprensione del
nostro Signore. Perché è morto Gesù Cristo? Perché in Lui c'è vita eterna? (Fil. 2:8-10)
E' stata la morte delle ambizioni carnali e la nascita di nuove aspirazioni
spirituali: diventare simile al nostro Signore Gesù Cristo, con il suo aiuto.
Dopo molteplici combattimenti sono venuto in Italia nel 1990
e, nel 1992, ho incontrato Peter Lofthouse (coordinatore della
CLC-Italia). Dio mi ha aperto le porte per raggiungere la CLC-Italia, dove attualmente lo servo. Sono impegnato nel servizio di
magazziniere nei dintorni di Roma. Da questo magazzino vengono
inviati libri alle nove librerie CLC sparse per l'Italia. È un lavoro assai
interessante. Spesso lavoro anche nel negozio CLC di Roma: ciò mi permette di
vedere i libri che avevo contribuito a far uscire dal
magazzino, di vederli passare nelle mani dell'acquirente per favorire la
crescita spirituale di un credente o per l'evangelizzazione di un non credente.
È una grande gioia servire il Signore nella CLC!